La visita a Roma tra stranezze, dichiarazioni d’amicizia e accordi economici
Bolle molto in politica estera dopo il discorso di Obama al Cairo e il viaggio in Europa con scalo a Buchenwald e in Normandia. L’ora della semina è dietro le spalle, comincia la lunga attesa in vista del raccolto. Però, se è già noto che Netanyhau si sta convertendo ai “due popoli, due Stati”, l’Onu sta preparando sanzioni contro la Corea del Nord che vuole le armi nucleari e i risultati delle elezioni in Iran non preannunciano nulla di pacifico.
Se questi temi vanno inquadrati in prospettiva, nell’immediato assume particolare rilievo la visita di Berlusconi a Washington per la definizione delle nuove regole che dovranno guidare il mondo della finanza, nuove regole che sono state preparate da Tremonti e che dovranno essere approvate durante il G8 che si terrà in Italia, a L’Aquila, agli inizi di luglio.
Berlusconi è andato da Obama ufficialmente per il G8, ma in realtà si è parlato anche di Afghanistan. Il presidente del Consiglio italiano sarà disponibile sia ad accogliere alcuni detenuti di Guantanamo nelle galere italiane (sicuramente rimpiangeranno quelle di Guantanamo), sia ad aumentare il numero dei soldati italiani in Afghanistan, soprattutto il numero dei carabinieri che pare stiano riscuotendo l’apprezzamento – professionalmente parlando – dei capi militari americani. Si sarà sicuramente parlato anche della Libia, il cui presidente, Muammar El Gheddafi ha visitato l’Italia proprio nei giorni scorsi, tra polemiche, stranezze ed accordi economici.
Il colonnello non ha mancato di stupire già all’uscita dall’aereo, quando si è presentato in uniforme militare scura con folte spalliere gialle e con una foto d’epoca incorniciata e attaccata al petto. All’inizio, confessiamo che non ci saremmo stupiti se sulla parte sinistra del petto di Gheddafi avessimo visto penzolare una piccola padella. Scherzi a parte, dai resoconti dei giornali abbiamo appreso che si trattava di un patriota libico fatto impiccare dal Generale italiano Graziano. Gheddafi ha voluto dire che tanti erano i danni e tante le uccisioni commesse dai colonialisti italiani, ma che quel tempo è definitivamente chiuso con le scuse pronunciate un paio di mesi fa da Berlusconi in Libia. “Ora – ha detto Gheddafi, – siamo amici, quei tempi sono passati e con le scuse e i relativi risarcimenti ottenuti sono definitivamente sepolti”.
Questo è il vero significato della visita, che potremo definire “storica”. L’altro significato importante della visita di Gheddafi a Roma è l’incontro con 700 donne del mondo dell’impresa, della cultura e della politica.
Il colonnello ha espressamente garantito – ma si sa che le garanzie di Gheddafi vanno prese con beneficio d’inventario – che l’Italia sarà il partner economico preferito tra tutti gli altri.
Dunque, l’aspetto economico ed energetico di questa nuova amicizia sarà destinato ad avere un futuro, sia per la Libia che per l’Italia.
Intanto, con gli accordi sulla comune vigilanza delle coste e con i respingimenti sono anche scomparsi i barconi dei clandestini in Italia. Ecco, i lati positivi della visita di Gheddafi finiscono qui. Non è poca cosa, ma il resto fa parte del comico e del grottesco, ma questo già lo si sapeva. Gheddafi è nel suo Paese colui che esercita un potere illimitato, è un satrapo orientale con potere assoluto, basta un cenno del suo occhio per decidere sulla sorte dei suoi sottoposti. È un guappo napoletano con diritto di vita e di morte su ognuno dei suoi malcapitati sudditi. Tenda piantata a Villa Pamphili, 40 amazzoni armate fino ai denti e pronte a tutto pur di difenderlo, che per statuto non possono sposarsi, sono consacrate a lui, al Raìs, che ne dispone a piacimento.
Già questo la dice lunga sui diritti umani in Libia, di cui Gheddafi si arroga il carattere democratico. Dismessa la tenuta da colonnello, Gheddafi è stato oggetto di censura da parte dei senatori del Pd, i quali, smentendo Latorre e D’Alema, non hanno voluto che parlasse nell’emiciclo del Senato. Alla fine, una soluzione dignitosa è stata trovata, ma quegli stessi senatori che acclamarono Fidel Castro in tenuta militare con la pistola al fianco alla fine degli anni Novanta, non ci hanno fatto una bella figura, in quanto hanno mostrato un Pd diviso e incapace di pensare al Paese di fronte ad una visita internazionale.
Non sappiamo se l’ha fatto per ripicca, certo Gheddafi si è presentato con due ore di ritardo all’Università la Sapienza di Roma.
Sulla “lectio magistralis” che ha tenuto, è meglio stendere un velo pietoso, sia perché ha detto che la parola democrazia viene dall’arabo demos, che significa popolo, e da crazi che in arabo significa sedia, per cui il vero significato della parola sarebbe “il popolo seduto sulla sedia”, sia per un discorso che definire senza capo né coda sarebbe un giudizio positivo.
Gli altri momenti “provocatori” della visita di Gheddafi a Roma sono stati quelli in cui ha definito al Senato (Sala Zuccari) gli americani “terroristi” o quando ha teorizzato l’eliminazione dei partiti e delle elezioni; e quando si è fatto attendere 2 ore ad un convegno alla Camera organizzato dall’ex ministro degli Interni, Beppe Pisanu, e dall’ex ministro degli Esteri, Massimo D’Alema, suoi estimatori. Fini ha annullato il convegno e in serata Gheddafi si è scusato.
Eppure, questo leader caricaturale e folle è un personaggio con cui non si può non avere un rapporto perché la Libia è piena di petrolio e gas e anche perché può svolgere un ruolo nell’ambito della Lega Araba.
Rivedremo presto Gheddafi in Italia, al G8 de L’Aquila, e speriamo in una pausa delle sue stranezze.