Quando l’edizione di questo giornale arriverà ai lettori e agli abbonati, saranno scaduti i cinque mesi concessi dal giudice alla commissione di esperti che avevano il compito di svolgere un supplemento d’indagine su vari punti non chiari sul delitto di Garlasco.
Probabilmente ci sarà un supplemento d’indagini e quindi un rinvio del processo. Come si ricorderà, con una mossa improvvisa l’avvocato di Alberto Stasi, l’unico imputato accusato di essere l’autore dell’omicidio della fidanzata, Chiara Poggi, aveva chiesto agli inizi di quest’anno il rito abbreviato.
Significa che il processo si sarebbe svolto con un solo grado di giudizio: in caso di assoluzione, niente appello; in caso di condanna, niente ergastolo e diritto di sconto di un terzo della pena.
La sentenza, annunciata per la fine di aprile, in realtà fu rinviata: tanti e tali erano i punti oscuri che il giudice non se la sentì di pronunciare un verdetto definitivo. Ordinò, come detto, un supplemento d’indagine su alcuni punti come l’ora del delitto (fissata tra le 11 e le 11 e mezza), l’esame del computer di Alberto Stasi (che affermava che dalle 9 e mezza alle 12 e mezza quella mattina aveva lavorato alla sua tesi di laurea) e l’accertamento delle eventuali macchie di sangue sotto le scarpe del ragazzo e sui pedali della sua bicicletta.
Due settimane fa la commissione di esperti è arrivata alla conclusione che Alberto Stasi aveva detto la verità a proposito del suo lavoro al computer quella mattina. Infatti, gli esperti, tra cui proprio chi le aveva fino ad allora negate, scoprirono chiaramente le tracce del lavoro di Stasi al suo pc. Il giovane l’aveva detto fin dall’inizio e non aveva mai cambiato versione.
La verità è che quelle tracce furono cancellate inavvertitamente dai carabinieri che avevano acceso il suo computer per verificare la versione del giovane. La difesa, a quelle conclusioni, aveva gridato all’innocenza di Alberto Stasi perché era caduta la “prova regina” dell’accusa, ma l’accusa aveva raggelato gli entusiasmi della difesa quando aveva fatto notare che il computer di Alberto era portatile, quindi poteva essere stato usato anche in casa di Chiara. In effetti, però, la scoperta delle tracce dei vari documenti salvati al computer aveva segnato un punto a favore dell’imputato.
Pochi giorni fa, un altro colpo di scena, questa volta messo a segno dall’accusa. Alla riapertura del processo la difesa presenterà un video che non vuole essere la prova della colpevolezza di Alberto, ma semplicemente la dimostrazione che la tempistica dell’omicidio può essere conciliata anche con i vuoti tra una traccia e l’altra sul computer di Stasi. In sostanza, la tempistica, sostiene l’accusa, è tale che l’ex fidanzato di Chiara potrebbe benissimo aver commesso l’omicidio in casa della ragazza pur avendo lavorato a casa per tutta (o quasi) la mattinata.
Il video parte dalle ore 09 e 10 della mattina del 13 agosto del 2007, quando Chiara disattiva l’allarme per aprire il portoncino d’ingresso.
Nel filmato gli attori ricostruiscono i probabili fatti: la ragazza interrompe la colazione davanti alla tv perché ha sentito il citofono, disattiva l’allarme (e a questo punto inizia il conteggio del tempo) e va ad aprire.
I due vanno in cucina, si siedono uno di fronte all’altra e discutono animatamente, poi lei si alza stizzita, lui la segue, le afferra un braccio, la strattona e così facendo fa cadere un vaso che poi i carabinieri troveranno rovesciato. La scena si sposta poi nel salotto, la lite degenera, la ragazza viene colpita alla testa (nel video non c’è l’arma che non è mai stata trovata) e giace per terra. Il video mostra un ragazzo che siede sul divano con la testa fra le mani (davanti al divano sono state ritrovate tracce del sangue di Chiara). Dopo circa un minuto si alza, va in fondo al corridoio, ritorna indietro e trascina la ragazza fino alla porta della cantina.
La ragazza non è ancora morta, lui allora la colpisce di nuovo e la spinge giù per le scale. Va in bagno, lava la maglietta, si lava lui stesso, lava il portasapone imbrattato di sangue, rimette la maglietta, va in cucina a riprender lo zainetto con cui era venuto e dentro mette l’asciugamano con cui si era asciugato. Infine, esce, inforca la bicicletta e pedala verso casa.
Il tutto in nove minuti e quattro secondi. Se l’accusa insiste nel dire che non si tratta di “ricostruire l’omicidio”, ma di “dimostrare che per l’azione e la fuga bastano pochi minuti”, la difesa mette l’accento sulla corsa in bicicletta tra la casa di Chiara e la casa di Alberto e le singole azioni a casa della ragazza, dal litigio al cadavere trascinato, fino alla pulizia in bagno. Tutte queste azioni, dice la difesa, non si possono fare in 4 minuti. Alla ripresa del processo la commissione di esperti deve aver verificato una serie di dettagli utili ai fini della dinamica dell’omicidio. Intanto, spunta un’amica di Alberto…
Il caso si annuncia molto complicato, al punto che forse l’aver chiesto il rito abbreviato potrebbe rivelarsi effettivamente una mossa indovinata.
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