
“Bimbominkia”, “cialtrone” e “ridicolo”: questi sono alcuni degli epiteti con cui il partito di maggioranza parla del vicepremier e ministro dei trasporti Matteo Salvini. Ma se queste chat private sono diventate un libro imbarazzante per la maggioranza di Governo, ben più pericoloso è il caso “Paragon” e del software di hacking utilizzato per spiare decine di persone, in particolare giornalisti e attivisti, anche italiani
Mentre la destra al Governo sta provando in tutti i modi a divincolarsi da quel brutto affare del caso Almasri, arriva una nuova doccia fredda che mina la tanto decantata compattezza all’interno della maggioranza di Governo. Tutto è svelato nel libro di un giornalista de Fatto Quotidiano, Giacomo Salvini, dove si possono leggere le private chat del partito di governo, con Giorgia Meloni in prima linea che si diletta, insieme agli esponenti di Fratelli d’Italia, a commentare il collega Matteo Salvini e la Lega.
In realtà sono scambi di messaggi che vanno dal 2018 – quando ancora Lega e FdI non erano alleati – fino al 2024, quando è stata definitivamente chiusa, anche se Meloni aveva smesso di scrivere prima, cioè dal momento in cui aveva formato il Governo con i suoi alleati, tra cui proprio la Lega.
Nonostante questo, la Chat è venuta fuori ugualmente attraverso il lavoro del giornalista Giacomo Salvini, che ha pubblicato un libro dal titolo eloquente: “Fratelli di chat”.
Le chat imbarazzanti
Tra le rivelazioni del Libro del giornalista del Fatto Quotidiano, spicca in modo particolare un certo accanimento nei confronti del leader della Lega, che viene descritto con aggettivi non così rispettosi: “Un ministro bimbominkia”, “un cialtrone”, “ridicolo”, “disadattato”, “poveretto”, “incapace”, “un Renzi di destra”, un politico che fa “accordi sottobanco con Renzi per il cognato Denis Verdini”. Ma non solo, dalla chat vengono fuori pareri assolutamente denigranti nei confronti della Lega, considerato un partito che “non ha onore” e “non rispetta la parola data”.
Nel febbraio 2020 si legge: “Secondo me il messaggio che va fatto passare, che è la verità, è che la Lega è un partito che non mantiene la parola data. Hai voglia a fare il partito di destra se non hai onore” scriveva la Premier Meloni e nel 2018 invece sosteneva che “sulla cosa delle accise Salvini dovrebbe andare a nascondersi”. Uno degli ultimi messaggi trafugati dalla chat di partito della Presidente del Consiglio sul suo vicepremier riguarda proprio la sua mansione di ministro dei trasporti: “Ah sì il blocco delle linea. Ma sono molto soddisfatta invece. Pensavo saremmo tornati al dorso di mulo e invece ci sono ancora i treni dopo due anni…”.
La chat, inoltre, porta alla luce la devozione sempre attuale per Benito Mussolini considerato un “gigante” con la G maiuscola dall’attuale ministro per Affari europei, Tommaso Foti, così come traspare una palese difficoltà del partito di Meloni nel prendere le distanze dal fascismo.
Caso “paragon”: spionaggio ad alti livelli
La chat compromettente del libro “Fratelli di chat” è la questione che sta imbarazzando la maggioranza di Governo, ma quasi contemporaneamente scoppia il cosiddetto caso “Paragon”, ovvero il caso del software di hacking di livello militare di produzione israeliana, utilizzato anche dal Governo italiano per spiare decine di persone, tra cui il direttore di Fanpage, Francesco Cancellato, il primo che denuncia il fatto.
Succede infatti che Cancellato riceve un messaggio da Meta con cui viene avvisato che lo spyware di Paragon era stato utilizzato per spiare le sue chat private. Lo stesso messaggio di notifica raggiunge Luca Casarini, l’attivista capo missione di Mediterranea e con lui altri membri di Mediterranea. “A dicembre – si legge – WhatsApp ha interrotto le attività di una società di spyware che riteniamo abbia attaccato il tuo dispositivo. Le nostre indagini indicano che potresti aver ricevuto un file dannoso tramite WhatsApp e che lo spyware potrebbe aver comportato l’accesso ai tuoi dati, inclusi i messaggi salvati nel dispositivo”.
Chi ha spiato i giornalisti e gli attivisti italiani?
Paragon avrebbe venduto il software a numerosi Stati, con l’impegno però di limitare i controlli escludendo proprio giornalisti e attivisti. In Italia il prodotto sarebbe andato a due agenzie di sicurezza “un’agenzia di polizia e un’organizzazione di intelligence”, con le quali però la società israelianaParagon Solutions, ha deciso di interrompere immediatamente il contratto, come riferiscono media internazionali come il ‘Guardian’ britannico e l’israeliano ‘Haaretz’. Inoltre Paragon ha chiesto all’Italia di rispondere alle accuse e di fornire loro dettagli sul presunto hacking.
Sulla questione è insorta l’opposizione che ha chiesto un’informativa urgente al Governo e sono state presentate diverse interrogazioni in merito.
In tutto questo Palazzo Chigi ha diffuso una nota nella quale conferma che sette italiani sono stati vittime di un attacco hacker attraverso uno spyware diffuso sui relativi dispositivi attraverso WhatsApp, il sistema di messaggistica di casa Meta, ma il Governo, però, smentisce un coinvolgimento ed “esclude che siano stati sottoposti a controllo da parte dell’intelligence” i soggetti tutelati dalla legge sui servizi segreti, “compresi i giornalisti”. “Trattandosi di una questione che il governo considera di particolare gravità – continua la nota -, è stata attivata l’Agenzia per la Cybersicurezza Nazionale”.
L’ordine dei Giornalisti: bisogna difendere la libertà di informazione
Non si è fatta attendere la nota di risposta del Comitato Esecutivo del Consiglio nazionale dell’Ordine dei giornalisti, dove si legge: “Prendiamo atto delle dichiarazioni del Governo che ha escluso lo spionaggio a danno di giornalisti, ma serve chiarezza sul rapporto della società israeliana Paragon Solution con gli apparati dello Stato italiano, le sue committenze in Italia e la notizia riportata dal Guardian della rescissione del contratto per violazione dei termini di servizio”. L’atto appare come un attacco alla libertà di informazione, continua la nota, perché “intercettare tramite spyware i giornalisti non solo è inaccettabile e contrario al principio di libertà di stampama è anche vietato dalla legge. Il Media Freedom Act, il regolamento europeo sui media, è vincolante per gli stati membri e sancisce il divieto di intercettare, soprattutto con i software-spia, i giornalisti, salvo casi di estrema gravità”. Infine nella nota l’Ordine dei giornalisti denuncia che “la vicenda che ha interessato il direttore di Fanpage, cui va la solidarietà dell’Ordine, segue quella emersa con l’inchiesta Equalize, ci ricorda il caso di Nello Scavo e di altri colleghi che si sono ritrovati spiati tramite sofisticati programmi immessi nei loro telefoni. La libertà di informazione è un diritto costituzionale e va difesa in tutti i suoi aspetti”.
Redazione La Pagina