Morto carbonizzato Christopher Dorner, l’ex poliziotto licenziato dalla polizia di Los Angeles e che poi si è vendicato uccidendo cinque persone
C’era una volta Rambo. Ricordate? L’ex veterano della guerra in Vietnam che s’annoia in patria e che viene messo dentro per qualche “marachella”. In carcere lo deridono, i carcerieri e poliziotti lo provocano, lo picchiano e lui reagisce spaccando loro il muso causando danni durante la fuga. La polizia organizza una caccia all’uomo: fucili, elicotteri, cani. Rambo va nella foresta, il suo regno, e di là organizza il suo contrattacco. Interviene l’ex istruttore di Rambo in Vietnam, che consiglia ai poliziotti di andarci piano, il suggerimento viene preso come una provocazione, ma presto dovranno ricredersi, perché Rambo ne fa fuori parecchi, distrugge l’elicottero, confonde i cani. Quando la squadra arriva in forze, dovrà presto ritirarsi, perché uno a uno gli agenti vengono o feriti o uccisi. Finché Rambo non si rifugia in una vecchia miniera abbandonata. Scoperto durante il contatto tra lui e l’ex istruttore che gli propone la resa perché non erano più in guerra, l’ex istruttore viene messo al corrente delle colpe dei poliziotti, ma questa novità a nulla serve a cambiare l’atteggiamento dello sceriffo. Intanto, gli agenti costringono Rambo a restare nella vecchia miniera, ma qualcuno si spinge oltre e spara, incendiando l’ingresso. Pensano che sia morto, ma Rambo riesce a trovare l’uscita posteriore e ad organizzare la vendetta. Ne viene fuori una vera e propria guerra tra lui e lo sceriffo che è costretto ad assistere alla distruzione della città e che, alla fine, viene salvato proprio dall’ex istruttore. Rambo verrà condotto in carcere, ma i torti subiti e l’intervento dei pezzi grossi dell’esercito fanno pensare ad una “ospitalità” di riguardo nelle carceri americane.
Abbiamo, per sommi capi, ricordato la trama del film, perché la vicenda dell’ex poliziotto americano Christopher Dorner, 33 anni, espulso dalla polizia nel 2009 perché accusato da falsa testimonianza, ha evidenti somiglianze. Non sappiamo se corrisponde al vero, ma l’ex agente Dorner lamentava di essere stato licenziato per motivi razziali. Non potendo entrare nel merito di queste accuse e contro accuse, possiamo solo raccontare i fatti.
Christopher Dorner era un poliziotto, grande stazza, ma non era Rambo e non viveva in un film, ma in una realtà fatta di “peso”, di “distanza”, di “fatti”, di comportamenti”, di “tribunali”. Christopher Dorner magari in preda alla vendetta – vendetta che nel film Rambo attua solo dopo una serie di attacchi, non prima – aveva ucciso una coppia, poi, un paio di giorni dopo, aveva ucciso un suo ex collega e ferito altri due, infine aveva ucciso un vice sceriffo. Subito si scatena la caccia. Per il rambo fuori dal film non c’è foresta che tenga, non c’è fuga che possa garantirgli l’incolumità. Sono mille gli ex suoi colleghi che lo puntano. Ha poco tempo, ma riesce ugualmente a guadagnare la campagna. Piombato in una casa, immobilizza la coppia di proprietari, rubacchia quello che gli serve, tra cui anche un pick-up bianco, e prosegue la fuga. E’ stato generoso l’ex poliziotto nei confronti della coppia immobilizzata: l’ha risparmiata, forse capendo egli stesso che ammazzarli sarebbe stato un inutile scempio. Uno dei due si è liberato ed ha avvertito la polizia, che gli è corso dietro, fino a circondarlo. Christopher Dorner si è rifugiato in una baita, proprio come Rambo, quello vero del film. Solo che gli agenti erano mille e lui era solo, e non in una vecchia miniera abbandonata con uscita di fortuna al di là della collina. Insomma, il povero Christopher era solo, c’è stata battaglia, c’è stato il fischio delle pallottole, ma tra una pausa e l’altra pare si sia sentito uno sparo nella baita e poi sia divampato il fuoco. Due sono le versioni possibili: o Christopher Dorner si è sparato appena dopo aver appiccato il fuoco oppure gli agenti gli hanno sparato e poi hanno appiccato il fuoco per simulare l’assassinio e la loro vendetta. Una cosa è certa: è stato ritrovato un corpo carbonizzato, che sicuramente è quello dell’ex poliziotto. Se sia stato lui ad appiccare il fuoco e ad uccidersi, c’è una logica, una macabra logica, ma comunque una logica. Se sono stati i poliziotti a sparargli, è stato un omicidio volontario, perché bastava circondarlo e aspettare che si arrendesse, in un modo o in un altro, per sonno o per fame e sete. Questione di tempo, di uno o al massimo tre giorni, nessuno può resistere al sonno. Christopher Dorner era divenuto un pericolo pubblico, a che pro prenderlo, fargli un processo, condannarlo a morte ed eseguire la pena dopo anni di carcere quando lo si poteva fare subito. Anche questa è una logica aberrante. Resta, però, un dubbio, un dubbio atroce: e se Christopher Dorner ha subito davvero un licenziamento per discriminazione razziale?