Ad accoltellarla per il suo rifiuto a rimettersi con lui è stato Mario Broccolo, balordo con l’hobby della pittura, già pregiudicato
Ariel Castro, l’uomo di 52 anni che da dieci teneva sequestrate in cantina tre donne, aveva una lettera in casa, magari scritta apposta in caso di arresto, nella quale confessava: “Sono un predatore sessuale che ha bisogno di aiuto”. In genere, un predatore va a caccia, lui invece le donne le sequestrava, le stuprava e le segregava. E’ la figura dell’uomo padrone e violento; la donna, come qualsiasi oggetto, gli appartiene, è una sua proprietà. Poi, questi “padroni” una volta scoperti ed arrestati, hanno sempre la scusa pronta, scritta con molto anticipo, quasi a voler dire che la colpa non è sua, ma della società, di una qualche malattia, di un qualche antenato. Lui ha tolto a quelle povere donne anche l’anima, ma per fortuna non le ha ammazzate.
Nel fenomeno del femminicidio di cui si parla in Italia (vedi l’articolo specifico a pag 9) le donne, appunto, vengono uccise, strangolate, pugnalate a ripetizione, imbrattate di sangue, oggetto della loro furia padronale, dopo che loro hanno osato dire di no, con uno o più basta-non-ne-voglio-più-sapere. Alla base del femminicidio c’è un ragionamento aberrante: o sei mia o di nessuno e per questo ti tolgo dalla faccia della terra, punita per l’affronto.
La storia di Alessandra Iacullo, 30 anni, baby sitter, non certo una top model, ma solo una “Cenerentola allegra e robusta”, come diceva di sé lei stessa, è emblematica. Quando è stata scoperta gravemente ferita e piena di sangue, al punto che morirà prima di arrivare in ospedale, dissanguata, Alessandra si trovava in via della Riserva del Pantano, a Dragona, vicino Ostia, con il motorino sul corpo, come se l’assassino le avesse detto: muori schiacciata, oppure, in un gesto di estremo disprezzo, le avesse scagliato addosso un qualcosa che le apparteneva. Magari anche per simulare alla buona un incidente.
Era il due maggio, verso sera. La ricostruzione degli investigatori è stata meticolosa. Alessandra e Mario Broccolo, 50 anni, balordo con l’hobby della pittura, erano stati visti in un bar vicino al luogo del delitto. I due erano stati insieme per qualche tempo, poi lei l’aveva lasciato. Ecco la testimonianza dei parenti di lei: “Sapevamo che era un tipo pericoloso, avevamo paura per Alessandra. Anche lei lo sapeva e per questo l’aveva lasciato”.
Nei giorni precedenti, lui si era rifatto vivo tramite sms, lei non ne voleva sapere, ma alla fine accettò di dargli un appuntamento in un bar di quella strada. Al bar discussero, all’inizio con calma, poi alla fine vivacemente. Lei dovette rifiutare di rimettersi insieme a lui e glielo dovette dire sicuramente con calma ma con fermezza, il che lo fece sicuramente imbestialire. Uscirono dal bar e s’incamminarono lungo la strada. Si vede che Mario Broccolo di fronte ai dinieghi ripetuti di lei giurò di fargliela pagare e alle minacce seguirono le coltellate. La povera Alessandra sicuramente cercò di divincolarsi urlando, ma nessuno si trovava nei paraggi in quei momenti e lei finì per soccombere, anche perché la lama le era penetrata nel collo e sul volto e le aveva reciso la carotide.
L’uomo fuggì buttando nel canale l’astuccio del coltello e sicuramente anche il coltello stesso. Dopo, verso le 22, qualcuno la vide, allertò il 118 ma la donna arrivò all’ospedale già morta per dissanguamento.
Il giorno della fiaccolata, Mario Broccolo non si fece vedere, disse che non l’aveva saputo, ma gl’inquirenti stavano già arrivando a lui tramite il telefonino della donna, ancora nella sua borsetta. Poi, venerdì scorso la confessione.
E’ venuto fuori che Mario Broccolo nel 1991 era già stato condannato a 18 anni di galera per un altro delitto e prima ancora era stato indagato per omicidio colposo.
Abbiamo detto che i familiari di Alessandra l’avevano messa in guardia dal tipo con cui aveva a che fare. Se nella legislazione verrà introdotta la possibilità di denuncia anche da parte di familiari e conoscenti, ebbene, se questa norma fosse stata già introdotta, probabilmente Alessandra sarebbe ora ancora in vita. Auguriamoci che la legge possa essere fra non molto cambiata e dare anche ai familiari e amici la possibilità di denunciare chi perseguita l’ex partner senza che magari quest’ultimo abbia la forza di rivolgersi alle forze dell’ordine o alla magistratura.