Il referendum su questioni che riguardano la giustizia è stato fatto. Il risultato? Scontato. O comunque per lo meno ampiamente preannunciato da ciò che ha preceduto lo stesso referendum: l’assoluto disinteresse.
Molti elettori erano completamente all’oscuro, la promozione di questo referendum è stato quasi pari a zero, se non proprio nei giorni che lo hanno preceduto. Davanti ai dati fallimentari sia per risultati che per interesse, Calderoli della Lega parla di “concause” volutamente create ad hoc – pronuncia proprio la parola “complotto” – per non far raggiungere il quorum. A cosa si riferisce il senatore del Carroccio quando parla di concause? Tra i primi motivi del fallimento a cui potrebbe riferirsi Calderoli, dopo il quasi inesistente dibattito politico sugli argomenti in questione, vi è la scelta di fare un Referendum abrogativo il 12 di giugno, ovvero un giorno di inizio estate senza le dure restrizioni Covid: ma chi avrebbe mai “sacrificato” una bella domenica di mare o di svago per un referendum di cui ha sentito poco e nulla?
Un’altra concausa che ha gravato sul flop di questo referendum potrebbe essere l’esposizione dei quesiti stessi fatta con un linguaggio così impregnato di tecnicismi che ne rende difficile la comprensione, cosa che scoraggia e irrita non poco chi deve esprimere una propria preferenza. Ma questo è anche un punto molto dibattuto e che riguarda in generale tutti i referendum italiani. Tra gli italiani che da tempo vivono all’estero (magari esposti a quesiti referendari più semplici dei Paesi in cui vivono) c’è una lamentela ampia proprio sulla difficoltà di comprendere i quesiti referendari italiani che si è ripresentata puntuale per quest’ultimo.
È vero però che si trattava di argomenti definiti “troppo tecnici”, per cui era difficile esporli diversamente senza incorrere nel rischio di cadere in descrizioni troppo semplicistiche. Dunque l’errore principale potrebbe essere quello di proporre alla popolazione delle problematiche che dovrebbero essere proprie del Parlamento. Perché quando si tratta di argomenti che toccano da vicino gli italiani, l’affluenza dà diversi risultati. Pensiamo al referendum costituzionale del 20 settembre 2020 per confermare la riforma sulla riduzione del numero dei parlamentari e per la quale si è registrata un’affluenza alle urna di circa il 53%.
Dunque, nessun complotto per annullare la partecipazione al referendum sulla giustizia, la verità è che un referendum risulta valido quando è composto da domande chiare che incrociano le esigenze della popolazione, solo in questo caso si produrrebbero risultati di affluenza ben diversi dall’esiguo 20,95% di questo sulla giustizia (dato record!).
A proposito di Giustizia: adesso che “giustizia” è fatta, a quanto i referendum su eutanasia e cannabis?
Redazione La Pagina