L’Unione sindacale svizzera (USS) rivendica anche un ripensamento del progetto “Previdenza 2020”
Nella tradizionale conferenza stampa d’inizio anno, l’USS ha disegnato un quadro oscuro dell’attuale situazione economica e sociale della Svizzera: essa preoccupa da un punto di vista dei lavoratori. Nel 2014 i sindacati promettono di impegnarsi con tutte le loro forze, affinché si possano ottenere miglioramenti per i lavoratori. L’attenzione sarà dedicata ai contratti collettivi di lavoro (CCL), che prevedono regole vincolanti relative al salario e alle condizioni di lavoro. In questo, l’USS ribadisce la necessità di un salario minimo di 4.000 franchi, per i rami economici non coperti da un CCL su cui è stata lanciata un’iniziativa che sarà in votazione probabilmente in maggio.
I prossimi dodici mesi saranno dunque all’insegna del partenariato sociale. Per proteggere i lavoratori, l’USS esige più contratti collettivi, per coprire settori dell’economia che oggi sono privi di queste convenzioni, come soprattutto la vendita al dettaglio. “I CCL sono la base del partenariato sociale” ha spiegato Paul Rechsteiner, presidente USS “uno strumento moderno che permette a tutti di beneficiare delle stesse condizioni”. Il sindacato critica la situazione in Svizzera, dove solo il 50% dei lavoratori beneficia di un CCL. Questa quota è inferiore a quella di Gran Bretagna (30%) e Stati Uniti (12%), ma la maggior parte dei Paesi europei ha una copertura maggiore: Italia (85%), Germania (60%) e in Austria è quasi del 100%. L’obiettivo è di accrescere la quota del 10% e portarla al 60%. L’USS chiede inoltre alla Confederazione di abbassare le condizioni per imporre l’obbligatorietà generale di un CCL. Oggi si può dichiarare obbligatorio un contratto collettivo, solo se è stato stipulato nella metà delle aziende e dei lavoratoti attivi in un ramo. “Queste regole dello Stato risalgono a 70 anni fa e non sono più al passo con i tempi. Il quorum dei datori di lavoro permette alle piccole imprese, con dumping sociale, di sfuggire a una regolamentazione più stringente” ha precisato Rechsteiner. L’analisi sindacale sulla situazione economica svizzera non si differenzia solo dalla posizione del Governo, ma anche da quella dei partiti borghesi. Quest’ultimi ritengono che il partenariato sociale funzioni bene e criticano i sindacati di non avere menzionato il fatto che la “pace sociale” in Svizzera è intatta, perché si basa su molti contratti individuali ed altri fattori rilevanti, che non si basano sui CCL.
L’altra rivendicazione di peso dell’USS concerne una rielaborazione del progetto governativo “Previdenza per la vecchiaia 2020” presentato dal consigliere federale socialista Alain Berset, che affronta il finanziamento del 1° e 2° pilastro nel suo insieme. Il progetto è al momento in procedura di consultazione. Il sindacato chiede di rafforzare l’AVS e non la previdenza professionale. In riguardo ha inoltrato l’iniziativa popolare AVSplus. L’obiettivo è di potenziare le future rendite vecchiaia del 10%: un aumento mensile di 200 franchi per le persone singole e di 350 franchi per i coniugi. Secondo l’USS il progetto del Governo non permette ai futuri pensionati di mantenere uno stile di vita come quello condotto durante la vita attiva, come prevede la Costituzione federale e porterebbe a forti riduzioni del potere d’acquisto, perché i pensionati dovranno investire di più nel 2° pilastro.
Inoltre ai cantoni l’USS chiede maggiori investimenti nella formazione, nelle infrastrutture e nel sistema sanitario. A causa dei ribassi fiscali – soprattutto per le aziende – e all’adozione di misure di risparmio, mancano gli investimenti nel settore pubblico, per assicurare il futuro benessere della Svizzera. I rappresentanti dei lavoratori hanno anche fatto notare, che a causa dell’apprezzamento del franco svizzero, la disoccupazione tende ad aumentare. Il responsabile delle analisi economiche all’USS, Daniel Lampart, prevede un tasso di senza lavoro del 4.6%. Ciò farebbe perdere alla Svizzera la sua posizione di vertice internazionale, se non si adotteranno misure adeguate. Gli ultimi dati sulla disoccupazione in Svizzera hanno registrato a dicembre un lieve aumento al 3.5%, facendo salire la media nazionale nel 2013 al 3.2%. Inquadrando i dati in un contesto internazionale, il tasso resta inferiore a quello di molti Paesi sviluppati: Stati Uniti al 6.2%, Germania al 6.5% e in alcuni dell’Eurozona la media è intorno al 12%. La disoccupazione resta dunque contenuta, ma non bisogna abbassare la guardia, per far tradurre in posti di lavoro la crescita economica.