Dopo il rilancio della sua immagine con l’approvazione della riforma sanitaria e con la firma del nuovo trattato Start con la Russia sulla riduzione delle armi nucleari, Obama è volato in tutta segretezza, come è ovvio in questi casi, in Afghanistan, dove ha incontrato circa 2.000 soldati Usa e il premier Karzai.
Lo scopo è evidente: al presidente Karzai, Obama ha chiesto un impegno reale contro la corruzione e contro il terrorismo; ai soldati ha riconosciuto i meriti e i sacrifici della loro missione e nello stesso tempo l’impegno a “finire il lavoro”. Ha detto che se la presenza americana non fosse “vitale” per gli Usa, non avrebbe esitato un istante a richiamarli in patria. Dunque, la visita è servita per appoggiare la missione contro il terrorismo, missione che non resterà sospesa, ma sarà portata avanti fino alla fine.
A Washington, c’è stata la visita del Presidente francese Sarkozy, reduce da una sconfitta pesante nelle amministrative. L’ospite è stato accolto con tutti gli onori, addirittura con una cena privata tra le due coppie presidenziali. Sarkozy cercava un rilancio della sua iniziativa politica con la riaffermazione dell’alleanza franco-americana, dopo la crisi intervenuta sotto la presidenza Chirac, ma tutti e due erano interessati a chiudere il cerchio sull’Iran.
Il Presidente francese, che con l’Iran ce l’ha a morte, ha chiesto al suo omologo statunitense di aumentare la pressione sull’Iran e di spingere sulle sanzioni; il Presidente americano non cercava di meglio se non di utilizzare quell’occasione per arrivare a una conclusione più volte rimandata per una serie di motivi, ma fondamentalmente perché per approvare le sanzioni bisogna che tutta la comunità internazionale sia d’accordo. E chi non lo è – o non lo è in maniera netta e decisa – è la Cina.
Francia e Usa, dunque, sono per accelerare i tempi e i toni. Anche la Russia, contrariamente alla posizione del passato più o meno recente, finalmente si è convinta a fare dei passi più decisi nella direzione della condanna. Ha contribuito la politica del disgelo con l’America, che si basa soprattutto sulla pari dignità e sulla ricerca del consenso, ma ha contribuito anche l’atteggiamento dell’Iran, che in sostanza, con la sua politica aggressiva, si sta rivelando un partner inaffidabile perché crea tensioni a livello internazionale. Se si eccettuano alcuni Paesi come il Brasile di Lula e le formazioni estremiste palestinesi, nonché la Corea del Nord e qualche altro, che mantengono con l’Iran relazioni amichevoli basate su interessi economici reciproci, l’Iran è sostanzialmente un Paese isolato. Ne hanno preso atto anche l’Italia e la Germania, che sono quelli che più avevano interessi commerciali in Europa.
Ebbene, l’isolamento in cui si è cacciato l’Iran non costituisce una buona prospettiva per la Russia, anch’essa interessata a non isolarsi dal resto del mondo per far piacere a un Paese che non ha molti scenari rosei davanti a sé. La Russia è ricca di materie prime, dunque non c’è necessità che si imbarchi in avventure dal dubbio esito. Non può giocare nemmeno sulle necessità petrolifere americane, visto che Obama, contrariamente a quanto aveva dichiarato in campagna elettorale, ha dato il via alle trivellazioni vicino alle coste atlantiche per non dipendere dal Medio Oriente. In poche parole, la Russia guarda più che a sud, a ovest.
Il che sta condizionando anche la Cina, che invece ha uno scambio d’interessi con l’Iran, anzi, quest’ultimo si sta legando con i cinesi oltre ogni misura. Perciò, da una parte l’Iran approfitta di ogni occasione pubblica per ribadire l’alleanza con la Cina, dall’altra parte quest’ultima, visto che anche la Russia ha mollato l’Iran, a sua volta non vuole pagare prezzi sull’altare di un rapporto speciale con l’Iran, che è anche un rapporto ambivalente sul piano internazionale.
Ecco il motivo per cui da una parte nei rapporti bilaterali ci sono solo rose e fiori, dall’altra, nei rapporti con gli Usa, i cinesi raffreddano i bollori iraniani. A ciò ha contribuito anche il recente scambio di vedute tra Hu Jintao, che è per l’anti-proliferazione nucleare, e Obama, che preme per portare la Cina dalla parte delle sanzioni “severe”.
C’è dunque un tira e molla nei contatti bi e multilaterali tra gli Stati: prima all’Iran riusciva più facile inserirsi in questi spazi diplomatici, ora molto di meno. La Cina lo sa bene e cerca di gestire la partita come può, facendo buon viso a cattivo gioco, ma prima o poi anch’essa dovrà decidere.
Gli Usa possono dilazionare le sanzioni, ma non possono non attuarle, anche perché la Lega Araba sulla questione palestinese si è assunta il compito di offrire uno scudo, ma sa che non può trascinarsi da un secolo all’altro senza nessuna soluzione pacifica, che sta tanto a cuore al Presidente Usa.