Non è stata un’esecuzione come tante altre. La storia di Teresa Lewis, messa a morte in Virginia, ha lasciato il segno e trova spazio il giorno successivo nei media Usa, sulla grande stampa e in tv.
Ripercorriamo alcuni dei minuti precedenti l’esecuzione.
Teresa Lewis aveva ricevuto la visita dei suoi figli, del suo legale e di un prete. Per il suo ultimo pasto ha chiesto pollo fritto, fagiolini, un dolce al cioccolato e una crostata alle mele. Poi ha fatto una doccia ed è stata trasferita nella camera della morte.
Prima di ricevere l’iniezione, la Lewis ha chiesto se la figlia fosse presente. “Quindi – ha spiegato il portavoce del carcere – ha detto di amarla e di essere molto dispiaciuta per lei”. “Quando è entrata nella stanza – ha raccontato uno dei quattro giornalisti che ha assistito all’esecuzione – ha alzato gli occhi, guardandosi intorno, terrorizzata. Alcuni ufficiali hanno cercato di calmarla accarezzandole le spalle”.
Tre diversi medicinali l’hanno portata dalla vita allo stato catatonico e all’arresto cardiaco. “Non ci sono state complicazioni”, ha spiegato Larry Traylor, portavoce delle autorità penitenziarie locali.
E su questa vicenda è tornato alla carica anche il Presidente iraniano Mahmud Ahmadinejad che si è chiesto come mai, “se accade negli Usa è accettabile, va tutto bene”, mentre la minaccia della lapidazione di una donna iraniana “mostra il lato più oscuro dell’Iran, dove non si rispettano i diritti delle donne”.
Ma al di là di questa ennesima provocazione, la tragica fine di questa disabile di 41 anni non commuove più di tanto l’America, ormai assuefatta alle esecuzioni capitali.
Il fatto che sia stata uccisa una donna, la prima dal 2005, e che neanche il ritardo mentale le abbia salvato la vita, ha certo provocato maggiore attenzione.
Ma nessuno sdegno, né una ripresa delle polemiche contro questa forma di punizione estrema. A protestare, fuori dal Greensville Correction Center, solo una trentina di persone, per la maggior parte non persone comuni, ma militanti abolizionisti della pena di morte ormai a pieno servizio.
Nel pratone, a mezzo chilometro dalla stanza della morte di Teresa, c’era una signora di oltre sessant’anni, giunta in treno da New York.
“Sono partita stamattina presto, ho impiegato oltre otto ore ma oggi dovevo essere qui”, racconta mostrando i suoi cartelli.
Capelli bianchi, claudicante, è un’avvocato penalista in pensione, esperta nella difesa di persone accusate di reati punibili con la pena capitale. Ha già manifestato contro la pena di morte altre 14 volte, in tantissimi Stati.
Questa in Virginia è la sua quarta protesta. Del resto questo è lo Stato secondo solo al Texas nella macabra classifica delle esecuzioni. “Quella di Teresa è una storia raccapricciante. Una barbarie indegna dell’occidente, del mondo civilizzato a cui tutti noi apparteniamo. La pena di morte è una vendetta di Stato che non risolve nulla, non allevia nessun dolore. Anzi lo fa aumentare. A un lutto, aggiunge nuovi lutti, quelli dei suoi figli e dei suoi amici”, spiega indignata. Attorno a lei altre persone annuiscono. Nei minuti in cui il boia iniettava la sostanza letale nelle vene di Teresa Lewis, i protestanti si sono scatenati suonando ogni tipo di campane.
Ma erano distanti, tenuti lontani da uno schieramento di guardie armate. E il loro chiasso, diventava un flebile rumore di fondo, quasi impercettibile dai microfoni delle tante tv che con le loro parabole hanno assediato il carcere sin dalla prima mattina.
Sono state loro, le televisioni, con la loro informazione continua, ad aver fatto diventare la vicenda di Teresa un caso nazionale.
Per la Cnn era presente Brian Todd, uno degli inviati di punta, volto noto del primo all-news channel. Ma anche Abc, Nbc e Cbs si sono lanciate a capofitto sulla storia. E di Teresa ha parlato anche la stampa nazionale. Il Wall Street le ha dedicato infatti un titolo in prima pagina.
Il Washington Post, sempre in prima, un titolo neutro, a tutta pagina, taglio medio: “Donna della Virginia, messa a morte per omicidio del 2002”. E, nell’attacco, si ricorda che è la prima donna ad essere uccisa dal boia in Virginia dopo quasi un secolo.
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