Il primo a lanciare l’allarme è stato, circa una settimana fa, Giampaolo Pansa, che ha scritto che vedeva, seppure per fortuna ancora solo “in lontananza” lo stesso clima di odio che c’era agli inizi degli anni Settanta e che condusse poi alle gambizzazioni, ai sequestri e alle uccisioni, in una parola alla voce della P38.
Questo clima di odio il noto giornalista e scrittore lo ha vissuto sulla propria pelle in seguito alla pubblicazione di una serie di libri sul tempo della Resistenza (e anche dopo).
L’aver giudicato anche i lati oscuri della Resistenza o piuttosto di coloro che all’ombra della Resistenza consumarono vendette personali o ideologiche è valso a Giampaolo Pansa – uomo di sinistra dichiarato, che non ha “mai votato Berlusconi e mai lo voterà” – un ostracismo fatto di contestazioni, di minacce, di avversione.
All’indomani dell’allarme sul clima di delegittimazione, di odio e di demonizzazione dell’avversario che regna oggi in Italia, viene scoperto il messaggio che Matteo Mezzadri, coordinatore di un circolo Pd e membro della segreteria provinciale di Modena, ha affidato a Facebook, dove si chiede perché qualcuno “non sia in grado di ficcare una pallottola in testa a Berlusconi”. Quando il messaggio è diventato di dominio pubblico, il giovane si è dimesso spontaneamente e pare si sia accorto della enorme stupidata commessa, ma il fatto è indicativo del clima di odio di cui da quindici anni ormai è fatto oggetto il presidente del Consiglio, al quale parlamentari e leader dell’opposizione, giornalisti e intellettuali indirizzano insulti tipo “porco”, “corruttore”, “delinquente”, “ominicchio”, “mafioso”, con la pretesa che questi debba tutto accettare senza reagire ricorrendo alla giustizia.
È davvero un clima pericoloso questo che si sta vivendo in Italia, dove se il premier dice alla Bindi – che da anni lo sbeffeggia e gli rivolge parole e giudizi irriverenti – “Lei è più bella che intelligente”, viene sobissato di accuse addirittura di razzismo e diventa oggetto di pubblici processi in tv; se invece D’Alema insulta il ministro Brunetta qualificandolo di “energumeno tascabile”, alludendo alla sua altezza, nessuno apre bocca. Lo stesso D’Alema, poi, è stato oggetto di giudizi sprezzanti da parte di esponenti del suo stesso partito perché giorni prima aveva stretto niente meno che la mano al premier e si era brevemente intrattenuto con lui a parlare.
Se la “sparata” di Matteo Mezzadri può essere considerata una goliardata, non può dirsi lo stesso delle minacce di morte a Berlusconi, Bossi e Fini fatte recapitare sabato scorso a Il Riformista dalle “Brigate rivoluzionarie per il comunismo combattente”.
Agli inizi degli anni Settanta il terrorismo crebbe perché il clima politico e sociale era inzuppato di odio. Le lezioni della Storia vanno imparate: il rispetto reciproco, pur nella diversità delle idee, prima che uno degli ingredienti di una vera democrazia, è un fatto di educazione e di civiltà.
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