Minivocabolario di Paolo Tebaldi
Quando si parla di «femminilità» si pensa immediatamente alle doti di gentilezza, garbo, di dolcezza, grazia, coniugando queste virtù dell’anima e del carattere con l’aspetto esteriore di bellezza, fascino, attrazione. Le immagini di richiamo sono Beatrice, Laura, Giulietta, non certo quelle di Cleopatra o Madame Bovary. Il sesso non c’entra. Prevalgono i sentimenti di leggiadria, vaghezza, cortesia. I processi di sublimazione, trascendenza, di beatudine si sostituiscono ad ogni attitudine ai piaceri dei sensi, all’amore fisico. La vita coniugale, secondo antichi schemi patriarcali, il matrimonio come contratto di interessi materiali reciproci e l’adulterio sono dimensioni che poco hanno a che vedere con il concetto di femminilità, di elevatezza dello spirito, di superiorità estetica e morale sugli accadimenti umani, terrestri. La Primavera del Botticelli offre immagini di leggiadria, di trasparenza e vaghezza in contrasto con l’ambiguità della Monna Lisa di Leonardo, figura misteriosa, emblematica, sensuale.
Se poi interpelliamo la psicoanolasi il discorso si fa più complesso, introducendo concetti come l’invidia del pene, il rifiuto dela madre, l’attrazione verso il genitore.
Umberto Galimberti scrive: «Partendo dalla differenza anatomica fra i due sessi, S. Freud associa alla femminilità la predominanza di atteggiamenti passivi e masochisti, rintracciando all’origine di molte patologie la resistenza della donna ad accettare il proprio sesso, perché ciò comporta la rinuncia al pene, cioè al principio attivo e contrario che compete al sesso maschile: il complesso di evirazione della bambina è messo in moto dalla vista dell’altro genitale. Essa nota subito la differenza e – lo si deve ammettere – si rende conto del suo significato. Si sente gravemente danneggiata, dichiara spesso che anche lei „vorrebbe avere qualcosa di simile“ e cade quindi in balia dell’invidia del pene, che lascerà tracce incancellabili nel suo sviluppo e nella formazione del suo carattere e che, anche nel più favorevole di casi, non sarà superato senza un grave dispendio psichico (….) L’invidia del pene comporta un allentamento della relazione della bambina con la madre come oggetto d’amore con successivo sviluppo d’amore per il padre che sottende o il desiderio di possedere un pene dentro di sé sotto forma di desiderio di avere un bambino, o di godere del pene nel coito con rinuncia all’attività fallica (masturbazione clitoridea) e sopravvento della passività. La scoperta della propria evirazione – scrive Freud – è un punto si svolta nello sviluppo della bambina. Da essa si dipartono tre indirizzi evolutivi: uno porta alla inibizione sessuale o alla nevrosi; il secondo ad un cambiamento del carattere nel senso di un complesso di mascolinità; l’ultimo, infine, alla femminilità normale. E. Jones ha definito „fallocentrica“ questa teoria freudiana che considera la donna un uomo mancato, e ha interpretato il desiderio della bambina di avere un pene come difesa contro l’angoscia suscitata dai desideri provati verso il padre». Dunque, femminilità come debilitazione o come riscatto? Femminilità come rifiuto di un’età matriarcale o come raggiungimento di una condizione di pari opportunità? Femminilità come complesso di doti, attitudini, desideri che si pongono sullo stesso piano delle prestazioni e delle attese maschili, o femminilità tout court, il genere che non cerca competizioni, confronti, ma completamenti, superiori livelli di intelligenza e sensibilità?
Nei giochi dell’infanzia di solito sono le bambine che insegnano ai maschietti la pratica dell’onanismo e manipolano, toccano, rimestano, maneggiano il piccolo pene come fosse un giocattolo di loro proprietà. Poi, quando saranno cresciute d’età e di esperienza, ricorreranno alla fellatio, che un tempo era praticata soltanto dalle prostitute, ma la cui estrema godibilità fu presto retaggio e lo è ancor oggi, di amanti esigenti e di coppie alla ricerca di esperienze inebrianti. Il cunnilingus, in definitiva, è la riappropriazione, da parte della donna, di quello che, destinato alle parti più intime del suo ventre, le è sempre mancato, e quindi il superamento dell’invidia del pene con il suo possesso, l’inghiottire, divorare la verga dominatrice del mondo. Noi maschi che ci sottoponiamo volentieri a questi giochi erotici, non immaginiamo minimamente che la nostra compagna si indennizza, prendendo in bocca il membro virile, di tutte le privazioni, le discriminazioni, le disuguaglianze infertele dal potere sessista.
E allora, senza scomodare il Kamasutra e i testi che promettono la felicità della lussuria, senza incespicare nei complicati costrutti della psicoanalisi, cerchiamo il benessere della mente e del corpo godendo, alla pari, senza supponenza, ma con umiltà, disponibilità dell’animo, accettazione delle diversità di genere, un rapporto pieno, gratificante, con la nostra partner.