Le Associazioni, già dai tempi delle prime emigrazioni, hanno avuto sempre un ruolo determinante per la nostra collettività all’estero e, quelle rimaste, continuano ad aggrapparsi a quel cordone ombelicale che le lega al luogo d’origine. Inoltre, si sono rivelate un punto di riferimento per dare impulso alla cultura italiana, un punto di incontro tra la vecchia e la nuova emigrazione sino al progressivo arresto di quest’ultima. Purtroppo, da qualche hanno gli italiani, per vari motivi, ha ripreso ad emigrare con una realtà diversa, dove il progresso accomoda tutti nella vicina Italia.
Oggi le Comunità italiane sparse per il Mondo, e non fa eccezione neppure quella di Ginevra, hanno una diversa concezione “dell’emigrato”. Siamo ormai cosi integrati nella società locale al punto di pensare nella lingua del Paese d’accoglienza, questo grazie all’ospitalità ricevuta che ci ha permesso una rapida integrazione e la possibilità di garantire un futuro ai nostri figli. Da parte nostra, abbiamo importato le nostre radici, il nostro modo di essere, con pregi e difetti. Abbiamo fatto scoprire l’Italia nel Mondo. Ma tutto questo a che prezzo? La separazione dalla famiglia rimasta in Patria, a cui abbiamo cercato di porre rimedio creandoci un piccolo spazio nella mente per custodire i ricordi dei volti più cari. Ci siamo persi tanti momenti significativi, come il piacere di veder spuntare il primo capello bianco di nostra madre o le rughe sempre più profonde di nostro padre. In molti diranno che la nostra è stata una libera scelta, ma come dare oggi ancora un significato ragionevole a questa scelta di vita?
Non esistono ricette già pronte per il “cambiamento” ma rimanere inoperosi ed assistere alla perdita di importanti rappresentanti della comunità italiana, quali sono le Associazioni Regionali, provinciali o nazionali, è deprecabile!
Come possiamo contrastare questa deriva alquanto demoralizzante? Ragionando sui problemi che producono la mancanza d’interesse dei nostri figli e la sterilità d’azione che ne consegue. Particolare attenzione dovrebbe essere data, anche solamente in specifiche occasioni, a quelle realtà associative che stentano a promuovere la propria figura e la propria esistenza. Dovremmo sentirci tutti in dovere di stringere legami sempre più saldi e di aiutarci reciprocamente, dovremmo sentire la necessità di stare insieme allo scopo di mantenere integro il bagaglio culturale che abbiamo ereditato dai nostri predecessori per trasmetterlo alle generazioni future.
Ripensiamo agli ideali ed azioni per incoraggiare l’avvicinamento delle nuove generazioni al mondo dell’associazionismo, creando una realtà associativa che rispecchi le loro esigenze.
Il tema potrebbe essere quello per cui i nostri antenati hanno creato queste Associazioni: riuscire a trascinare nella discussione di idee, progetti, opinioni, attraverso la promozione delle Istituzioni scolastiche italiane presenti e attraverso la promozione della cultura italiana.
In questa chiave, e tenendo ben lontani i nostri egoismi personali, occorre occuparsi di cose concrete, servono progetti attendibili di come riavvicinare le giovani generazioni al mondo delle Associazioni, facendo conoscere la loro storia, le loro tradizioni, la loro cultura, le loro molteplici iniziative volte a continuare il lavoro incominciato dai primi emigrati italiani che s’incontravano per parlare una lingua comune. Prima per sentirsi più vicini alla madre Patria e poi, forse anche casualmente, queste necessarie unioni sono diventate veri araldi dell’Italia all’Estero.
Un’idea che potrebbe essere concretizzata sarebbe quella di motivare le nostre discendenze, uscendo fuori degli schemi tradizionali e proponendo temi che interessano davvero il mondo giovanile. Potrebbe sembrare un utopia, ma che male ci sarebbe sognare l’unione di un popolo fuori dalle frontiere della propria Patria. Proposte e progetti che riescano a dare risposte concrete alle esigenze più significative, per non perdere la speranza che l’italianità all’Estero e per far sì che non subisca una recessione difficilmente recuperabile. Lasciare da parte il solito campanilismo italiano che tende solo all’autodistruzione, oppure, cercare di occupare figure rappresentative di cui non si ha la capacità o la voglia di produrne risultati utili per il bene comune.
Non è necessario pensarla tutti, e su tutto, nello stesso modo, ma bisogna condividere l’esigenza comune di uscire da una logica tradizionalista per il bene di quella Comunità italiana che non aspetta altro che di sentire il contatto reale con le proprie appartenenze regionali e nazionali, attraverso associazioni rappresentative e che devono continuare a rimanere il futuro dell’Italia nel Mondo.
Uniti si vive meglio!
Carmelo Vaccaro