Nelle sale il ritratto di una donna alle prese con il suo orgoglio e le sue debolezze
Premiato a Berlino 2017 con l’Orso d’Argento Gran Premio della Giuria, in pratica il secondo premio dopo l’Orso d’Oro, il quarto lungometraggio del regista Alain Gomis, nato in Francia da una famiglia guineano-senegalese e attivo in Senegal come formatore di filmmaker, racconta la storia di Felicitè, una cantante alla prese con serie difficoltà economiche per garantire le cure al figlio dopo un grave incidente motociclistico.
Donna fiera e autonoma che si guadagna da vivere cantando in un bar di Kinshasa, la protagonista ha cambiato nome, diventando appunto Félicitè, dopo aver rischiato di morire per una grave malattia. Da allora è una donna ‘speciale’, che ha saputo affrontare in maniera indipendente la vita per nulla facile di una ragazza madre congolese che vuol guadagnarsi il pane con il suo talento di cantante. Ma le vicissitudini della vita mettono a dura prova la sua indipendenza soprattutto quando il figlio Samo finisce in ospedale e deve essere operato con urgenza.
Inizierà allora un pellegrinaggio per raccogliere velocemente il denaro necessario per l’intervento risolutore e non invalidante; purtroppo i medici dovranno comunque amputare la gamba al giovane figlio e ogni sforzo si rivelerà vano. Tutto sembra allora precipitare fino all’inaspettato arrivo di Tabu che darà una svolta inaspettata alla vita di Félicité e del figlio.
Una storia d’amore, il racconto musicale di un ritorno alla vita, con una magistrale e carismatica interpretazione dell’esordiente Véro Tshanda Beya nei panni di Félicité, prototipo del personaggio femminile in lotta contro il tempo, la miseria e l’ingiustizia.
Eccellente soprattutto la prima parte, quando la narrazione si concentra quasi unicamente sul personaggio principale, sul suo talento canoro e sulla sua determinazione nella ricerca di aiuto da parte degli altri. Ottima la regia di Gomis e la sua scelta di uno stile fatto di connessioni tra primissimi piani e suggestive scelte visive su uno sfondo musicale emozionante e raffinato. Capita infatti, anche se di rado, che certi suoni disegnino la mappa dei luoghi in cui ci si trova. Il sottofondo musicale di una località può aiutare a comprenderne le abitudini, la cultura e l’economia e in questa pellicola Félicité contribuisce a creare il suono del suo paese, il Congo, cantando in un bar frequentato dalla popolazione di Kinshasa.
Il regista di origini francesi ha esordito alla regia nel 1996 con il cortometraggio ‘Caramels et chocolats’. Nel 2002 ha realizzato il suo primo lungometraggio, ‘L’Afrance’, vincitore del Pardo d’Argento al Festival di Locarno; nel 2008 è stata la volta di ‘Andalucia’ nella selezione ufficiale alle Giornate degli Autori a Venezia, mentre nel 2012 ‘Aujourd’hui’, presentato alla Berlinale, si laurea Miglior Film al Fespaco e al Festival del Cinema Africano, d’Asia e America Latina. Nel 2017 è infine la volta di ‘Félicité’, Orso d’Argento alla Berlinale e Étalon d’or al Fespaco.
foto: Ansa