Verso la metà d’ottobre del 305, Costantino sbarcò sulle coste della Britannia, a Portus Dubris (Dover), che già a partire dall’occupazione nel 43, da parte di Claudio, era divenuta la principale città portuale romana. Trovandosi nel punto della costa più vicino al continente, essa costituiva un approdo privilegiato e la più grande base navale dell’isola.
Appena messo piede a terra, sentendosi ormai al sicuro dalle insidie di Galerio, poté concedersi di procedere con più serenità, pur se impaziente di raggiungere Costanzo nella regione di Eburacum. Era la prima volta che calcava quel suolo sognato, su cui bambino aveva visionato imprese contro Carausio. E ora che quell’epopea era trascorsa, che l’usurpatore era morto, e anche il suo successore aveva trovato la sua ingloriosa fine, la provincia era rientrata sotto il controllo romano. Tutto era finito, dunque? No, non tutto: altrimenti Costanzo non avrebbe dovuto reclamare la sua presenza sull’isola. Che lungi dall’essere pacificata, continuava ad essere scossa da bellicose tribù, che rabbiosamente, senza confini precisi, si dilaniavano tra di loro, senza essere nemmeno in grado di coalizzarsi contro un nemico comune. Erano trascorsi i tempi di Carausio: e dove non c’e un capo riconosciuto, considerava Costantino, possono regnare solo il caos e l’anarchia: al punto che la situazione era tanto precipitata che Costanzo aveva dovuto affrettare i tempi dell’invasione.
Muovendosi lungo il molo, Costantino poteva scorgere ad ogni passo i segni della presenza romana; e complessivamente la vita di Portus Dubris, frenetica e operosa, dalle terme al il teatro, dal mercato ai templi, mostrava evidenti segni di civiltà. Con curiosità individuò la famosa “casa dipinta”, di cui già si favoleggiavano gli affreschi raffiguranti il dio del vino; e alzò lo sguardo al grande faro, la costruzione romana più alta nella Britannia. Dopodiché piegò verso l’interno, attraversando i villaggi dislocati lungo la strada principale; e dopo un pernottamento sbrigativo a Durovernum Cantiacorum, riprese a cavalcare alla volta di Londinium. La riconobbe da lontano, adagiata in molle pendenza collinare sulle due rive ravvicinate, dove il Tamigi si restringeva consentendo di lanciarvi un ponte, pur restando abbastanza profondo per le navi mercantili. E nel ripetersi il nome della città, certo di origine remota, visto che in latino non significava niente e i romani conservavano nei nuovi insediamenti le pronunce locali, ricordò che doveva significare “selvaggio”, o, con etimologia più articolata, “grande fiume che scorre”. Ma quale che ne fosse l’origine, da piccola fortezza insignificante Londinium era cresciuta fino a diventare un importante snodo di traffici tra la Britannia e il continente. Il cui carattere più mercantile che civile era confermato dalla rarità delle ville: giacché la città, posizionata su una strada di attraversamento, era un luogo ideale per un’attività commerciale, crocevia di mercanti provenienti da tutto l’impero.
La sua fortuna era decollata dopo il lontano saccheggio che vi aveva operato una tribù locale guidata dalla regina Budicca: che, ribellatasi alla dominazione romana, aveva distrutto Camulodunum (Colchester), sede dell’amministrazione isolana, che da allora era passata a Londinium. Dopodiché la città si era rapidamente espansa, fino a diventare la più grande dell’isola, grazie anche all’interessamento dell’imperatore Adriano, che vi aveva fatto edificare imponenti edifici pubblici; e malgrado il grande incendio che l’aveva devastata nel 140, era vivificata da cinquantamila abitanti, che si muovevano tra templi, terme, un grande complesso portuale, nonché il palazzo del governatore, verso cui ora Costantino si stava dirigendo, per incontrarvi, su esplicita indicazione del padre, una persona di fiducia.
Solo una momentanea battuta d’arresto nella sua espansione aveva poi subito durante la peste che aveva decimato l’Europa tra il 165 e il 190, e che aveva dissuaso Adriano dall’estendere ulteriormente i confini l’impero, causando, per l’annullamento di molti contratti mercantili, il crollo dell’economia. Ma si stava riprendendo dalla crisi, come provava anche la costruzione delle mura di cinta, a difenderne gli interessi. Le campagne di Settimio Severo in Caledonia ne avevano rianimato le fortune e dato nuovo impulso all’attività edilizia; e favorevole era stata anche la divisione della Britannia in due province: l’Inferiore, di cui Londinium rimase capitale; e quella Superiore, con capitale ad Eburacum (York). Finché una nuova, antica minaccia tornava a premere dal nord, col risveglio e la ripresa delle incursioni dei Pitti.
Si trattava di una bellicosa confederazione di tribù stanziate nell’odierna Scozia, che dopo aver superato il Vallum avanzava pericolosamente verso il sud. Prendevano il nome dal pictus latino, per l’abitudine di pitturarsi o tatuarsi i corpi nudi; oppure dal gaelico peicta, che significava “combattente”; e già al tempo dell’invasione romana avevano opposto una strenua resistenza. Costantino sapeva che ora erano loro gli avversari più irreducibili, e che a causa loro il padre l’aveva voluto al suo fianco. Ne sapeva la pericolosità; e nota gli era la loro ferocia, che li aveva condotti allo sfascio di numerosi fortilizi di confine, tanto che alcuni erano state abbandonati, ed altri rischiavano di fare la stessa fine, se non soccorsi in tempo.
Proprio per arginare l’impeto di Pitti, a suo tempo Traiano aveva dovuto richiamare alcuni reparti ausiliari dalla Dacia; e anche Aurelio Caro, prima di partire per la fatale campagna contro i Persiani, aveva imposto al figlio Carino una spedizione oltre il vallo di Adriano, dove effettivamente quel principe tormentato era riuscito a batterli e a riportare ordine nell’area. Solo due anni dopo, però, la rivolta di Carausio, pur sottraendo la Britannia al controllo romano, vi aveva procurato una stabilità, rotta solo dalla nuova anarchia creatasi sotto il suo successore Alletto. E per mettere fine a questi disordini, e riportare la pace nella provincia, Costanzo nel 296 era ritornato nell’isola, nonostante le sue cattive condizioni di salute; e si era spinto nelle zone più lontane, dove aveva conseguito una grande vittoria all’inizio dell’estate, per poi andarsi a stabilire a Eburacum.
Ma anche sotto il suo personale controllo, la pace era tutt’altro che ristabilita. Costanzo aveva dovuto ancora domare gli irreducibili mercenari di Alletto, che in sua assenza preso a saccheggiare Londinium, riportando nuovamente la quiete nella città, come conferma un medaglione d’oro che lo mostra a cavallo davanti a una donna inginocchiata che lo accoglie da liberatore. Ma anche se Londinium godeva ora di una relativa tranquillità, non si poteva dire altrettanto per i territori del nord, dove i Pitti e gli Scoti non demordevano. E Costanzo continuò a combatterli con tutta determinazione, finché l’aggravarsi delle sue condizioni di salute, e il timore di non avere più molto tempo da vivere, lo indussero a chiedere a Galerio di consentire a Costantino di lasciare Nicomedia e di raggiungerlo in Britannia.