La Segreteria di Stato della migrazione: positivo il primo anno di progetto
Circa 13 persone, tra cui rifugiati riconosciuti o ammessi provvisoriamente, sono state inserite in un progetto di integrazione nel mondo del lavoro, che debutta nel settore dell’agricoltura. Il progetto, partito un anno fa, durerà complessivamente tre anni.
Secondo la SEM, la Segreteria di Stato della migrazione, i riscontri dei datori di lavoro e dei lavoratori coinvolti testimoniano la reciproca soddisfazione.
In settori ad alta intensità lavorativa come l’orticoltura, la frutticoltura e la produzione vinicola, molti lavori vanno svolti ancora oggi manualmente. Senza il contributo di 25000-35000 lavoratori stranieri, perlopiù dimoranti temporanei provenienti dallo spazio europeo, non sarebbe possibile assicurare queste attività, si legge nella valutazione della SEM. Inoltre l’agricoltura svizzera desidererebbe dare il proprio contributo a impiegare al meglio il potenziale di manodopera locale.
Successi e sfide
È stato possibile impiegare 13 rifugiati in otto aziende. Secondo la valutazione, i rifugiati hanno molto apprezzato i progressi realizzati in termini di conoscenze linguistiche e tecniche. Positivi anche i riscontri delle aziende: da un lato constatano che i rifugiati hanno lavorato con la qualità richiesta e, dall’altro, spesso lodano i rifugiati per il modo in cui si sono integrati nei team e nelle famiglie. In tre casi il contratto di lavoro è stato prorogato d’intesa tra le due parti. Prossimamente, un rifugiato che ha partecipato al programma inizierà una formazione di addetto alle attività agricole.
Nel quadro del progetto pilota continua la ricerca di manodopera in vista di impieghi nell’agricoltura. Dall’inizio del 2016, l’Unione svizzera dei contadini ha ottenuto iscrizioni in ragione di 17 posti lavoro in 14 aziende agricole. Dieci rifugiati sono già in funzione, altri due inizieranno la loro attività nella tarda estate.
Il bilancio dopo il primo anno di progetto è chiaro: gli impieghi lavorativi nell’agricoltura concorrono a un accesso più rapido al mercato del lavoro e quindi anche a una migliore integrazione dei rifugiati. Le aziende possono reclutare manodopera nella regione e, idealmente, possono prorogare o reiterare gli impieghi anche sull’arco di più anni. Il progetto pilota ha dimostrato che un rapporto di lavoro di questo tipo non solo è possibile ma è a vantaggio di tutti. Ecco perché il progetto pilota proseguirà fino al 2018, come previsto inizialmente.