Viaggio in Palestina alla ricerca della memoria
Torno da Gerusalemme tra rimpianti e ricordi. Rimpianti per non aver potuto assolvere, compiutamente, al compito che mi era stato dato.
Ricordi di giornate memorabili che rimarranno a lungo – direi per sempre – pezzi di storia personale da custodire nel profondo dell’animo.
Parlerò degli incontri politici con i tanti esponenti di quella terra martoriata e contesa.
Ma prima di tutto, vorrei parlarvi della città vecchia.
Del timore che incute mentre ti incammini sul lastricato che conduce ai luoghi sacri alle tre religioni monoteiste del mondo.
La storia dell’umanità racchiusa in un fazzoletto di terra.
Un atomo con dentro l’odio e l’amore che l’uomo ha creato nel corso dei secoli e dei millenni. Pochi passi per scendere la scalinata che conduce al muro del pianto, il luogo in cui l’ebraismo immola il suo spirito a Dio nel segno del profeta Isaia, per poi incamminarsi verso la passerella che conduce alla spianata delle moschee all’interno dell’ antico Monte del tempio, in cui erge, nel suo splendore, la moschea al Aqsa, il luogo in cui, secondo la tradizione musulmana, Maometto, venne assunto in cielo.
Attraversi il quartiere musulmano, delimitato dalla porta di Damasco, e ti trovi al centro della cristianità.
Percorri la via dolorosa con le tante stazioni della passione di Cristo sino alla Basilica del santo sepolcro senza nascondere, anche per chi scrive, un brivido di commozione.
Poche ore per riempire la botte della storia.
Dalle crociate alla passeggiata di Ariel Sharon, nel settembre del 2000, sulla spianata delle Moschee per rivendicare la sovranità israeliana su tutta Gerusalemme. Scatenò la seconda intifada, la reazione dei musulmani in uno dei più tristi episodi della recente storia israeliana.
Attraversi le viuzze del suk arabo, popolato, quasi esclusivamente, da cittadini palestinesi e ti appare, qua e là, una bandiera israeliana.
Due soldati in assetto di guerra vigilano perché nulla possa accadere al proprietario della casa.
Un fazzoletto di terra. Un quartiere. Un mercato. Una via. Una chiesa . Una moschea. Un minareto. Un micro mondo in cui alcuni milioni di umani vivono da nemici.
Ognuno con le proprie giuste ragioni dettate dalla storia e dai millenari avvenimenti.
Ognuno convinto di essere dalla parte dei giusti.
E chissà se un giorno prevarrà la ragione, al singolare. Quella che unisce gli uomini nel segno della solidarietà e della convivenza.
La delegazione del comitato politico per il Medio Oriente, di cui faccio parte, guidata dalla presidente Allende, ha svolto la funzione che le è stata assegnata dall’ Unione interparlamentare. Ha incontrato, alla Knesset, i più alti rappresentanti del parlamento per approfondire il punto di vista dei politici israeliani nello stallo del processo di pace tra Israele e lo Stato Palestina e nel più ampio contesto medio orientale. Ha appreso, a Ramallah, provvisoria capitale, l’opinione dei dirigenti del nuovo stato palestinese, riconosciuto dalla maggioranza delle nazioni, nonché osservatore permanente delle Nazioni Unite e tuttavia immiserito in una eterna precarietà che annienta le speranze del suo popolo e scatena il virus della disperante violenza.
Come possono incontrarsi le due ragioni, quando l’una è vincente e si specchia nello splendore dei suoi palazzi, nella modernità della nuova Gerusalemme e l’altra vegeta immiserita al di là dei muri eretti a proteggere i vincitori ?
La storia potrebbe aiutare i due popoli.
Ho partecipato, il 27 gennaio, invitato dall’ambasciatore italiano, Francesco Maria Talò, alla commemorazione del giorno della memoria per le vittime dell’olocausto.
Ho visitato il museo che ad ogni passo provoca una fitta di tristezza e paura. Quei sei milioni di uomini, donne, bambini, rastrellati in ogni parte delle nazioni occupate e annientati nei campi di Auschwitz .
Il popolo di Israele potrebbe trarre da quella immane tragedia la forza per andare all’incontro del popolo fratello la cui ragione è altrettanto degna di essere ascoltata ed esaudita.
Certo è che la Palestina è una minuscola striscia di terra e appare difficile esaudire le due ragioni: due popoli, due stati.
Ma forse, e questa è la speranza, dirigenti dei due campi, capaci di grandi visioni, avranno un giorno il coraggio di indicare la strada: due popoli, una Unione di uomini liberi nel segno della convivenza e della fraternità.
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