Il viaggio del presidente americano Barack Obama nel Medio Oriente e in Europa si è snodato lungo tappe che sono altrettanti messaggi e simboli. Ha tenuto un importante discorso – di cui solo la storia valuterà la reale portata – scegliendo accuratamente il luogo, l’Università islamica di Al Azhar al Cairo. Questa Università è stata fondata alla fine del primo millennio e attualmente ospita la massima autorità teologica sunnita, è dunque un simbolo di cultura, la quale può essere, al di là delle differenze di fede, il terreno d’incontro delle civiltà del mondo. L’Egitto, poi, è un Paese che, pur governato da un presidente che è al potere da più di trent’anni e che ha governato non di rado con il pugno di ferro, è uno dei più aperti del mondo arabo e musulmano. L’altra tappa importante è la visita a Buchenwal, lager nazista dove, dal 1937 fino alla fine della seconda guerra mondiale, furono deportati ed uccisi circa 250 mila ebrei e non ebrei rastrellati da vari Paesi e condotti al macello in questa cittadina della Turingia, a otto km da Weimar. Baraci Obama, Angela Merkel e Elie Diesel – Premio Nobel per la Pace nel 1986 e tra i pochi sopravvissuti al lager solo perché la Germania fu liberata dagli alleati – hanno portato al lager una rosa bianca. Buchenwal è il simbolo del male. Infine, la terza significativa tappa è in Normandia, dove il 6 giugno del 1944 sbarcarono gli americani al comando del Generale Eisenhower per liberare la Francia e l’Europa prostrate da Hitler. Lo sbarco in Normandia significa un grande tributo di sangue pagato dagli Usa per la libertà e il progresso dei popoli, tributo di sangue già offerto in occasione della prima guerra mondiale per gli stessi obiettivi. Da una parte questi simboli, simboli positivi, dall’altra quelli negativi: il terrorismo, l’odio, l’oppressione. Esempi? Il presidente iraniano Mahamud Ahmadinejad, a distanza di meno di sessant’anni dall’Olocausto, continua a negarlo, con ciò negando il suo valore, che è un monito per tutti e per il futuro. Il dittatore nordcoreano Kim Jong Il, proprio mentre Obama e l’America esaltano questi valori positivi, fa scoppiare ordigni nucleari che sono innanzitutto un’espressione di odio e una minaccia alla pace. La Cina, in occasione del ventesimo anniversario della strage di Tienanmen, continua a negare che una strage sia avvenuta e che la libertà da quasi sessant’anni è stata uccisa e continua ad essere massacrata. Da una parte questi simboli che danno speranza per il futuro, dall’altra i muri, gli arroccamenti, l’oppressione, il pianto dei popoli. Certo, c’è anche l’America delle riserve indiane, ma siamo a due secoli fa e comunque il suo percorso, pur tortuoso come tutto il cammino della storia, è stato un crescendo tenendo alto il faro della libertà e della democrazia. Non sappiamo se i Paesi musulmani vorranno anche loro un “nuovo inizio”, come sarebbe giusto, saggio e auspicabile. Sappiamo però che l’apertura di Obama è un investimento sull’unica prospettiva possibile che proietterebbe in avanti l’umanità. Se, malauguratamente, fosse lasciata cadere, allora la distanza si misurerebbe in millenni.
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