A sorpresa la settimana scorsa Hillary Clinton, in occasione di un’audizione alla Commissione Esteri del Senato sul recente accordo Usa-Russia su Start 2, ha annunciato che gli Usa, la Russia, la Cina, la Francia e la Gran Bretagna più la Germania (i 5+1 del Consiglio di Sicurezza dell’Onu) hanno trovato un accordo sulle sanzioni all’Iran.
In realtà, l’accordo era previsto per l’inizio di marzo, ma evidentemente ci sono state difficoltà. La prima delle quali rappresentata dall’atteggiamento della Cina, in linea di principio favorevole alle sanzioni, ma a patto che fossero blande.
La Cina ha interessi sempre più vasti in Africa e in ogni parte del mondo dove ci sono fonti di energia, ha bisogno dunque del petrolio iraniano e per questo non ha mai preso una posizione netta. Poi, a pesare sull’indecisione, è stato il freddo intervenuto tra Cina e Usa dopo il fallimento della Conferenza sul clima a Copenaghen, a metà dicembre. Ne sono seguiti dei mesi durante i quali si è temuto che l’Intesa globale a due potesse saltare. Successivamente, però, i rapporti Usa-Cina si sono rinormalizzati e quindi il via libera cinese si spiega con la ripresa dei rapporti di amicizia tra le due potenze.
C’è da aggiungere che la Cina non poteva a lungo sostenere, seppure con prudenza, un Paese come l’Iran che ormai è isolato dai maggiori Paesi del mondo, a parte alcuni (Brasile, Venezuela, Bolivia e qualche altro).
Dunque, se nei vertici a due la Cina misurava le parole, nei rapporti con gli altri Stati si sbottonava di più. Anche perché – e siamo alla seconda difficoltà incontrata a marzo – c’era la Russia che aveva perplessità sulle sanzioni severe.
I russi hanno sempre avuto rapporti speciali con l’Iran, già ai tempi dell’Unione Sovietica, quando cacciato lo Scià filo americano, il regime degli ayatollah aveva legato con l’Urss per avere appoggi e sostegni politici e diplomatici e in armamenti. Questo rapporto non è mai venuto meno, nemmeno dopo la caduta del comunismo.
La firma dell’accordo Start 2 tra Obama e Medvedev sulla non proliferazione nucleare da una parte e il raffreddamento dei rapporti Russia-Iran negli ultimi tempi dall’altra, hanno evidentemente fatto cambiare atteggiamento alla Russia.
La bozza di un accordo sulle sanzioni esisteva, ma con tutta probabilità la versione definitiva doveva ancora essere perfezionata. Ed allora, perché a sorpresa Hillary Clinton ha rivelato l’esistenza di un accordo tra i cinque più uno?
Semplice. All’inizio della settimana scorsa Lula e Erdogan hanno cercato di raggiungere un accordo con l’Iran, in base al quale l’uranio a una percentuale valida per il nucleare civile sarebbe stata arricchito in Turchia. Forse si ricorderà che quella di arricchire l’uranio all’estero è una vecchia proposta che l’Iran non ha accettato a suo tempo. Ora, invece, su pressione del Brasile e della Turchia l’ha accettata e la notizia della disponibilità dell’Iran avrebbe potuto creare problemi nel fronte antisanzioni.
La tesi degli Usa è che l’Iran cerca con ogni mezzo di guadagnare tempo, usando la disponibilità a trattare e ritirandola successivamente, in un gioco a nascondino.
Prima ha rifiutato di mostrare i siti, poi ha rivelato siti segreti dopo che erano stati scoperti dai satelliti, poi ha rifiutato di far arricchire l’uranio in suo possesso in Russia, poi ancora ha accettato ma solo in parte, ora ha dato la sua disponibilità a portare in Turchia una parte del suo uranio, il che significa, secondo gli americani, che con l’altra parte è possibile costruire una bomba atomica, eventualità non esclusa dallo stesso presidente iraniano in varie occasioni.
Ecco, tutto questo tira e molla ha convinto Hillary Clinton ad annunciare l’accordo sulle sanzioni in primo luogo per non lasciare l’iniziativa nelle mani dell’Iran e in secondo luogo per mettere la comunità internazionale di fronte alle responsabilità di ciascuno.
Nella bozza di risoluzione si chiede di vigilare sui Guardiani della Rivoluzione e su tutte le transazioni bancarie iraniane comprese quelle della Banca Centrale e delle istituzioni finanziarie iraniane. Si chiede di mettere sotto controllo le attività dei Guardiani della Rivoluzione che sono un potentato economico del regime e anche il suo braccio armato.
Viene fatto divieto all’Iran di investire all’estero in settori sensibili e si pone l’embargo delle armi (otto tipi di armi).
Infine, si fa precisa menzione ad un sistema di ispezione internazionale per le navi sospettate di trasportare materiale collegato all’attività nucleare o a programmi missilistici. Quest’ultima misura ha avuto successo nel caso della Corea del Nord, ma è più difficile che lo abbia per l’Iran in quanto le navi iraniane sono molto numerose e ciò non facilita le ispezioni.