Riaperte le indagini sulla poliziotta trovata morta nel 2002 nel suo appartamento in Questura e che aveva scoperto troppe cose sulle complicità che avevano protetto l’assassino di Elisa Claps
Chi pensava che con la condanna all’ergastolo di Danilo Restivo per l’uccisione di Elisa Claps, avvenuta il 12 settembre del 1993, sarebbe calato il sipario su tutti quei tragici avvenimenti, forse si dovrà ricredere, perché l’omicidio di Elisa molto probabilmente è legato a quello di un commissario di polizia, Anna Esposito, 35 anni, trovata morta nel suo alloggio in Questura a Potenza il 12 marzo del 2001. Secondo la cronologia, sarebbe meglio dire che è la morte di Anna Esposito ad essere collegato al delitto Claps. Il commissario, durante gli otto anni intercorsi tra l’assassinio di Elisa e la sua morte, aveva scoperto qualcosa di sconvolgente, ed è per questo che probabilmente fu uccisa.
Il suo corpo fu ritrovato dalla polizia quando il ritardo del commissario in ufficio si fece sospetto. Gli agenti sfondarono la porta del suo appartamento in Questura e trovarono la donna, separata con due figli, morta da poche ore. Questa la scena del delitto: Anna venne trovata con la gola imbrigliata in un cinturone di poco più di novanta centimetri legato alla maniglia di una porta. Davvero uno strano modo per suicidarsi. Il caso, infatti, venne archiviato come suicidio, ma ora, dopo dodici anni, è stato dissepolto dalla coltre di silenzio e probabilmente di complicità e sottoposto a nuova indagine.
Anche se tracce evidenti portavano a Danilo Restivo – ragazzotto con turbe psichiche condannato in Inghilterra per l’omicidio di Heather Barnett avvenuto il 12 novembre del 2002 e inquisito, sempre in Inghilterra, per l’omicidio di una studentessa coreana Jong-Ok Shin avvenuto il 12 luglio del 2002 – questi, figlio di una famiglia in vista a Potenza, fu prosciolto. Eppure, dunque, fu lui ad averla vista l’ultima volta proprio nel punto dove solo 17 anni dopo fu ritrovata cadavere mummificato. Durante il processo, furono trascurate prove incredibilmente evidenti, come la ferita alla mano curata al pronto soccorso e certificata dal medico come prodotta da un’arma da taglio. Anche se apparentemente scoperto per caso, qualcuno e, anzi, più di qualcuno sapeva che il corpo della ragazza si trovava in un’intercapedine del tetto della chiesa della Santissima Trinità. Sul cadavere ritrovato il 17 marzo del 2010 fu possibile confrontare il Dna scoperto sui vestiti di Elisa con quello di Danilo Restivo perché questi fosse condannato anche in Italia all’ergastolo, che sta scontando in Inghilterra.
Ebbene, che la morte di Anna Esposito non fosse dovuta a suicidio ma a omicidio lo capì Fabio Amendolara, giornalista della Gazzetta del Mezzogiorno, che anni fa disse: “Questo è un caso che grida giustizia. Le indagini dell’epoca non hanno accertato nulla, come se si trattasse di una pratica burocratica. Gl’investigatori si sono limitati a fare solo quello che è previsto dal protocollo e, pur di far fronte a una serie d’interrogativi, il giudice ha deciso di archiviare il caso”.
Già, però, qualche tempo dopo e con un altro esame condotto dai medici legali, il “suicidio atipico” emerse, invano, in modo evidente, ma, appunto, venne archiviato. E’ stato il racconto di Gildo Claps a far riaprire l’indagine. Ha detto Gildo: “Ci sono troppe coincidenze incredibili. Un anno dopo il ritrovamento dei resti di mia sorella, nel 2011, fui contattato dalla madre di Anna Esposito, che mi rivelò una cosa inquietante. ‘Sa, Gildo’, mi disse, ‘poco prima di morire, mia figlia Anna, oltre a lamentarsi del clima ostile che si respirava nel suo ufficio, mi disse che aveva saputo con certezza che proprio lì in Questura a Potenza c’era qualcuno che sapeva chi aveva ucciso Elisa e dove erano nascosti i suoi resti’. Per questo mi feci ricevere dagli investigatori (nuovi, nda) e raccontai tutto”. Aggiunge Gildo Claps: “Proprio il giorno prima che Anna Esposito venisse trovata cadavere, mi chiamò al telefono e disse: ‘Ciao Gildo, vorrei fare un corso d’inglese e avrei bisogno di alcune informazioni sulla tua scuola, ma preferirei che me ne parlassi di persona’. In effetti mi sembrò una richiesta strana. A quell’appuntamento, però, Anna non è mai arrivata”. C’è di più. Una settimana dopo la morte di Anna Esposito, un’informativa di un sovrintendente di polizia che abitava al piano di sotto del commissario morto rivelava che da “fonte anonima e confidenziale aveva appreso che i resti del corpo di Elisa erano nei pressi della Chiesa della santissima trinità, proprio quella nel cui sottotetto sono stati ritrovati molti anni dopo”. Furono fatte indagini intorno alla chiesa e non dentro o sopra, ma il sovrintendente non ha mai voluto rivelare la sua fonte. Ma soprattutto i nuovi inquirenti stanno rispondendo alla domanda: come ci si può suicidare con una cintura di 93 cm di lunghezza agganciata alla maniglia di una porta, specie se i piedi toccavano terra? E perché non furono prese le impronte né sulla cintura, né sulla penna, ma senza carta, trovata accanto al corpo? E perché Anna Esposito aveva ricevuto minacce?
Non è difficile immaginare che in futuro potrebbero emergere delle novità sconvolgenti.