
Mentre l‘italiano all‘estero medio – e con ancora cittadinanza valida – si appresta a fare il suo dovere di voto per il referendum dell’8 e 9 giugno (ricordate di inviare le schede entro il 5 giugno, secondo disposizioni) si accende tra i più patriottici la discussione attorno alla famigerata riforma della cittadinanza Iure Sanguinis, ovvero la riforma che modifica le disposizioni in materia di cittadinanza.
Cosa ha pensato bene di fare il Governo italiano con il D. L. 36/2025? Semplice, ha deciso di impedire la trasmissione automatica della cittadinanza italiana alle generazioni future all‘estero se i genitori sono in possesso della doppia cittadinanza. E, anche se molti adducono come motivazione l‘uso improprio delle richieste di cittadinanza italiana da parte di discendenti italiani dei paesi dell’America Latina, il provvedimento tocca e soprattutto penalizza l‘importante comunità italiana in Svizzera. Qui, oltre il 65% degli italiani ha il doppio passaporto e saranno i primi a vedersi privati della possibilità di trasmettere automaticamente la propria cittadinanza di origine.
Questo vuol dire che già i loro figli e ancora di più i loro nipoti, non avranno di diritto la cittadinanza italiana, ma dovranno guadagnarsela.
Il futuro “potenziale“ italiano dovrà saper parlare bene l‘italiano, che comunque male non fa. Ma dovrà essere attestato e certificato. Una possibilità, per chi ce l‘ha, è affidarsi alla mono-cittadinanza dei nonni, ovvero se il/la nonno/a ha esclusivamente il passaporto italiano può richiederlo per sua intercessione. La migliore è che i genitori una volta ricevuta la doppia cittadinanza dal paese in cui risiedono, devono legalmente e continuamente vivere in Italia per almeno 2 anni, ma prima della nascita del/la figlio/a potenziale italiano/a. Quindi, per esempio, un italiano in Svizzera che vive e lavora qui, una volta ricevuto il doppio passaporto, dovrà licenziarsi per due anni e vivere in Italia prevedendo che, un giorno, avendo figli vorrà trasmettergli la cittadinanza italiana?
Dunque, il governo italiano ci sta dicendo che avere una doppia cittadinanza non è più un valore aggiunto, ma penalizzante e noi italiani in Svizzera con doppio passaporto abbiamo meno diritti di chi ha solo il passaporto italiano, ovvero siamo meno italiani.
Tantissimi di questi “meno“ italiani che risiedono in Svizzera però ci tengono a mantenere i legami con l’Italia, come testimoniano le numerose comunità nate per tenere vivo il rapporto con le proprie origini. Per non parlare delle attività con cui gli italiani portano e diffondono il Made in italy all‘estero. L’estrema vicinanza geografica, inoltre, ci permette di tornare spesso in Italia, alimentando anche il turismo nostrano, cosí come molti di noi acquistano o tengono immobili in Italia per i quali pagano – non poche – tasse.
O vogliamo parlare di come certe cerimonie, come quella odierna, siano molto sentite e celebrate con solerzia e orgoglio grazie all‘attivismo e alla volontà delle istituzioni italiane in loco?
Puntuale il Consolato generale d’Italia a Zurigo pubblica online le foto della festa Nazionale della della Repubblica italiana di quest‘anno, celebrata a Lucerna, dove il console Mario Baldi ha premiato alcuni bambini che frequentano i Corsi di Lingua e Cultura italiana, molto probabilmente sono tra gli ultimi fortunati che hanno ricevuto la cittadinanza italiana per diritto di trasmissione, per assurdo saranno anche tra i primi che quasi certamente non potranno trasmettere la cittadinanza ai propri figli.
“Cari connazionali, auguro a tutti voi una buona Festa della Repubblica. Ovunque voi siate nel mondo, lì dove portate alto il nome dell’Italia con la tenacia del vostro esempio e la forza dei nostri valori“. Cosí inizia oggi il suo messaggio di auguri il ministro degli Esteri Antonio Tajani per celebrare la festa della Repubblica rivolgendosi agli italiani all‘estero, chissà se sono compresi anche quelli con doppia cittadinanza.
Buona festa della Repubblica a tutti, ai primi e gli ultimi, anche a chi ha la doppia cittadinanza, ma non per questo si sente meno italiano.
Redazione La Pagina