È il rumore l’atto designato a rappresentare il nuovo sentimento di rabbia e di disgusto che ha provocato l’ultimo terribile femminicidio, quello di Giulia Cecchettin, per mano del suo ex fidanzato, due ragazzi poco più che ventenni. Sulle strade italiane invase dai cortei per dire basta alla violenza di genere, non erano però solo giovanissimi, ma di tutte le età; non erano solo donne, ma di tutti i generi. Perché il problema riguarda tutti, indistintamente, e il rosso del sangue e della violenza ha lasciato spazio al fucsia, un colore più tenue ma molto distintivo, perché il sangue deve smettere di scorrere ma la violenza di genere non deve essere dimenticata.
Nella giornata di sabato 25 novembre, dedicata a contrastare la violenza contro le donne, da nord a sud Italia, folle di gente solidale e arrabbiata si è fatta sentire, nessuna fiaccolata silenziosa, nessun minuto di raccoglimento, ma tanto rumore perché non si più tacere davanti alla mattanza femminile.
A Roma si è svolta la più grande manifestazione contro la violenza di genere mai vista con la marcia che è partita dal Circo Massimo e si è conclusa a piazza San Giovanni, piena di momenti di forte partecipazione. “Siamo tutte parte lesa, per ogni donna stuprata e offesa”; “Siamo il grido altissimo e feroce, di tutte quelle donne che più non hanno voce”; “Il femminicidio non è un’eccezione, ma la punta di un iceberg di violenze che le donne subiscono giornalmente”; sono alcune delle voci e dei cori che hanno accompagnato la marcia contro la violenza sulle donne, che manifestano la rabbia incontenibile di tutti i partecipanti. “Siamo 500mila” annunciano le attiviste di Non una di meno che hanno organizzato la manifestazione di Roma in occasione della giornata per l’eliminazione della violenza contro le donne. È grande la solidarietà in Italia a favore dei diritti delle donne, è forte e trasversale la voce per i diritti contro la violenza delle donne e per la prima volta vede un coinvolgimento sentito e spontaneo senza bandiere politiche né sindacali, anche se alcune presenze si sono fatte notare.
Però, come avviene spesso in queste occasioni di grandi mobilità, non sono mancati gli atti condannabili, come l’assalto alla sede romana di Pro vita e famiglia. Così oggi, il primo commento di Giorgia Meloni sul corteo è stato proprio dedicato alla vicenda: “Voglio interrogare tutti su una questione banale: la violenza va condannata sempre o solamente quando si rivolge a qualcuno di cui condividiamo le idee? È questa la domanda sulla quale, da parte di certa sinistra, non abbiamo mai avuto una risposta chiara”. Possibile che Giorgia Meloni abbia visto solo questo?
È chiaro che gli atti di violenza sono sempre sbagliati senza eccezioni, ma si capisce che una manifestazione come quella della portata di sabato comporti anche dei momenti di tensione, come quelli che hanno riguardato Pro vita e famiglia che “si oppone all’introduzione dell’educazione affettiva a scuola” e per alcune esponenti di Non una di meno, “incarna il patriarcato più becero”. Le tensioni sono state placate subito da polizia e agenti in tenuta antisommossa presenti e se pur fortemente condannabile, un gesto del genere non può e non deve oscurare la forza e l’importanza di quello che è accaduto sabato.
La grande solidarietà e la partecipazione sentita, spontanea e arrabbiata della folla che ha marciato lo scorso 25 novembre hanno fatto un così grande rumore che non possono essere oscurate da certe polemiche alzate solo per spostare il punto di osservazione!
Ognuno sceglie il proprio punto di osservazione delle cose, ma il rumore che si è fatto, non può più passare inosservato!
Redazione La Pagina