L’Europa di fronte alla sfida di una nuova unità
Hanno perso i giovani europei. I ragazzi che prendono l’Eurostar alla stazione di Saint Pancras la mattina presto per essere a Parigi o Bruxelles all’appuntamento con i coetanei delle grandi metropoli europee.
Ha perso il soffio della unità raccolto attorno alla statua della libertà di Place de la république a Parigi in cui sono permanentemente riuniti, dopo il barbaro attentato del 13 novembre 2015 al Bataclan, i giovani europei per difendere il messaggio di tolleranza e solidarietà tra i popoli dell’Unione.
Ha perso la Londra delle tante culture, il luogo del mondo ove l’umanità accorre a conoscere l’altro arrivato quassù, non si sa quando né da dove, per scoprire il mondo dei tanti colori e delle mille tradizioni di cui è ricca questa nostra terra.
Ha perso Jo Cox, la passionaria che ha immolato la sua vita a difesa del proprio Paese dai barbari che la vorrebbero isolare dal mondo e dal caduco dominio di novelli Cesari.
Ha perso il minatore, ormai vecchio e attempato, a cui la lady di ferro, Margaret Thatcher, tolse la libertà di aggredire e violentare il black diamond nel tradizione dei padri e dei nonni e nonostante che i lavoratori del mondo accorsero a sostenere la sua lotta.
Hanno perso i contadini del Galles e dell’Inghilterra profonda che, pur in un lontano passato, seppero accogliere i guerrieri stanchi di combattere una guerra sbagliata e criminale nel delta del Mekong raccogliendo l’appello del pugile ribelle “The Greatest Muhammad Ali”.
Ha perso l’Inghilterra, la Scozia, il Galles, l’Irlanda del Nord, membri del Regno Unito dimentico dell’insegnamento della storia del novecento.
Hanno perso i diseredati del mondo, dall’Africa alle terre insanguinate del Medio Oriente e dell’Asia, a cui La Gran Bretagna e l’Europa sembrano negare la possibilità di intervento e sviluppo nei loro Paesi e l’accoglienza umana nel continente europeo
Ha perso l’Europa tutta, accecata dalla rinascita di nazionalismi primitivi portatori di future sciagure disgregatrici.
L’Europa ha perso l’anima e lo spirito innovatore dei padri fondatori, ammaliata dal miraggio del pollaio amico, disarmata e inconsapevole dell’approssimarsi di famelici predatori.
E ha perso, infine, il nano Cameron, l’uomo politico chiamato a dirigere la Gran Bretagna nel momento più delicato della sua storia. Per una pura sete di potere personale, nell’eterna lotta all’interno del partito conservatore tra isolazionisti ed europeisti, ha promesso un referendum per l’appartenenza o non all’Unione.
Ha accontentato i due campi contrapposti. Ha vinto le elezioni.
Ha perso la sfida del futuro del Regno Unito.
Sia ben chiaro: non è in discussione il diritto dei popoli europei a decidere del loro destino. E pur tuttavia ciò è auspicabile, e persino necessario, al seguito di una profonda riflessione sul perché e per come del processo unitario, avversario delle improvvisazioni che parlano agli egoismi nazionali e alle paure dei popoli.
Hanno vinto i demagoghi, nostalgici di un impero vittoriano estinto nella notte dei tempi.
E i loro epigoni ben presenti in continente: nei Paesi Bassi , in Danimarca come in Belgio, in Ungheria e Polonia, o nella Francia di Marine Le Pen.
Inutile sembrami dover parlare del nostri, l’attila Salvini dei miserabili a cui non sembra vero poter risorgere dall’oblio a cui è destinato cavalcando le armate dei proconsoli padani in marcia verso l’odiata Bruxelles.
Hanno vinto tutti all’infuori del continente europeo.
Le grandi potenze planetarie, America e Cina in primis, oltre alla Russia, a cui non sembrerà vero di poter concorrere alla spartizione del vecchio continente nella sfida per accaparrarsi le spoglie migliori.
La disgregazione e il declino dell’Europa non sono, tuttavia, ineluttabili.
Gli statisti al governo delle nazioni europee sono chiamati alla sfida secolare per sfuggire al destino del disfacimento dell’Unione.
Dal messaggio dei grandi europeisti, da Robert Schumann, Alcide De Gasperi, Jean Monnet, Konrad Adenauer, Altiero Spinelli, scaturì la scintilla dell’unità e della convivenza dei popoli europei realizzata nello storico accordo di Roma nel 1957.
Buon lavoro, responsabili politici dell’Unione ferita.
Guardano a voi con la residua speranza rimasta tutti quelli che ancora sognano il futuro avvento di una Europa solidale e unita, protagonista planetaria nei destini dell’umanità dei secoli a venire.