Tornati in Italia da appena 5 anni, i Savoia, o per meglio dire due dei più noti discendenti maschi di Casa Savoia, Vittorio Emanuele ed Emanuele Filiberto, ancora “segnati dai tragici anni di esilio”, hanno pensato bene di rivendicare quanto, a loro dire, dovutogli per le “sofferenze patite” a causa della lontananza dal loro paese. Discorso che, epurato dalle virgolettate e quasi commuoventi affermazioni ad effetto e tradotto in soldoni significa 260 milioni di euro più la restituzione di alcuni dei beni al tempo avocati allo Stato. Nel commentare tale richiesta occorre alto senso civico per non lasciarsi coinvolgere da ormai inopportune disquisizioni sulle colpe e sulle responsabilità storiche degli antenati Savoia.
Sarebbe facile, infatti, ricordare al giovane principino dagli occhi chiari e dai modi gentili, che i 90 milioni di euro che a lui, sempre a suo dire, spetterebbero per l’esilio “dorato” in quel di Ginevra, dove ha dovuto passare i suoi primi 30 anni di vita, avrebbero tutto il sapore di un oltraggio alle migliaia di vittime che suoi reali antenati causarono tra la popolazione italiana; sarebbe facile rispondere al suo “dispiacere” per non aver potuto servire l’italica patria, e al suo rammarico per il diritto di libertà negatogli, ricordandogli il sacrificio di quanti la vita la persero servendo la stessa patria che il re d’Italia abbandonò fuggendo e lasciando esercito e popolazione civile alla mercè delle truppe naziste. Sarebbe facile anche mettere a tacere le sue accuse di discriminazione (più regalmente definite come “triste senso di esclusione” dalle leggi che valgono per tutti i cittadini italiani in merito alla privata proprietà), ricordandogli la responsabilità di quel re che in Italia, nel non lontanissimo 1938, firmò le leggi razziali contro gli ebrei.
Il principino prende le giuste distanze da tutto questo, affermando, a ragione, che le colpe dei padri non devono ricadere sui figli.
Bene, e non è forse per questo che proprio 5 anni fa la nostra Costituzione è stata modificata per abrogare le ormai anacronistiche disposizioni che impedivano il rientro dei Savoia in Italia? Se Emanuele Filiberto si ritiene legittimato a chiedere un risarcimento per l’esilio subito pur senza aver commesso nessuna colpa, qual è il risarcimento che spetta a quanti, per colpa della monarchia hanno perso la vita o, nel dopoguerra sono stati costretti ad emigrare? Che colpe avevano loro? E a chi dovrebbero indirizzare le loro richieste di risarcimento gli orfani dei caduti in una guera che mali peggiori di un esilio dorato ha causato?
Non si può aggiungere né togliere nulla alla storia; sia stata scritta dai vinti o dai vincitori, innegabili restano gli errori storici dei re di Casa Savoia, errori che hanno portato la Costituente a proteggere la nascente Repubblica dalla minaccia monarchica; l’onta dell’esilio ha radici ben salde nel clima di sangue di quegli anni e per il quale, è doveroso ammetterlo, né Vittorio Emanuele né il figlio hanno responsabilità: e noi d’altro canto, per quello spirito di civiltà che ci appartiene riteniamo che non serva fare i conti di cosa e quanto abbia perso ognuno in quella fase storica ormai passata, di quanto spetti oggi ad ognuno per le colpe dei protagonisti, colpevoli o innocenti, reggenti o vittime, di quei tempi. La guerra non è mai giusta, nè durante nè dopo il suo svolgimento, pretendere a “giochi” ormai finiti di monetizzare vicende, errori e torti del passato è un inopportuno controsenso ed una tragica conta dalla quale vogliamo sottrarci.
Riconosciuto che l’esilio non aveva più ragion d’essere, l’Italia è tornata indietro e i Savoia sono tornati in Italia…i conti sembrerebbero pari, ma a quanto pare in casa Savoia si usa un pallottoliere diverso dal nostro, che ahinoi, segna – 260.000.000.
Isabella La Rocca