Non tutti i giornali hanno riportato la notizia delle dichiarazioni di Hillary Clinton a Manama, in Bahrain, in occasione di un evento pubblico. Sottovalutazione? Prudenza? In Italia solo La Stampa le ha riportate, relegandole nelle pagine interne, quasi a voler minimizzarne la portata. Eppure, sono dichiarazioni importanti.
Hillary Clinton ha annunciato che dopo l’incarico al Dipartimento di Stato, lascerà la vita pubblica. Ecco le sue parole: “Credo che quello di Segretario di Stato sarà il mio ultimo incarico ufficiale”. Per poi aggiungere: “Voglio continuare a lavorare per migliorare le vite altrui, in particolare delle donne e dei bambini, viaggiando nel mondo”. Hillary Clinton lascerà la politica. Un annuncio così clamoroso, dopo appena due anni, non può essere senza conseguenze e soprattutto senza cause ben precise.
Esse sono fondamentalmente tre. La prima è che ha voluto far sapere ufficialmente che non è interessata a guidare il Pentagono se Robert Gates lascerà la poltrona, come ha fatto intendere. Onestamente, quest’interpretazione è molto debole. Se Hillary Clinton teneva a non suscitare voci sulle sue presunte ambizioni di guidare il Pentagono, non aveva che da dirlo al presidente. Non c’era bisogno di un palcoscenico internazionale per lanciare un segnale concernente un fatto di ridistribuzione del potere interno all’Amministrazione.
Più logica sarebbe la seconda causa, che è la seguente. Barack Obama ha perso le elezioni del Midterm, la sua immagine non è più quella di un vincente. Probabilmente, dopo la sconfitta elettorale, la sua stella si appannerà ancora di più, data la situazione di crisi internazionale, non soltanto economica e finanziaria, ma anche politica e sociale. Le quotazioni di Hillary, prima della sconfitta di Obama, erano di almeno sei punti in più rispetto al presidente: una buona base di partenza per la corsa alla Casa Bianca nel 2012. D’altra parte, che Hillary potesse essere il naturale successore di Obama, è cosa risaputa e dibattuta negli ambienti politici di Washington. Dicendo che si ritirerà dalla politica, è proprio vero, però, che ha voluto aiutare Obama e rilanciare la sua leadership e la sua riconferma? C’è da dubitarne molto. L’asprezza della campagna elettorale, gli strascichi della sconfitta e la lotta per essere il numero 2 dicono che la generosità di Hillary Clinton è pari solo alle sue ambizioni.
Resta la terza causa, quella più probabile e quella con motivazioni più attuali. Abbiamo già detto che i giudizi contenuti nei rapporti dei diplomatici, conditi di voci e di allusioni, sono la normalità per i diplomatici di ogni Paese. Ma questi rapporti e questi giudizi sono scritti per rimanere riservati e segreti. Vederseli spiattellati sui giornali ha messo in crisi prima di tutto l’Amministrazione americana stessa, non più credibile nei confronti degli alleati e degli amici, ufficiali e ufficiosi. E Hillary, chiedendo di “spiare” o di carpire informazioni dai diplomatici dei vari Paesi presso l’Onu (cosa che tra l’altro fanno tutti), si è esposta in prima persona. Dunque, in un’eventuale corsa alla Casa Bianca la sua candidatura sarebbe debole e ricattabile, anche se lo sarebbe per aver fatto semplicemente quello che è normale in tutti gli ambienti diplomatici del mondo, i quali, lo si voglia o no, vivono di informazioni, ufficiali e non.
Lei è la prima vittima del ciclone Wikileaks, la seconda potrebbe essere Obama stesso. Non ora, ma nel 2012.
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