All’ultimo Grand Prix di Ungheria disputato sull’Hungaroring, nelle vicinanze della capitale Budapest, la Formula Uno ha scritto un’altra pagina di storia. Tre gli atleti sul podio, tre i differenti scenari di carriera. Nessuno mi può giudicare: primo Max Verstappen, che sull’asfalto ungherese ha collezionato la settima vittoria consecutiva, o per meglio dire, con falsa modestia, la nona presenza sul podio nella undicesima tappa delle ventidue in calendario per la stagione iridata in corso.
La rivincita della classe media: secondo posto per Lando Norris di McLaren, scuderia che da inizio anno ha recuperato lo svantaggio tecnico del debutto, ed a Budapest ha garantito al ventitreenne driver anglo-belga un altro piazzamento cadetto dopo quello guadagnato sette giorni fa a Silverstone.
Nessuno mi può giudicare: Sergio Perez, terzo classificato, predestinato a cambiare squadra a fine stagione perché lui alla Red Bull non è arrivato per fare il gregario; partito in nona posizione, più che con gli avversari, nella tappa ungherese il messicano ha lottato contro l’handicap psicologico di separato in casa con il compagno di scuderia Verstappen, figliol prodigo del team anglo-olandese.
A commentare esordio e conclusione della sosta magiara: the show must go on, ma non con lo scontato finale che le scuderie pregustavano.
Qui entriamo nella cronaca e partiamo dalle qualifiche. Ad evitare che il solito Verstappen facesse gara a sé, accompagnata da una prevedibile caduta di interesse mediatico, le qualifiche del GP di Ungheria 2023 hanno imposto ai piloti di gareggiare prima con pneumatici morbidi, poi medi ed infine hard. Se pensiamo che ad ogni corsa le vetture già si presentano con assetto e gommature specifiche, ed altrettanto prevedibili aspettative di qualifica, ebbene: le sorprese in pista hanno ribaltato gli intuibili entusiasmi pre-gara.
Perché, a dispetto di ogni pronostico, capofila nella starting grid di Hungaroring si trovava la Mercedes di Hamilton, inaspettatamente seconda la Red Bull di Verstappen, poi seguita da Norris e Piastri di McLaren di cui si è già detto; quinto e settimo Zhou e Bottas al volante di Alfa Romeo che in questa stagione non brillano per novità tecniche; sesto Leclerc di Ferrari, di cui diremo; al nono rango Perez, su cui non torniamo.
Poi in gara tutto è cambiato. Approfittando di una incertezza di Hamilton, alla partenza Verstappen conquista la pole position e la mantiene sino alla fine, su un circuito corto e stretto che non favorisce i sorpassi.
Lo ricorderanno i due della Alpine Renault, Gasly e Ocon, che alla prima curva si sono scontrati e reciprocamente costretti al ritiro.
Al 45° dei previsti settanta giri di una gara fortunatamente tranquilla, la differenza tra le vetture in pista ha trovato conferma. Lo ricorda un episodio, diffuso in mondovisione. Inseguendo il capofila Verstappen, Hamilton è spronato al sorpasso dai suoi tecnici: “sono già al massimo, oltre non posso”, risponde il pilota inglese al team Mercedes, già lontano di oltre mezzo minuto dal rivale olandese.
Le Ferrari hanno confermato i problemi di assetto e conseguente eccessiva usura degli pneumatici, oltre ad una mancanza di coordinamento tra piloti e scuderia, ancora in difficoltà ad elaborare strategie offensive. Lo conferma la penalità di 5 secondi inflitta a Leclerc per velocità eccessiva nella uscita dai box, certamente evitabile se solo i tecnici Ferrari lo avessero avvertito.
Anche in Ungheria, i rilievi di cronaca a fine gara trovano conferma nella arida aritmetica dei valori cronometrici.
Dietro a Max Verstappen, secondo sul podio è arrivato Lando Norris di McLaren, ma distanziato di oltre mezzo minuto; a seguire Sergio Perez, di Red Bull, e Lewis Hamilton con quasi quaranta secondi; subito dopo, con un clamoroso minuto di ritardo, quarto e quinto troviamo Lewis Hamilton di Mercedes e Oscar Piastri di McLaren; settimo e ottavo i due di Maranello, Leclerc e Sainz, staccati di quasi un minuto e 10’’; al nono e decimo posto, si piazzano Alonso e Stroll di Aston Martin, rispettivamente con un minuto e 15’’ e l’altro addirittura con un giro di ritardo.
La graduatoria iridata piloti conferma i due di Red Bull, Verstappen e Perez, con 281 e 171 punti; terzo Fernando Alonso a 139; altra doppietta per le frecce d’argento tedesche, con i 133 punti di Hamilton ed i 90 di George Russell; al sesto e settimo rango i ferraristi Sainz e Leclerc, a 87 e 80 punti.
La classifica costruttori ritrova capofila Red Bull con 452 lunghezze, seguita da Mercedes a 223, Aston Martin a 184, ed infine le rosse di Maranello a 167.
Ma c’è un’altra graduatoria mondiale dove invece le Ferrari si impongono sugli avversari.
È quella recentemente pubblicata da Forbes, autorevole business magazine statunitense, che colloca al primo posto a livello globale il marchio automobilistico di Maranello con un valore di mercato di quasi quattro miliardi di dollari.
A seguire, il brand Mercedes, con 3.8 miliardi.
Terzo, Red Bull, stimato in 2.6 miliardi di dollari.
Buono a sapersi: possiamo solo immaginare l’importo che raggiungerebbe il marchio Ferrari se vincesse la classifica mondiale costruttori.
di Andreas Grandi