L’estate – anche se la stagione non sempre corrisponde al clima atmosferico – è entrata e con essa il caldo, che porta con sé allegria ma anche stanchezza e una ridotta capacità di concentrazione, quando non anche un certo torpore e sonnolenza.
Non tutti se lo possono permettere a causa degli orari di lavoro, ma coloro che sono in grado di farlo devono sapere che il “pisolino” pomeridiano aiuta il cervello a funzionare meglio.
Gli scienziati che l’hanno scoperto hanno sottoposto venti studenti universitari ad un test di apprendimento della lingua cinese, che essi non conoscevano.
I ragazzi sono stati divisi in due gruppi: al primo gruppo, dopo una lezione mattutina di cinese, è stato chiesto di fare un pisolino, mentre agli studenti del secondo gruppo è stato chiesto di restare svegli.
Nel pomeriggio tutti gli studenti sono stati sottoposti ad un quiz su alcune parole cinesi mai incontrate prima: si è così scoperto che i giovani del primo gruppo intuivano il significato delle nuove parole cinesi collegandole a quelle imparate in mattinata; quelli del secondo gruppo, invece, non riuscivano a farlo.
Secondo i ricercatori, il pisolino pomeridiano, anche se breve, aiuta la memoria a fissare il ricordo di quanto è accaduto.
Il classico “pisolino”, dunque oltre a possedere un un naturale effetto benefico, rigenerante sulla mente, aiuta anche a fissare la memoria.
Inoltre esso, in caso di debito di sonno, è un metodo molto utile per recuperare, anche se questo non vale in tutti i casi: solo un sonnellino breve di 15–20 minuti può essere sufficiente a far recuperare ore di sonno perduto. Si tratta infatti del periodo corrispondente alla durata di una fase di sonno leggero, ideale per rilassarsi senza accusare problemi di sonnolenza al risveglio, cosa che può verificarsi se il sonnellino si protrae troppo a lungo. Questo tipo di sonnellino breve non disturba il sonno notturno ed è consigliato anche per coloro che tendono ad avere sonnolenza durante il giorno. Lo devono invece evitare i soggetti che hanno problemi ad addormentarsi la sera.
L’orario migliore per il sonnellino è dalle 13 alle 15. Questo intervallo corrisponde al periodo del nostro ritmo circadiano in cui la vigilanza e l’attività intellettuale calano naturalmente. Purtroppo, non tutti hanno la fortuna di essere liberi in queste ore!
Anche altri studi in materia hanno dimostrato, da diverso tempo ormai, che un breve sonnellino durante la pausa di mezzogiorno è molto salutare ed accresce il rendimento lavorativo nel pomeriggio: per questo gli americani lo chiamano anche «power nap».
“Accresce il rendimento sia sul piano fisico che mentale e riduce notevolmente il rischio di errori ed infortuni sul posto di lavoro. In breve: ricarica e ridà slancio”, secondo il professor Jürgen Zulley, presidente dell’Accademia tedesca per la salute e il sonno, che continua: “Il sonnellino pomeridiano risponde ad un bisogno naturale dell’uomo di cui l’odierna società, purtroppo, non tiene ancora sufficientemente conto”.
Fondamentale nel «powernapping» non è il sonno in sé ma il fatto di estraniarsi per un attimo dal contesto del momento. Fermarsi e chiudere per qualche istante gli occhi sul posto di lavoro ha dunque un effetto rigenerante.
Molti, tuttavia, non riescono a concedersi un po’ di sonno durante la pausa di mezzogiorno. In tal caso si può imparare il «powenapping» ricorrendo a particolari tecniche di rilassamento, come quella della progressiva distensione muscolare, lo yoga o il training autogeno. L’importante, ripetiamo, è che il sonnellino non duri più di mezz’ora al massimo, perché altrimenti si fatica a svegliarsi e, di conseguenza, ogni effetto benefico svanisce.
Ma il sonnellino non è l’unico aiuto per la nostra memoria.
In materia di memoria, si è anche scoperto che essa migliora con la pioggia e diminuisce con il sole, al contrario di quel che succede per l’umore.
Gli scienziati australiani hanno chiesto ad un gruppo di 40 persone di memorizzare alcuni oggetti esposti in una vetrina in una giornata di sole. Dopo cinque minuti hanno chiesto di descrivere il proprio umore e poi di ricordare gli oggetti. Alla prima giornata di cattivo tempo, hanno fatto ripetere l’esercizio con gli stessi partecipanti.
È venuto fuori che nelle giornate di pioggia l’umore era pessimo, ma la memoria era tre volte più viva. Gli esperti ritengono che l’umore negativo provocato dal cattivo tempo renda più attenti all’ambiente che circonda, mentre il buonumore rende più distratti.
Per fissare meglio le informazioni nella nostra memoria, quindi, bisogna essere di cattivo umore. Ne discende che, secondo un gruppo di ricercatori australiani, i pessimisti hanno una memoria migliore soprattutto per i dettagli. Gli ottimisti, al contrario, tenderebbero alla distrazione e quindi ad avere maggiori problemi di memoria.
Che l’umore possa avere importanti ripercussioni sulla mente e sul cervello d’altronde è risaputo da tempo e già uno studio della Washington University di St. Louis (Usa), aveva suggerito che la personalità potrebbe influenzare le dimensioni del cervello.
Secondo tale studio, infatti, i neurotici, cioè le persone più inclini ai pensieri negativi, con l’età subiscono una riduzione dell’area cerebrale legata alle emozioni. I ricercatori hanno esaminato le risonanze del cervello di 79 volontari tra i 44 e gli 88 anni, investigando anche sulle attitudini mentali e sugli stili di vita.
Ebbene, gli scienziati hanno trovato in coloro che mostravano un maggiore pessimismo volumi più piccoli nella materia grigia del lobo frontale e mediale rispetto a quelli più coscienziosi ed estroversi.
“È la prima volta che si trova un influsso della personalità nel cervello”, ha spiegato Denise Head, prima autrice dello studio, “i nostri dati suggeriscono che c’è un legame molto stretto, soprattutto con le aree associate ai processi emozionali e sociali, anche se è ancora presto per dire se è la personalità che influenza le dimensioni cerebrali o il contrario”.
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