Tratto dal capolavoro omonimo di Sandro Veronesi, “Il Colibrì” diretto da Francesca Archibugi ci mostra la vita e la resistenza umana del protagonista, Marco Carrera, un uomo che si pone in tutta la sua impotenza di fronte gli eventi che subisce e in tutta la potenza nel riuscire a sopportarli: continuare a volare pur restando immobili. È grazie al suo grande spirito di resilienza che Marco riuscirà ad andare avanti nonostante gli incontri fatali, le perdite dolorose, gli amori irrisolti. È una storia che cerca di guardare al futuro attraverso i ricordi del passato, il film infatti è ricco di flashback che dal presente ci trasportano immediatamente nel passato degli anni ’70, quando Marco, interpretato dal bravissimo Pierfrancesco Favino, conosce al mare Luisa Lattes, una ragazzina bellissima e inconsueta per la quale scopre un sentimento potente, l’amore, ma che però non verrà espresso totalmente, non si consuma né si spegne mai. E forse questo è l’ulteriore messa alla prova che Marco subisce, perché quell’amore lo tormenta nei ricordi del passato ma anche nel presente con la moglie che lo accusa di tradimento proprio con Luisa, mentre l’unica relazione che Marco si ostina a mantenere con quell’amore adolescenziale è esclusivamente epistolare. Ma oltre alle problematiche del presente, gli episodi del passato svelano tutta una serie di circostanze e casualità che continuamente mettono alla prova il protagonista che, proprio come un colibrì, cerca di restare in equilibrio, immobile mentre tutto intorno si muove in maniera implacabile, con cambi di rotta improvvisi e destini fatali che l’uomo deve essere in grado di superare. E per gli urti più violenti Marco troverà Daniele Carradori, lo psicoanalista della moglie, che gli insegnerà come accogliere le virate di rotta della vita più inaspettate, basta continuare a volare anche restando immobili.
“Il Colibrì” è la storia della forza ancestrale della vita, della strenua lotta che facciamo tutti noi per resistere a ciò che talvolta sembra insostenibile.
“Il Colibrì”, come detto, è tratto dal best seller di successo di Veronesi e proprio per i suoi contenuti, l’architettura di personaggi legati al protagonista, l’indagine alla psiche umana e alle dinamiche familiari, si confà allo stile della regista Francesca Archibugi. “Ho amato moltissimo il libro di Sandro Veronesi, volevo essergli fedele e al tempo stesso usarlo come materiale personale, perché così lo sentivo – spiega la regista – Il libro è avventuroso sul piano stilistico, e con gli sceneggiatori Laura Paolucci e Francesco Piccolo abbiamo voluto non solo assecondare l’avventura, ma rilanciare. Un unico flusso di avvenimenti su piani sfalsati, come quando si racconta una vita, con episodi che vengono a galla apparentemente alla rinfusa, ma invece sono legati da fili interni, a volte inconsapevoli”. Come si legge nella sinossi ufficiale, “Il Colibrì” è la storia della forza ancestrale della vita, della strenua lotta che facciamo tutti noi per resistere a ciò che talvolta sembra insostenibile. Anche con le potenti armi dell’illusione, della felicità e dell’allegria. Il film interpretato da un cast notevole con Pierfrancesco Favino e Kasia Smutniak in prima linea, ma anche da Nanni Moretti nel ruolo dello psicoanalista Daniele Carradori, ha ottenuto 2 candidature e vinto un premio ai Nastri d’Argento, 4 candidature a David di Donatello e in Italia al Box Office ha incassato 3 milioni di euro. A partire dal 7 settembre 2023 “Il Colibrì” di Archibugi sarà proiettato nei cinema della Svizzera tedesca.
Redazione La Pagina