Il governo accelera sulla riforma del lavoro e chiede alle parti sociali un accordo condiviso sul tracciato del governo
Il governo accelera sulla riforma del lavoro. Elsa Fornero, ministro del Welfare, ha dichiarato che meglio sarebbe stato chiudere la trattativa in due settimane, ma che se sono tre si può stare ugualmente nei tempi. La trattativa tra le parti sociali (Confindustria e Sindacati) è iniziata e dovrà concludersi con una riforma, che comunque dovrà toccare l’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori. La trattativa, dunque, ha un suo percorso, che è un accordo tra le parti sociali, ma il tracciato è stato deciso dal governo. Se non si raggiunge un accordo, ha precisato il ministro, “il governo andrà avanti comunque”. Fornero non fa altro che seguire il tracciato già stabilito da Monti, il quale, in interventi in tv, ha parlato dei giovani che sono al centro della preoccupazione del suo governo, ma ha detto anche che “il posto fisso” non può essere un tabù. Scherzando, ha detto che il posto fisso è una monotonia, ma nelle sue parole non c’era derisione, c’era soltanto la constatazione che bisogna darsi da fare per cercare un lavoro, che il lavoro non va a bussare alla porta di chi non lo cerca e magari non lo vuol fare nemmeno. I Sindacati, pur con accenti diversi, in questa fase sono uniti a difesa del posto di lavoro, ma si sa che la Cisl e anche la Uil non difendono a spada tratta l’articolo 18, come invece lo fa la Cgil. Nella riforma del mercato del lavoro, il licenziamento non può avvenire solo per giusta causa, ma anche per motivi economici (difficoltà dovute all’azienda): su questa linea la Uil si distingue dalla Cgil e mette in fibrillazione il Pd, che è contrario ad una soluzione non condivisa dai sindacati (leggi Cgil) e che tocca i licenziamenti. Le prossime settimane saranno comunque decisive. Il governo ha varato nuove e pesanti tasse, ha liberalizzato in parte alcuni settori, adesso vuole occuparsi di riforme davvero importanti come, appunto, il mercato del lavoro e la giustizia. Due temi che, soprattutto il primo, al Pd risultano ostici.
Negli ultimissimi tempi, però, a livello politico ci sono stati due fatti importanti: il primo è un incontro riservato tra il presidente della Repubblica Napolitano e Berlusconi (accompagnato da Alfano, il suo delfino) e il secondo una presa di posizione pubblica di Violante in tema di giustizia. L’incontro tra Napolitano e Berlusconi si è concluso con un impegno di massima sul sostegno al governo che non è occasionale o a tempo, ma strategico. La dichiarazione di Berlusconi, poi,sull’appoggio al governo, mentre sarebbe folle e irresponsabile farlo cadere, è stata giudicata senza giri di parole, oltremodo chiara e precisa. L’accordo potrebbe prefigurare anche, a giudizio degli esperti, un’intesa tra Pdl e Pd per un governo d’emergenza, non solo per questa ma anche per la prossima legislatura se la crisi non dovesse essere rientrata. Insomma, il Pdl e il Pd entrerebbero direttamente nel governo.. Se questa è un’ipotesi realistica, lo si vedrà in primavera, appunto dopo la riforma del mercato del lavoro e più in là della giustizia. E veniamo al secondo fatto importante. Luciano Violante, da sempre considerato il braccio politico dei pm, si è chiesto se a proposito delle accuse a Del Turco, rivelatesi false, non possano essere considerate come colpa del magistrato che l’ha accusato in seguito a indagini superficiali (il pm in questione è quel magistrato che una trasmissione sorprese a confabulare con Gianfranco Fini prima della rottura con Berlusconi). Violante si chiede: Del Turco era presidente della Regione Abruzzo e in seguito all’accusa ha perso l’incarico; è stato messo in carcere ed era innocente; dunque, i magistrati che si rendono autori di danni, debbono rispondere dei loro atti. Del Turco, a suo tempo, fu scaricato dal Pd, suo partito, e difeso dall’allora presidente del Consiglio. Ora Violante lo riabilita. In fondo ciò che è successo a Del Turco è già successo a Berlusconi, accusato quand’era presidente del Consiglio nel 1994, e prosciolto da ogni accusa dieci anni dopo. Intanto, però si era dovuto dimettere da presidente del Consiglio, con tutto il danno morale e materiale che ne sono conseguiti. Ecco, la domanda è: Violante sta conducendo un gioco di parte (la difesa di Del Turco, anche se a tempo scaduto) o sta aprendo sui temi della giustizia, quei temi che nessun governo è riuscito ad affrontare per l’opposizione, appunto del Pd, che ha bollato di “leggi ad personam” ogni tentativo di riformare la giustizia in Italia? La questione non è di poco conto, come ognuno può immaginare. Lo stesso Monti, nel decreto sulle liberalizzazioni, ha istituito un Tribunale delle imprese, riconoscendo chiaramente che le imprese straniere non investono in Italia proprio per i tempi lunghi della giustizia, oltre che per la rigidità delle norme che regolano il mercato del lavoro. D’altra parte, la recente approvazione (trasversale) di un emendamento della Lega sulla responsabilità civile del magistrato e la dura reazione dei magistrati (minacce di scioperi), la dice lunga su una materia che è stata oggetto di un referendum nel 1987 il cui esito popolare fu appunto che il magistrato doveva rispondere degli atti commessi per dolo o per superficialità. Il risultato del referendum semplicemente non fu tenuto in nessuna considerazione né dai partiti, né dalle istituzioni, ma evidentemente non è materia di trascurabile importanza se a distanza di vent’anni e più lo stesso Violante riprende l’argomento e in un certo senso dà ragione al suo avversario.