Giuseppe Di Stefano, natio di Ramacca in Provincia di Catania, sposato e padre di 2 figli, arriva a Ginevra negli anni ottanta insieme a tanti altri italiani che hanno fatto la stessa scelta dell’emigrazione. Da giovane manovale, nella copertura dei soffitti sugli immobili, ha percorso una strada che lo ha portato nell’imprenditoria dell’alta orologeria e non solo.
Apparentemente una storia come di tanti altri connazionali che si sono distinti durante gli anni di emigrazione e poi naturalizzati, ma quella di Giuseppe Di Stefano si differenzia per i plurimi interessi imprenditoriali che non si arrestano solamente all’orologeria.
È stato un piacere incontrarlo per farci raccontare la strada che lo ha portato al successo.
Dalla tua bella Sicilia cosa ti ha spinto a Ginevra?
Il motivo principale della mia partenza dalla Sicilia, non è stato la ricerca di un lavoro, bensì la fortuna di aver trovato l’amore. Il cuore ha seguito colei che oggi è la madre dei miei figli e alla quale devo ringraziare se oggi sono qui a Ginevra.
Come hai vissuto il tuo arrivo a Ginevra?
All’inizio non è facile e semplice per nessuno, soprattutto dopo aver lasciato tutti gli affetti famigliari e gli amici del mio paese natale, come non lo è stato neanche per me. Al contrario di coloro che sono arrivati e non avevano nessuno, io ho avuto la fortuna di avere e lavorare con mio fratello che mi ha permesso una più rapida e facile integrazione in questo bel Paese che è la Svizzera.
Cosa ti ha dato l’Italia che ti sei portato dietro?
Una bella valigia di valori, educazione e savoir-faire appresi dalla mia famiglia che, nell’arco della mia vita, mi sono stati d’aiuto anche perché in sintonia con un’educazione civica molto presente a Ginevra e in Svizzera.
Oggi possiamo definirti un imprenditore autodidatta in terra ginevrina, come sei arrivato al successo imprenditoriale?
Dopo aver lavorato 15 anni ed imparare il mestiere nella copertura dei soffitti negli immobili, in seguito ad incidente di moto. Come prevede il sistema previdenziale svizzero, sono stato chiamato a riadattarmi in un altro mestiere. Posso dire che nella sfortuna ho avuto la fortuna d’imparare il mestiere nell’orologeria, anche incastonatore di diamanti. In seguito, ho aperto la mia propria Società in Svizzera: la STG Creation SA.
Cosa consiste esattamente la tua professione, di cosa ti occupi?
La creazione e realizzazione di orologi dell’alta moda è la mia principale occupazione con la STG Creation SA. Pertanto, sono convinto che nella vita bisogna anche saper rischiare ed avere il coraggio di guardare l’orizzonte nelle diverse sfaccettature. Sulla basi di tali convinzioni, grazie alla volontà e alla perseveranza, mi sono lanciato anche nella restaurazione italiana, un settore che mi ha sempre appassionato.
Cosa consiglieresti alla nuova generazione che vorrebbe specializzarsi nel settore dell’orologeria o nell’imprenditoria in genere?
Per i giovani potrebbe essere un mestiere molto interessante, soprattutto per coloro che amano il lusso. Anche mio figlio si è appassionato alla mia professione. Oggi lavora alla Rolex, nel settore realizzazione di orologi. Al dir il vero è stata una sua libera scelta e di questo ne sono fiero.
Per fare questo o un altro mestiere, a mio parere, si deve partire carichi di passione, umiltà e onestà, solo con questi valori si può, con la giusta perseveranza, immaginare di avere un futuro imprenditoriale. L’importante nella vita è capire che quello che si fa, si debba fare con convinzione e sentimento.
Cosa ti manca maggiormente della terra che ti ha dato i natali?
Mi reco spesso in Italia e non solo in Sicilia. Ho nostalgia soprattutto di quell’affezione famigliare che è difficile ritrovare qui in Svizzera o altrove. Anche se devo ammettere che i tanti amici che si sono dimostrati come tali, hanno colmato questa affezione famigliare che, nel passato, è venuta a mancare. Sta di fatto, che Ginevra non mi fa mancare l’Italia anche perché viaggio spesso nel mio Paese natale per diversi motivi.
Il tuo successo ha spinto la dirigenza SAIG ha nominarti una delle eccellenze italiane del 2020, con quale spirito hai appreso questa nomina?
Sono rimasto piacevolmente stupito e meravigliato di questa nomina che la SAIG mi ha rivolto, ne sono veramente molto onorato. Ringrazio le persone che hanno creduto in quello che faccio e spero di essere all’altezza delle aspettative, della SAIG e di tutti coloro che nutrono simpatia nei miei confronti.
Quali progetti hai per il futuro?
I miei progetti futuri? Penso che siano come quello di tanti altri genitori, ovvero, quello di lasciare un impronta ma non tanto alle nuove generazioni ma piuttosto ai miei figli per poter dare a loro l’occasione di continuare qualcosa che è stato creato da me. Mancano ancora 8 anni sarò in pensione, spero di poter continuare a viaggiare per avere il piacere di visitare tutta l’Italia, cosa che oggi non sono ancora riuscito a fare veramente a causa del lavoro.
Umiltà, orgoglio, onore, onestà, perseveranza sono i valori che Giuseppe Di Stefano evoca nei suoi propositi, valori incontestabili che indicano una strada, un percorso per le nuove generazioni, sicuramente difficile, magari con qualche passaggio sofferente, ma è una strada che è stata percorsa da tanti e sicura da tutte le tentazioni del “Vicolo cieco”.
Le storie vissute come quelle di Giuseppe Di Stefano, non fanno che accrescere il potenziale professionale del savoir faire e la rappresentatività del Made in Italy nel Mondo. Molti di loro si rivelano motivo di orgoglio nazionale, spesso non abbastanza valorizzato dalla Madre Patria, che tracciano la strada del successo per permettere alle nuove generazioni di avere fiducia e credere nel proprio spirito inventivo e potenziare la propria laboriosità.
Intervista a cura di
Samantha Gatto e Carmelo Vaccaro