Una volta la parola guerra era “presente” solo con il verbo al passato: in guerra scappavano, in guerra bombardavano, in guerra assalivano, in guerra si viveva nel terrore, in guerra morivano. Le guerre si studiavano sui libri di storia, ne ascoltavamo qualche aneddoto dai più anziani e in fondo, non ce ne preoccupavamo più di tanto. Adesso leggiamo di guerre sui quotidiani, ne ascoltiamo i risvolti sui notiziari, i testimoni diretti potrebbero essere anche nostri parenti. Da qualche tempo, ormai, la guerra è il presente. Non fa più impressione – purtroppo – se si parla di guerra declinando il verbo al presente. Così, non è più una cosa straordinaria quando leggiamo che oggi: si scappa dalla guerra, bombardano, assaltano intere città, i civili vivono nel terrore, in guerra muoiono innumerevoli persone. Ogni giorno apprendiamo nuovi sviluppi della guerra, ogni giorno sappiamo di nuovi attacchi, nuovi raid, minacce, racconti di violenze, immagini shock. Non abbiamo fatto in tempo ad elaborare la guerra ancora in atto in Ucraina che dobbiamo confrontarci con questa nuova tra Hamas e Israele. E anche adesso, come è accaduto per il conflitto russo-ucraino, si cerca di scavare tra i motivi storici dai quali è scaturita la guerra, così come si prova a trovare anche le cause attuali che possano spiegare lo scoppio di questa altra guerra. Ogni volta il diritto internazionale viene menzionato come garanzia di protezione e invece, questo stesso diritto internazionale, viene ignorato quasi beffeggiato dalle azioni di guerra. Non mancano i politologhi, gli strateghi, gli storici, i tifosi che ogni giorno dibattono in maniera irrispettosa avanzando ognuno le proprie ragioni e pretendendo di conoscere la verità assoluta. Sono iniziate le manifestazioni a favore della causa palestinese per la quale si può anche accettare un vero e proprio attacco terroristico, come quello perpetrato da Hamas, pur di “liberare i palestinesi”. Nel frattempo il conflitto potrebbe allargarsi e diverse Nazioni annunciano il loro possibile intervento: si rischia grosso. Nessuno che abbia pietà dei prigionieri, degli ostaggi di guerra che, numerosi – gli ultimi dati sostengono che sono già centinaia – stanno purtroppo subendo un nuovo olocausto, parola non usata a caso.
Questa settimana inizia con una ricorrenza importante, soprattutto in considerazione della situazione bellica a cui stiamo assistendo: 80 anni fa, il 16 ottobre 1943, avvenne uno dei più terribili rastrellamenti di Roma, quando più di mille ebrei furono imprigionati ad Auschwitz. Ne rimasero vivi solo 16 (15 uomini e una donna). Nella giornata dedicata alla celebrazione di questo triste evento il presidente della Repubblica italiana, Sergio Mattarella, al termine della marcia della Memoria dal Campidoglio al ghetto, ha deposto una corona d’alloro lungo il muro della sinagoga. La locandina dell’iniziativa è molto eloquente: “Ricordiamo il passato perché abbiamo a cuore il futuro”. Ma visto la situazione internazionale, con queste premesse, sarà difficile preservare il futuro se mentre celebriamo il passato riviviamo certe tragedie nel presente.
Redazione La Pagina