Il musical di Damien Chazelle fa l’en plein: sette statuette per sette nomination
La cerimonia di assegnazione dei premi per il cinema e la tv attribuiti dai 93 giornalisti dell’associazione della stampa estera di Hollywood, ha visto il trionfo del musical del regista di Whiplash, Damien Chazelle, che ha portato a casa ben sette Golden Globe, tanto quanto le nomination ricevute: miglior commedia, miglior regista, miglior sceneggiatura, miglior colonna sonora, miglior canzone originale, miglior attrice protagonista (Emma Stone) e miglior attore protagonista (Ryan Gosling). “La La Land” si conferma così il film dell’anno e guardando agli Oscar è ormai il favorito numero uno.
Ha battuto ogni record: è il film che ha vinto più premi nella storia dei Golden Globe, confermando la vera e propria passione dei giornalisti dell’Hollywood Foreign Press Association per i musical, sin da quella prima edizione del 1952, quando a vincere fu ‘Un americano a Parigi’ di Vincente Minnelli. Sul secondo gradino del podio il film francese ‘Elle’, di Paul Verhoeven, che si è aggiudicato due riconoscimenti, miglior film straniero e miglior attrice drammatica (Isabelle Huppert).
Miglior film drammatico si è invece laureato l’indipendente ‘Moonlight’, di Barry Jenkins. Miglior film d’animazione ‘Zootropolis’, mentre Viola Davis ha ritirato la statuette come miglior attrice non protagonista in ‘Fences’; miglior attore non protagonista invece Aaron Taykir-Johnson in ‘Animali Notturni’, mentre il premio come miglior attore drammatico va a Casey per la sua interpretazione in ‘Affleck in Manchester by the Sea’.
Premiata anche Meryl Streep, con il Cecil B. Demille alla carriera dopo trenta nomination e otto statuette. Durante la serata ha colto l’occasione per attaccare, senza mai nominarlo esplicitamente, il presidente eletto Donald Trump. Nel suo discorso ha infatti sottolineato l’importanza della diversità nel mondo dell’arte: “Se a Hollywood mandassimo via tutti quelli che non sono nati qui non ci resterebbe nulla da guardare se non il football e le arti marziali, che non sono propriamente arte”. E poi, riferendosi apertamente pur senza nominarlo al neopresidente ha continuato: “Quest’anno ci sono state tante performance importanti ma una in particolare mi ha colpito e non in positivo: quella in cui la persona chiamata a sedersi nel posto più rispettato del nostro Paese ha fatto l’imitazione di un reporter disabile, una persona che non poteva difendersi. Non riesco a non pensarci perché non era in un film, ma era vita reale. Quando questo istinto ad umiliare viene da un potente, è come se si desse il permesso ad altre persone di fare lo stesso: la mancanza di rispetto porta mancanza di rispetto, la violenza genera altra violenza”.
Trump ha liquidato le critiche con poche battute: “È una Hillary-lover”, ha risposto il presidente eletto in una intervista telefonica con il New York Times, spiegando di non aver visto il discorso della Streep, né la trasmissione trasmessa dalla Nbc e aggiungendo di “non essere rimasto sorpreso” di essere stato attaccato dalla “gente liberale del cinema”.