Un personaggio complesso, come lui stesso si definisce: ironico e pungente, spesso provocatorio ma anche romantico e introspettivo; due anime che convivono in lui e nella sua musica il cui ultimo atto, “Dalla parte di Caino”, rappresenta appunto un sapiente mix di denuncia sociale e di intimismo
Il tuo ultimo album, “Dalla parte di Caino” quest’estate ha ricevuto il premio Lunezia per il suo valore musicale e letterario: è una bella soddisfazione…
Sì, soprattutto se si considera che il primo premio Lunezia lo vinse De Andrè, il mito della mia adolescenza che poi è diventato un mio amico.
Dichiari di essere “dalla parte di Caino”. Una tale posizione può sembrare assolutistica ed aprioristica…
In realtà il titolo, pur rappresentando il nocciolo essenziale del mio pensiero e del messaggio dell’album, è chiaramente una provocazione; in fondo siamo tutti dalla parte di Caino perché tutti abbiamo bisogno di riscattare qualcosa del nostro passato e tutti abbiamo diritto ad una seconda possibilità; quello che non è successo a Caino, che da migliaia di anni continua a pagare… Io credo in un Dio comprensivo, quindi penso sia dovere di tutti quantomeno porsi il dubbio se prendere o meno le parti di Caino.
Questo disco si presenta con una veste sonora diversa rispetto ai precedenti.
Sì, è vero, questo album ha delle tonalità molto differenti rispetto al passato: ho usato degli arrangiamenti completamenti diversi. Ma si distingue anche per il contenuto dei testi nei quali convive la mia doppia anima: quella più ironica, come nel brano “Il topo mangia il gatto”, scritto a quattro mani con Grignani, e quella più sentimentale, come nel “Cielo di Milano”.
Come è nata la collaborazione con Gianluca Grignani?
Io ho un’immagine molto particolare degli artisti: li identifico in animali istintivi e quindi, quando ci si icontra, ci si annusa come fanno i cani e, se si trova l’affinità, diventa quasi spontaneo iniziare a fare cose insieme; magari si inizia per gioco e poi, via via, prendono forma progetti ben precisi che vanno oltre il semplice divertimento fra appassionati di musica. Io e Gianluca ci siami visti un paio di pomeriggi ed è nata la canzone.
Ma quand’è che il topo mangia il gatto?
Purtroppo quasi mai, anche se è la speranza di tutti; il mondo è fatto di ingiustizie, i gatti sono sempre più organizzati e i topi sempre più sfigati…per fortuna ogni tanto, anche se di rado, capita che qualche topolino riesca a mettere in fuga o a mangiare qualche gatto…ed è una grande rivincita per tutti.
Parli di “angeli corrotti” e “dalle ali bruciate”; a chi ti riferisci in particolare?
Basta seguire il telegiornale per capire quanto l’Italia sia un Paese alla deriva, disgregato, fatto di individualismo; io viaggio molto e andando in molti posto mi rendo conto di quanto degrado ci sia; sono tanti a preoccuparsi di salvare solo la facciata e purtroppo dietro non ci sta niente, tutte parole senza significati veri. Le ali bruciate sono quelle dei ragazzi, la nuova generazione figlia della televisione che vive solo di firme e telefonini, priva di contenuti. E’ una triste realtà.
Veniamo al brano “Donna sognata”: com’è la donna dei tuoi sogni?
La mia donna ideale non esiste o, meglio, esiste solo nella mia testa; probabilmente non vorrei neanche incontrarla perché l’idea mi spaventa o perché dopo mi mancherebbe il gusto della ricerca, non so spiegare bene. La figura femminile di oggi è molto simile a quella maschile: forte, sì, ma in difetto della sua giusta femminilità a mio modo di vedere; l’uomo ne sembra intimidito; insomma le donne di Modena non esistono più! Sogno una donna d’altri tempi, sarei dovuto nascere nel ‘700…!
In “Primi in tutto” dici che per restare a galla bisogna “esser vuoti o pieni solo di aria”. Non è una bella considerazione…
Sì, la situazione è drammatica perché oggi viviamo circondati dai falsi miti; i veri artisti faticano ad emergere, soprattutto perché la televisione inventa personaggi solo sulla base dell’apparenza e non appena si cerca il contenuto ci si accorge che non sono fatti di altro che di aria.
Hai collaborato con tanti artisti italiani tra cui De Andrè, i Ladri di biciclette, Jannacci, Povia, Grignani; quale di queste collaborazioni ti ha lasciato di più?
Indubbiamente quella con De Andrè, il mio mito fin da piccolo. Proprio per il fatto che la mia ammirazione per lui è nata quando ero ragazzino e lui mi sembrava irraggiungibile, tutto quello che abbiamo fatto insieme ha avuto un significato molto particolare; su questo influiva anche, credo, il tipo di vita riservata che conduceva Fabrizio, che centellinava le sue appararizioni e selezionava con cura le persone di cui circondarsi: non era certo il tipo da fare duetti con chiunque e tutto questo mi faceva sentire un privilegiato.
E nel panorama artistico italiano di oggi chi stimi di più?
In genere tutti i cantautori storici; tra i nuovi prediligo Bersani e Cammariere per la poetica dei loro testi.
Di Vasco hai affermato che è un cattivo esempio…
In realtà era un discorso molto più complesso, da cui la frase è stata poi estrapolata. Io ho semplicemente detto che il messaggio di Vasco (che tra l’altro negli anni è cambiato, perché il Vasco di “Vita spericolata” non è certo il Vasco di “Un senso”) si presta ad essere raccolto in maniera superficiale; Vasco è una persona profonda ma io credo che la sua immagine sia più forte di quello che poi in realtà vuole dire o trasmettere.
La tua carriera vede l’alternanza di lavori di denuncia sociale e di lavori più intimisti, dove prevalgono i sentimenti, l’amore e l’introspezione. In quali ti rispecchi maggiormente?
In tutti! Sono Bilancia ascendente Gemelli: un caos vivente! Dentro di me convivono tante squadre di omini e io sono il loro portinaio; a seconda del mio umore faccio prevalere l’omino ironico, quello romantico o quello scontroso; non c’è una parte preponderante ma, piuttosto, un mix di espressioni del mio carattere, molto complesso e mutevole.
Sei un artista eclettico: hai scritto un musical e di recente hai preso parte alle riprese dell’ultimo film di Varlotta, Zoe. Com’è stata l’esperienza cinematografica?
Infatti, c’è anche un omino attore che ancora non conoscete!
E’ stata una bella esperienza; il cinema è sempre stata una mia passione; all’inizio della carriera mi avevano già proposto qualcosa ma ho preferito consolidare la mia immagine come cantante prima di dedicarmi ad altro; adesso a convincermi è stata soprattutto la validità del copione che mi sono ritrovato davanti. La sceneggiatura è quasi una poesia, una specie di favola, una sorta di Alice nel paese delle “non meraviglie”: una bambina di nove anni si trova in un bosco durante i bombardamenti del ’45; incontra un specie di sentinella dei partigiani, che poi sarei io, che deve riuscire a riaccompagnarla dal padre…ma non vi svelo altro, se non che mi sono davvero divertito.
In attesa dell’uscita del film non resta dunque che godersi Baccini nel suo ultimo lavoro “Dalla parte di Caino”,distribuito dalla Sounds of Life Records