Mattarella: “La solidarietà nei confronti dell’Ucraina deve essere ferma e coesa”; Segre: “L’equidistanza non è possibile”; Pagliarulo: “sbagliato identificare la resistenza italiana con quella ucraina”
In tutti questi anni celebrare il 25 aprile ha avuto principalmente un significato di commemorazione di quello che è stato 77 anni fa, quando l’eroica resistenza italiana è riuscita a liberare la nostra Patria dal regime nazifascista. Quest’anno però festeggiare la liberazione mentre nel cuore dell’Europa si sta svolgendo una terribile guerra ci mette nelle condizioni di riflettere sui valori del 25 aprile e sulla Resistenza.
Oggi ci troviamo di fronte a scene di guerra che nessuno mai avrebbe immaginato di assistere nuovamente, almeno nel territorio della democratica Europa. Invece lo scorso 24 febbraio si è aperto il sipario svelando a tutti la realtà dei fatti, tra scene di bombardamenti, devastazioni di città intere e massacri di civili innocenti. Queste sono le immagini che ci troviamo a commentare alla vigilia del 25 aprile, la data scelta a simbolo della liberazione del popolo italiano dall’oppressione nazifascista e la ritrovata pace dopo un terribile periodo di guerra. Sembrerebbe quasi ovvia la totale solidarietà nei confronti di tutto un popolo che sta subendo un attacco di questa portata e invece non sembra essere così.
“C’è chi manifesta disinteresse per le sorti dell’Ucraina. Ci si dimentica dei valori del 25 aprile e della Resistenza”, ha detto il presidente della Repubblica Sergio Mattarella durante l’incontro con le associazioni combattentistiche d’arma al Quirinale.
In questa giornata importante per il popolo italiano è impossibile non pensare a quello che sta accadendo nel cuore dell’Europa e non solidarizzare con loro, perché, come spiega il Presidente Mattarella, questa giornata ci ricorda “un popolo in armi per affermare il proprio diritto alla pace dopo la guerra voluta dal regime fascista. Fu un’esperienza terribile; che sembra dimenticata, in queste settimane, da chi manifesta disinteresse per le sorti e la libertà delle persone, accantonando valori comuni su cui si era faticosamente costruita, negli ultimi decenni, la convivenza pacifica tra i popoli”, ha detto il Capo dello Stato.
“L’attacco violento della Federazione Russa al popolo ucraino non ha giustificazione alcuna. La pretesa di dominare un altro popolo, di invadere uno Stato indipendente, ci riporta alle pagine più buie dell’imperialismo e del colonialismo”, ha detto Mattarella, che ha aggiunto: “L’incendio appiccato alle regole della comunità internazionale è devastante; e destinato a propagare i suoi effetti se non si riuscisse a fermarlo subito, scongiurando il pericolo del moltiplicarsi, dalla stessa parte, di avventure belliche di cui sarebbe difficile contenere i confini. La solidarietà, che va praticata nei confronti dell’Ucraina, deve essere ferma e coesa”, anche se “è possibile che questo comporti alcuni sacrifici”.
Quello che è stato il 25 aprile lo possiamo capire meglio grazie alle testimonianze viventi dei nostri tempi. Voce preziosa è quella di Liliana Segre, senatrice a vita, che senza mezzi termini si pone dalla parte degli invasi con i quali trova molte analogie con la tragedia da lei vissuta: “Sarebbe difficile in un anno come questo intonare ‘Bella ciao’ senza rivolgere un pensiero agli ucraini che nelle scorse settimane si sono svegliati e hanno ‘trovato l’invasor’”. “Mi auguro al più presto la pace. L’equidistanza non è possibile, il popolo ucraino è stato aggredito dai russi e la sua resistenza va sostenuta”, afferma la Senatrice per la quale è necessario e importante dare voce alla resistenza ucraina e al popolo ucraino per far raccontare una viva testimonianza di quel che sta accadendo.
La sua posizione però cozza con quella dell’Anpi, l’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia, che negli ultimi giorni è stata al centro di una polemica a causa del diverso punto di vista della guerra in atto in Ucraina, a cominciare dal rifiuto di accostare la resistenza italiana a quella Ucraina. “È giusto definire la lotta armata degli ucraini come una lotta di resistenza. – afferma il presidente dell’Anpi, Gianfranco Pagliarulo, presentando le celebrazioni per il 25 aprile – Ma secondo noi è sbagliato identificare la resistenza italiana con la resistenza in Ucraina”. Ma non solo. Anche la posizione in generale, da molti considerata “morbida” nei confronti del paese aggressore, ha immesso l’Anpi al centro di varie polemiche alla quale Pagliaruolo risponde facendo leva sugli effetti disastrosi che potrebbe portare questa guerra. Per questo motivo l’Anpi preme sulle trattative e sull’intervento del Papa e soprattutto si è posta contro l’invio delle armi per non favorire l’escalation del conflitto: “Ci chiediamo come si fa a non vedere che si rischia di creare una catastrofe con una reazione a catena con effetti disastrosi. Noi siamo stati da subito contrari all’invio di armi. È possibile un nuovo Afghanistan nel cuore dell’Europa, una guerra interminabile, di sfinimento. Oggi siamo davanti a una fase nuova dell’invasione che ha un carattere ancora più tragico che rende ancora più urgente un tavolo di trattative, a partire da una tregua per le festività pasquali come ha chiesto Papa Francesco”. Perfino il lancio del manifesto del 25 aprile, una vignetta che cita l’articolo 11 della Costituzione “L’Italia ripudia la guerra”, ha destato diverse polemiche anche tra gli iscritti, dove il pensiero comune è sintetizzato nell’espressione: “tutti ripudiano la guerra, l’importante è non ripudiare la Resistenza”.
L’appello di pace è infatti condiviso da tutti, lo ricorda il Presidente Sergio Mattarella, quando nel suo intervento con le associazioni combattentistiche d’arma al Quirinale sollecita “A praticare il coraggio di una de-escalation della violenza, il coraggio di interrompere le ostilità e di ritirare le forze di invasione. Il coraggio di ricostruire. La straordinaria conquista della libertà, costata sacrifici e sangue ai popoli europei – e condivisa per molti decenni – non può essere rimossa né cancellata. Sappiamo anche che la libertà non è acquisita una volta per sempre e che, per essa, occorre sapersi impegnare senza riserve. Vale ovunque. In Europa come in Italia”.
Redazione La Pagina