Lo si attendeva da anni e finalmente lo scorso sabato 10 ottobre, nelle stanze dell’università di Zurigo, è stato firmato un accordo di “normalizzazione” delle relazioni diplomatiche e commerciali tra Turchia e Armenia, nazioni fino ad ora in conflitto. Il motivo della diatriba risale al 1993, quando cioè la Turchia decise di chiudere la frontiera agli armeni, impossibilitandoli di fatto nel passaggio verso l’enclave del Nagorno- Karabakh e favorendo in questo modo il turcofono Azerbaigian, in conflitto con Yerevan per il controllo della regione stessa. Non solo, gli armeni hanno sempre ontestato ai turchi innumerevoli massacri della propria gente, tra il 1915 e il 1917 ai tempi dell’Impero Ottomano, considerati un vero e proprio genocidio dagli armeni e mai ammessi, invece, dai turchi. Dopo quasi un secolo di conflitti si è giunti a porre un punto fermo alla questione, una firma definita “un passo coraggioso verso la pace” dall’Unione Europea. Già nel 2005 Ankara aveva accennato ad una possibile riapertura dei rapporti con l’Armenia tanto da chiedere che venisse istituita una commissione storica per indagare sul genocidio e due anni più tardi molti uomini d’affari, sia turchi che armeni, avevano chiesto la riapertura del confine comune.
Un atto significativo è avvenuto anche lo scorso anno quando Abdullah Gul, capo di stato turco, si è recato in visita in Armenia e ha assistito alla partita di calcio tra le due nazioni, cosa che non accadeva dal 1991. Lo scorso aprile, poi, ad Istanbul, il presidente degli Stati Uniti Barack Obama ha incontrato i ministri degli esteri delle due nazioni, esortandoli affinché procedessero a trovare un accordo per la normalizzazione delle relazioni tra i due Paesi: così, già ad agosto, si è cominciato a concordare i due protocolli per ristabilire i rapporti diplomatici e riaprire le frontiere. L’incontro di Zurigo ha visto la Svizzera come stato mediatore nella figura del Ministro degli Esteri Micheline Calmy-Rey. I ministri degli esteri delle due nazioni in conflitto, il turco Ahmet Davutoglu e l’armeno Eduard Balbandian, hanno firmato l’accordo che, a quanto si legge da varie fonti, è arrivato con quattro ore di ritardo rispetto all’orario previsto, rischiando perfino di saltare. Pare infatti che il Primo Ministro turco, Recep Tayyip Erdogan, abbia presentato la richiesta di ritiro di tutte le truppe armene dai territori azeri ancora occupati come condizione necessaria per un’apertura contemporanea delle frontiere, altrimenti la Turchia “non potrà avere un atteggiamento positivo a tal riguardo”. Questa iniziativa sembra sia stata dettata dal fatto che l’Azerbaigian ha lasciato intendere che potrebbe dare il suo gas e il
suo petrolio alla Russia anziché favorire la Turchia e gli stati occidentali, Stati Uniti compresi. È stato poi l’intervento di Hillary Clinton a consigliare caldamente al primo ministro turco di fare un passo indietro, per evitare il peggio.vComunque, non tutti sembrano aver accettato positivamente l’accordo: l’estrema destra turca accusa il governo di aver compromesso gli interessi della
propria nazione e dello stato fratello dell’Azerbaigian mentre i nazionalisti armeni parlano di tradimento poiché questa pace non potrà mai riparare ai 16 anni di isolamento causato dalla chiusura delle frontiere. Inoltre rimane ancora del tutto irrisolta la questione del mancato riconoscimento del genocidio armeno da parte dei turchi nonché l’appoggio dei turchi agli azeri nel conflitto contro gli armeni.
Eveline Bentivegna