Opera abusiva ed onere della prova
Spetta “al privato richiedente, e non all’amministrazione, l’onere di dimostrare la data di esecuzione delle opere abusive allo scopo di fruire dei benefici riconosciuti dalla normativa speciale in materia di sanatoria edilizia; ciò, perché, in omaggio al principio di vicinanza degli strumenti di prova (art. 2697 c.c.), solo l’interessato può fornire inconfutabili documenti che siano in grado di radicare la ragionevole certezza dell’epoca in cui l’abuso è stato realizzato; conseguentemente, in difetto di siffatta prova, l’amministrazione ha il dovere di negare la sanatoria dell’illecito edilizio”. Così il Tar del Lazio, con sentenza n. 8927 del 6.5.2024.
Permesso di costruire e certificato di agibilità
“L’illiceità di un immobile sotto il profilo urbanistico-edilizio non può essere in alcun modo sanata dal conseguimento del certificato di agibilità. Il permesso di costruire e il certificato di agibilità sono infatti collegati a presupposti diversi, non sovrapponibili fra loro, in quanto il certificato di agibilità ha la funzione di accertare che l’immobile sia stato realizzato secondo le norme tecniche vigenti in materia di sicurezza, salubrità, igiene e (oggi) risparmio energetico degli edifici e degli impianti, mentre il titolo edilizio è finalizzato all’accertamento del rispetto delle norme edilizie ed urbanistiche. Il rilascio del certificato di abitabilità non preclude quindi agli uffici comunali la possibilità di contestare successivamente la presenza di difformità rispetto al titolo edilizio (…). In sostanza, la verifica di conformità edilizia effettuata ai fini del rilascio di tale certificato è svolta esclusivamente (…) nei limiti necessari a inferire l’assentibilità dell’agibilità; restando diverso e distinto il profilo della piena conformità edilizia in quanto tale, sul piano dei titoli edilizi, che non può ricavarsi da un incidentale accertamento compiuto in sede di rilascio della licenza di agibilità”. Così il Consiglio di Stato, con sentenza n. 3610 del 22.4.2024.
Garanzia per vizi
“In tema di garanzia per i vizi della cosa venduta, di cui all’art. 1490 c.c., qualora il venditore si impegni ad eliminare i vizi e l’impegno sia accettato dal compratore, sorge un’autonoma obbligazione di facere, che, ove non estingua per novazione la garanzia originaria, a questa si affianca, rimanendo ad essa esterna e, quindi, non alterandone la disciplina. Ne consegue che, in tale ipotesi, anche considerato il divieto dei patti modificativi della prescrizione, sancito dall’art. 2936 c.c., l’originario diritto del compratore alla riduzione del prezzo ed alla risoluzione del contratto resta soggetto alla prescrizione annuale, di cui all’art. 1495 c.c., mentre l’ulteriore suo diritto all’eliminazione dei vizi ricade nella prescrizione ordinaria decennale”. Così la Cassazione, con ordinanza n. 12809 del 10.5.2024.
Dr. Paolo Gasparini