Una ricerca della London South Bank University dimostra che 20 milioni di inglesi non capiscono ciò che scrive il medico
Tutto il mondo, scava e riscava, è paese. In Inghilterra è stata pubblicata una ricerca condotta dalla London South Bank University, che ha dimostrato che circa 20 milioni di inglesi, cioè il 43%, ritiene che i medici parlino o, meglio, scrivano in un’altra lingua. In particolare, le ricette sono piene di parole astruse, incomprensibili, per cui i pazienti, quando non capiscono ciò che il medico ha scritto ritengono imbarazzante chiedere una spiegazione, anche perché, aggiungiamo noi, probabilmente con la seconda spiegazione ci capiscono meno di prima. Per cui lasciano perdere, si scervellano a capire, ma poi si arrendono e fanno come pensano di aver capito, con conseguenze che tutti possono immaginare. Già negli ospedali ci pensano le infermiere a scambiare i farmaci, se poi a casa ci si mette il dubbio, l’incomprensione, magari la sbadataggine o, peggio, il fai-da-te, allora non ci se ne esce più. Certo, per i termini tecnici non c’è molto da fare, i nomi delle medicine non li può cambiare il medico. Loro abbreviano e per i profani la parola diventa arabo. Il guaio è che anche le parole che informano sono scritte con i piedi. Questo per l’Inghilterra. E per l’Italia? Tutto il mondo è paese, abbiamo detto, e basta guardare una ricetta. In Italia è lo stesso, se non peggio. Per fare una battuta potremmo dire che se in Inghilterra sono venti milioni quelli che non riescono a decifrare le ricette, in Italia sono sicuramente il doppio. Provateci. Si capisce perché, alla fine, non si sa mai cosa fare e si è costretti a chiedere al medico spiegazioni che poi, se date oralmente, possono passare di mente con i dubbi che hanno anche gl’inglesi.
Si potrebbe dire: perché i medici non scrivono in stampatello il nome del farmaco e poi, sempre in stampatello e per esteso, scrivere quante volte al giorno, se prima o dopo o durante i pasti e per quanti giorni? Sembra facile, ma non accade, forse per il gusto di complicare ciò che è estremamente semplice o perché la scrittura è un modo per darsi delle arie (più scrive difficile, più deve essere un pozzo di scienza) o anche per fretta.
Dunque, se il caso è emerso con tanta drammaticità in Inghilterra, se è così anche in Italia, deve essere così più o meno in ogni parte del mondo.
Il presidente della Simg (Società italiana di medicina generale), Claudio Cricelli, sostiene che l’allarme è giustificato non tanto per i malati cronici come diabetici e ipertesi, che bene o male sanno quello che devono fare per averlo sperimentato sulla propria pelle o semplicemente per l’esigenza di conoscere il proprio stato di salute, quanto per i malati più giovani, quelli occasionali e magari con forme acute di malanni, i quali finiscono poi per trascurarsi o per seguire le prescrizioni in modo approssimativo, se non hanno ben compreso, anche per una certa faciloneria e non consuetudine con i farmaci. Per quanto riguarda gli anziani, il problema si pone se sono loro a dover provvedere a sé e magari non sono in grado o se sono le badanti a farlo. In questo caso, il problema che si pone è che essendo in maggioranza straniere, non sempre a loro volta capiscono esattamente cosa fare. Qui, a maggior ragione, urge una ricetta che sia chiara e precisa.
Ma non sempre il presidente della Simg ha ragione. Il presidente della Sigg (Società italiana di geriatria e gerontologia), Giuseppe Paolisso, ritiene che siano gli anziani, più che i giovani, ad essere più a rischio. Il motivo è semplice: è vero che conoscono la loro malattia e anche i farmaci, però spesso ingeriscono farmaci scaduti, altrettanto spesso fanno di testa loro, ad esempio sull’orario in cui devono prendere i farmaci, oppure, magari, dimenticano e eliminano senza chiedere al medico farmaci che hanno determinati effetti. Ad esempio, il Lasix serve per urinare, ma c’è chi, visto che fa urinare, lo elimina per non andare al bagno.
Si dirà: ma cosa c’entra questo con la chiarezza della ricetta? C’entra, eccome, perché la chiarezza e la precisione non devono essere scritte solo nella ricetta, ma anche sulla confezione dei farmaci. Si sa che il foglietto illustrativo è un capolavoro di ambiguità: non per nulla è definito “bugiardino”.
Dunque, cominci il medico ad essere più chiaro e più completo, il resto poi seguirà.