L’Amministrazione americana ha ufficialmente deciso di inviare altri 30-33 mila soldati in Afghanistan per “finire l’opera”. Contemporaneamente ha annunciato il ritiro entro il 2013 ed ha invitato gli altri Paesi dell’alleanza ad aumentare il loro contingente per arrivare ai 40 mila soldati in più chiesti dal generale Stanley McChrystal a sostegno della nuova strategia per sperare in una vittoria.
Alcuni altri Paesi importanti dell’alleanza hanno cominciato a frapporre ostacoli di varia natura per dire no ad un aumento. Tra chi, in Europa, ha negato altri soldati ci sono la Francia e la Germania; l’Olanda ha addirittura dichiarato che ritirerà i suoi 2100 soldati, al pari del Canada, meno 2800.
L’Italia ha risposto subito dicendosi pronta a inviare mille uomini in più, i cui costi saranno compensati dai ritiri da altre zone di missioni internazionali di pace. È una prova di “maturità”, come l’ha definita Franco Venturini sul Corriere della Sera, per almeno due buoni motivi. Il primo è che l’Italia offre il suo aiuto agli Usa e dimostra così di credere nella sua strategia di vittoria e vuole perciò dare il suo appoggio a questo obiettivo; il secondo è che riafferma con gli atti e non solo con le parole i legami di amicizia con gli Usa.
Nei giorni scorsi alcuni commentatori ed esponenti politici hanno storto il naso di fronte alla visita di Berlusconi in Bielorussia dove il premier italiano ha incontrato il presidente Alexander Lukashenko, definito da Bush “l’ultimo dittatore europeo”.
Il presidente della Bielorussia da 12 anni è un capo di governo isolato dal resto del mondo. Solo recentemente l’Ue ha tolto per lui il divieto di ingresso nei suoi confini. Incontrandolo, il premier italiano ha rotto il ghiaccio e per questo ha ricevuto l’aperto e accorato ringraziamento di Alexander Lukashenko.
Emma Bonino ha giudicato la politica estera italiana “misteriosa”; Casini ha parlato di “sbigottimento”; Fassino di “incredulità”. La realtà è che la politica estera dell’Italia non è fatta solo di dichiarazioni di principio e delle giaculatorie del richiamo all’amicizia e alla fedeltà agli Usa, ma è fatta anche di interessi commerciali ed economici a favore delle imprese e dell’occupazione che ne deriverà ai lavoratori italiani e in definitiva all’economia nazionale. Prima della visita in Bielorussia il premier è stato nei Paesi arabi e nessuno ne ha parlato o ha avuto nulla da ridire. Con gli esponenti arabi e con il presidente della Bielorussia il presidente del Consiglio ha fatto proprio gli interessi economici e commerciali dell’Italia e delle sue industrie. Come si sa, gli Usa e la Cina sono due Paesi all’opposto per quanto riguarda il sistema politico-democratico ma non per questo gli Usa hanno rinunciato a un’intesa globale bilaterale con la Cina, dove i diritti umani sono calpestati. In nome degli interessi nazionali – i cui risultati si vedranno fra un certo numero di anni – il presidente del Consiglio ha fatto lo stesso sia con i Paesi arabi che con la Bielorussia, allo stesso modo come li ha fatti dichiarando da subito la disponibilità ad offrire altri mille soldati da inviare in Afghanistan, ricevendone il ringraziamento ufficiale da parte di Obama.