La quindicenne cittadina vaticana fu fatta rapire il 22 giungo 1983 dal Kgb e dai servizi bulgari per ricattare il Papa e Alì Agca
Se è vero tutto quello che ha detto in un’intervista il magistrato Ferdinando Imposimato, 77 anni, politico e presidente onorario della Suprema Corte di Cassazione, la vicenda di Emanuela Orlandi, la quindicenne cittadina vaticana rapita il 22 giugno del 1983, va riscritta quasi tutta per intero. Non fu rapita e uccisa per conto di una misteriosa lobby di pedofili in Vaticano, non fu rapita per ricatto al cardinale Marcinkus, capo dello Ior, ma semplicemente fu vittima di un complotto internazionale ordito dall’Unione sovietica che si servì degli agenti bulgari che armarono la mano di Alì Agca. Il quale, come tutti sanno, fallì il colpo malgrado la distanza ravvicinata. Una volta preso, l’ex Lupo grigio non parlò in modo chiaro, ma fece capire che dietro di lui c’erano i servizi bulgari.
Ecco le parole di Imposimato: “Emanuela fu presa dagli stessi uomini che organizzarono l’attentato al Papa: uomini del Kgb e dei servizi segreti bulgari. Emanuela fu un ripiego, una sorta di piano B. Prima di lei erano state infatti pedinate a lungo altre due ragazze, Raffaella e Ilaria, figlie di persone molto in vista, che abitavano proprio nello stesso palazzo di Emanuela. Erano state seguite subito dopo l’attentato al Papa. Tutto è scritto in un verbale che le stesse ragazze hanno firmato di fronte ai carabinieri, dopo che Emanuela fu rapita”. A questo punto sorge spontanea la domanda: perché il Kgb voleva rapire queste due ragazze cittadine vaticane? La risposta di Imposimato è la seguente: “Subito dopo il fallito attentato al papa venne preparato un altro attacco al Vaticano. Il piano prevedeva appunto il rapimento di cittadine vaticane. Se i rapitori avessero raggiunto l’obiettivo, avrebbero fatto un bel colpo: il Papa, secondo loro, si sarebbe piegato al ricatto”. Erano i tempi della guerra fredda. L’Unione Sovietica temeva che il Papa avrebbe fatto saltare gli equilibri politici all’interno del mondo comunista, provocando opposizioni in Polonia, dove in effetti il Papa andò proprio nei giorni del rapimento di Emanuela, nella Germania dell’Est e in genere nel blocco sovietico. In sostanza il Papa polacco era un pericolo per l’Unione sovietica, come effettivamente fu. Prima di andare in Polonia, Woityla si recò in prigione e parlò con Alì Agca. I sovietici temevano che questi gli avesse rivelato chi erano i mandanti e dunque decisero di ricattare sia il Papa che Alì Agca. Il Papa non si fece ricattare e continuò a lavorare per sgretolare il regime comunista, mentre Alì Agca si mostrò più sensibile.
Ecco le parole di Imposimato: “Le ragazze furono individuate da agenti infiltrati all’interno del Vaticano: il monaco benedettino Eugen Brammertz, agente dlla Stasi, i servizi segreti della Germania dell’Est, il capitano delle guardie svizzere, Alois Estermann, anche lui agente della Stasi, due agenti del Kgb infiltrati nell’entourage del cardinale Agostino Casaroli, il nipote Marco Torretta e la moglie Irene Trollerova, ceca, poi denunciati dai servizi cechi dopo la caduta del muro di Berlino. Ma le ragazze prese di mira dai rapitori furono messe in guardia a loro volta dai servizi segreti francesi. Le stesse ragazze si accorsero di essere pedinate. I loro genitori fecero loro cambiare abitudini e anche scuola”. Il ricatto ad Alì Agca ebbe successo, tanto è vero che l’attentatore turco ad un certo punto si finse pazzo per far fallire il processo. Il messaggio fu subito raccolto da lui e inviato al Kgb, ma prima che ciò avvenisse i rapitori presero Emanuela Orlandi i cui genitori non furono avvertiti per tempo.
Dunque, forse il Kgb fece ricorso alla banda della Magliana per le prime fasi del rapimento. Si spiega così la parte avuta dall’ex agente del controspionaggio Marco Fassoni Accetti, colui che ha confessato di essere l’Amerikano delle telefonate in Vaticano in cui chiedeva la liberazione di Alì Agca in cambio di Emanuela. E si spiega anche perché costui dica che lui rapì Emanuela ma che la ragazza non fu uccisa. Marco Fassoni Accetti è indagato e prima o poi dirà i nomi dei suoi complici nel rapimento.
Ma sono le conclusioni di Imposimato che suscitano interesse e speranze. Dice il magistrato: “Dove sia non lo so. So che fu portata prima in Germania, poi in Francia e infine in Turchia. So anche che un Lupo grigio che viveva in Germania ha aiutato Emanuela. Lei scelse di vivere con lui perché lo considerò il suo protettore. Emanuela aveva per lui un sentimento di profonda riconoscenza. Hanno avuto anche dei figli, non invento nulla”.
Non sono parole di un mitomane, ma di un magistrato, a lungo difensore della famiglia Orlandi e anche di Alì Agca. E tuttavia la domanda è d’obbligo: perché in tutti questi anni Emanuela non si è fatta viva? Non vuole o non può? Forse la risposta a queste domande non tarderà ancora per molto.