Chi di noi non ha letto, almeno in parte, “I Malavoglia” di Giovanni Verga? La celebre opera dello scrittore siciliano racconta di una famiglia lentamente smembrata da un destino crudele e beffardo, del ciclo dei vinti.
Adesso la saga familiare che ha segnato la nascita del verismo in Italia, diventerà un film. Proprio in questi giorni la troupe si trova in Sicilia, nella provincia di Siracusa (a Porto Palo di Capo Passero), per le ultime scene della pellicola, che è stata girata in sei settimane e dovrebbe essere pronta per uscire nelle sale a marzo, produttori e distributore permettendo.
Il regista Pasquale Scimeca dichiara di aver scelto come location Porto Palo, piuttosto che la Acitrezza del libro “perché, con Lampedusa, è il punto più meridionale del nostro Paese, e anche il punto di arrivo degli immigrati”.
Scimeca, già autore di “Placido Rizzotto” e dell’altro lavoro verghiano “Rosso Malpelo”, si mette alla prova in quella che più che un’opera della settima arte sembra una vera e propria impresa. Sarà difficile infatti reggere il confronto con il capolavoro scritto nel 1881 dall’autore catanese.
Sarà soprattutto arduo creare un’altra magistrale trasposizione cinematografica, dopo quella realizzata nel 1948 dal regista Luchino Visconti: “La terra trema”, perla della produzione neorealista italiana recitata completamente in dialetto siciliano. L’epopea di Scimeca sembra però discostarsi dal romanzo e dal film viscontiano: il regista siciliano ambienterà la vicenda nei giorni nostri.
Un’epopea dei vinti del nuovo millennio, quindi, che si focalizza soprattutto sulle storie dei giovani di un sud che nonostante il passare del tempo continua a essere avaro e ingiusto nei confronti dei suoi figli, in particolare verso le nuove generazioni e verso gli immigrati che raggiungono in barca le coste della Sicilia.
A tal proposito Scireca dichiara: “Fare un film tratto da uno dei romanzi più belli e importanti della letteratura europea è una sfida da far tremare i polsi, ma il mio approccio è diverso.
Non si tratta di rifare il neorealismo, ma tentare una lettura verghiana in chiave tragica, dove leggere la realtà del nostro tempo, soprattutto quella dei ragazzi del sud, poveri e privati di qualsiasi riferimento ideale, sperduti in questa immensa periferia urbana che sono diventati i nostri territori, compresi i borghi marinari, è un dovere che l’arte e gli intellettuali dovrebbero tornare ad assumersi”.
Ma come Luchino Visconti, anche Scimeca mette in scena un cast di attori non professionisti: “È stata una scelta che ho fatto fin dall’inizio – dichiara il regista siciliano – e poi non è vero che sono più difficili da gestire, che comunque hanno volti troppo noti per poter davvero sparire nei personaggi. Stavolta non ho fatto nemmeno i provini: non cercavo interpretazioni, ma caratteri. Ad esempio, l’uomo che interpreta Padron ‘Ntoni è un vecchio pescatore”.
L’auspicio di Scimeca è che chi andrà a vedere il suo film, giovane o adulto che sia, torni a casa con il desiderio di leggere o rileggere il romanzo.
Il film, prodotto da Amedeo Pagani per Classic ed Arbash, in collaborazione con Cinecittà Luce e Rai Cinema ed il prezioso contributo della Regione Sicilia, è stato dichiarato d’interesse culturale nazionale.
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