Può un uomo salvarsi dalla solitudine con una macchina? Vincitore del premio Oscar come Miglior sceneggiatura originale, Spike Jonze porta sullo schermo un’improbabile ma romanticissima storia d’amore tra un uomo e un sistema operativo
Siamo nell’era della comunicazione, nell’era dove è semplice essere vicini anche essendo a migliaia di chilometri distanti. Oggi basta un piccolo apparecchio tecnologico, un telefono cellulare d’ultima generazione, per esempio, per sapere dove è e cosa fa quella o questa persona. La tecnologia ci rende tutti più vicini, ma non riesce a debellare la solitudine dell’uomo. Brutta cosa la solitudine, quando ti prende non sai come uscirne e ci si sente soli sempre e comunque.
A casa tra le quattro mura, fuori tra la gente…anzi forse quando si è in tanti che si avverte maggiormente il senso di solitudine. Così la tecnologia, che dice di essere al servizio dell’umanità ci viene incontro e crea la “compagnia” perfetta. La compagnia perfetta ha il suono ammaliante della donna dei sogni. Ci rassicura, ci dice quello che vogliamo sentirci dire, ci rende felici e meno soli. O forse ci sembra così. Questa è l’idea di Theodore, il protagonista di Her (Lei) l’ultimo film di Spike Jonze. Si tratta di una storia d’amore insolita, futuristica e visionaria. Theodore è un uomo solitario dal cuore spezzato, ha da poco terminato la relazione con la moglie e non riesce a rifarsi una vita. Il suo pensiero è tutto per la sua ex e per questo motivo si rifiuta di firmare le carte del divorzio. È impiegato in una compagnia che attraverso internet scrive lettere personali per conto di altri, un lavoro particolare che implica una grande capacità di immedesimazione, di riuscire ad immergersi nelle situazioni altrui senza magari viverle in prima persona e quindi che necessita di una gran fantasia e sensibilità. Theodore, per quanto singolare, svolge il suo lavoro con grande abilità e passione.
La sua vita, però, è monotona e soprattutto Theodore è solo. Quando arriva sul mercato una nuova generazione di sistemi operativi, animati da un’intelligenza artificiale sorprendentemente “umana”, progettato per soddisfare tutte le esigenze dell’utente, Theodore comincia a sviluppare con essa, che si chiama Samantha, una relazione complessa oltre ogni immaginazione. Samantha, ovvero il nome della voce del sistema operativo, si dimostra sensibile, profonda e divertente. Il rapporto di Theodore e Samantha si trasformerà in un improbabile quanto coinvolgente amore.
Al di là della storia d’amore veramente visionaria e irrazionale, il regista, Spike Jonze, con questo tema tocca un tasto realmente attuale e ci porta alla riflessione più profonda sulle relazioni umane odierne. L’idea di scavare a fondo in questo terreno è arrivato al regista qualche anno fa, facendo un’esperienza diretta se pur proprio superficiale che poi ha elaborato attraverso la sua fervida fantasia: “Tutto è nato da un articolo che ho letto su internet una decina d’anni fa. Parlava di un servizio di messaggistica istantanea che consentiva di chattare con un’intelligenza artificiale. Mi sono collegato e ho scritto ‘Ciao’, e il software mi ha risposto ‘Ciao’. E io: ‘Come stai?’. ‘Bene. E tu come stai?’. Abbiamo avuto una breve conversazione, e all’inizio ho provato un brivido: ‘Wow! Sto parlando con questa cosa… mi sente!’. Ma l’illusione è svanita rapidamente quando mi sono reso conto che la voce si limitava semplicemente a ripetere quello che aveva sentito un momento prima, non era intelligente: era solo un programma ben fatto. Quel brivido iniziale è stato eccitante, però. Così, mi è venuta l’idea di un uomo che incontra un’entità simile dotata di una coscienza, e ho provato a immaginare una storia d’amore tra loro”.
La storia d’amore immaginata da Jonze ha da una parte il volto e l’interpretazione di Joaquin Phoenix e dall’altra l’interpretazione e solo la voce di Scarlett Johansson (Micaela Ramazzotti nella versione italiana) la cui interpretazione le è valso il premio come Miglior interpretazione femminile all’ultimo Festival di Roma. La loro storia d’amore è disarmante perché da un lato si tratta di una storia intensa, dolcissima, paradossalmente vissuta sulle vibrazioni del suono vocale, ma è disarmante perché si svolge pur nell’impossibilità di essere vissuta in pienezza. L’evoluzione tecnologica ci ha insegnato a non stupirci del fatto che, grazie a chat e social network, spesso molti amori possono nascere anche non essendoci contatto fisico, che però arriva in un secondo momento come completamento del rapporto. In Her il regista si è spinto oltre e ci presenta la tecnologia avanzata non solo amica dell’uomo che può creare rapporti consistenti e possibili, ma ci offre una tecnologia inconsapevolmente crudele che genera storie impossibili e che non possono completarsi. Spike Jonze nella realizzazione di questo film, che è il suo primo lungometraggio scritto per intero da lui, premiato agli Oscar come Migliore Sceneggiatura originale, si muove su diversi fronti del registro cinematografico, dal genere sentimentale, al dramma, alla commedia fino alla Fantascienza. Interessante vedere come il film, ambientato nel futuro, abbia diverse sfaccettature con chiari riferimenti al passato, per esempio l’uso dei costumi che richiamano la moda degli anni’80 e sceglie di ambientare la storia ina una Los Angeles priva di automobili.
In Svizzera è possibile vedere Her in Ticino, doveè in proiezione dal 13 marzo. Dal 26 e 27 marzo rispettivamente nella Svizzera francese e Tedesca.