Come è possibile che l’Italia rilasci e accompagni a casa un criminale ricercato dal tribunale dell’Aja? Continua la reticenza del Governo Meloni sul caso Almasri ma l’opposizione chiede chiarezza e la Cpi esige una spiegazione
L’incomprensibile rilascio del torturatore libico Almasri da parte del Governo italiano ha scosso davvero tutti e ancora oggi, a 2 giorni dal suo arrivo a Tripoli, non sono chiari i motivi che hanno spinto a questa affrettata decisione, ponendo così il Governo Meloni in una posizione scomoda di fronte la Corte penale internazionale (Cpi).
Chi è Almasri? Che potere ha, non solo in Libia ma anche in Italia, tanto da essere scarcerato e accompagnato con un aereo di Stato al suo Paese, dove era atteso come un trionfatore? Cosa c’è realmente alla base di un tale trattamento? Sono domande lecite che per ora non trovano risposte esaustive o che per lo meno possano far comprenderne i motivi reali.
Il caso internazionale di Almasri
Il generale libico Osama Almasri è al vertice della Polizia giudiziaria e opera alle dirette dipendenze funzionali della magistratura e dello stesso Procuratore generale nazionale, Sadiq Al-Sur, dunque nel sistema di sicurezza libico. Il suo nome reale non è certo, è noto col nome di battaglia Almasri, che vuol dire “Egiziano”, ma che evoca invece le peggiori associazioni mentali, perché Almasri è noto anche come il “torturatore di Mitiga”, come violento comandante libico associato alla tratta di esseri umani, a violenze fisiche e sessuali sui detenuti libici, omicidi e crudeltà di qualsiasi tipo. Ancora oggi vengono fuori testimonianze di chi ha subito e visto torture ad opera sua durante la detenzione.
Eppure fino a qualche tempo fa Almasri girava indisturbato in Europa, anche in Italia, fino a quando lo scorso 18 gennaio la Corte penale internazionale formalizza il mandato di cattura internazionale.
Secondo quanto notificato dalla Corte penale internazionale, l’uomo è accusato di crimini di guerra e contro l’umanità, di aver coordinato e anche eseguito omicidi, violenze sessuali e torture nelle strutture carcerarie di Tripoli, probabilmente a partire dal 2015. In modo particolare l’uomo avrebbe agito presso la struttura di Mitiga, ovvero dove vengono rinchiuse migliaia migranti che sperano di raggiungere l’Europa, descritto come un vero e proprio lager dove “2600 uomini, donne e bambini” sarebbero costretti in spazi angusti, privi di accesso ad avvocati o tribunali e sottoposti da Almasri insieme ai suoi uomini, ad abusi sistematici, specialmente contro detenuti accusati di crimini religiosi, ateismo, cristianesimo o omosessualità. Almasri è stato arresto dalla Digos in Italia, dove si era recato per assistere indisturbato alla partita Juventus-Milan a Torino, viene quindi portato nel carcere delle Vallette, dove vi starà per due notti prima di essere rimpatriato a Tripoli con tutti gli onori.
Il rimpatrio incomprensibile
Almasri viene rilasciato solo due giorni dopo l’arresto e accompagnato con un volo di stato (più precisamente un aereo in dotazione dei servizi segreti) in patria, dove il Generale libico viene accolto con tutti gli onori che non spetterebbero a chi è accusato di tali crimini.
Cosa è successo tra il mandato di arresto della Corte penale internazionale e il rilascio in fretta e furia dell’Italia?
Pare che gli atti del mandato d’arresto pendente su Almasri siano stati inviati alla Corte d’Appello di Roma, l’autorità competente per la cooperazione tra l’Italia e la Corte Penale Internazionale il 19 gennaio, ovvero proprio quando viene arrestato.
Nei tribunali di Roma, però, nei due giorni di detenzione, viene fuori un cavillo che non permette di proseguire l’arresto di Almasri: secondo le leggi che regolano la cooperazione con la Corte dell’Aja, prima di procedere all’arresto dell’uomo, è necessaria “un’interlocuzione tra il ministro della Giustizia e la Procura generale della Corte d’Appello di Roma”, ovvero il ministro di Giustizia italiana, Carlo Nordio, doveva confermare di aver ricevuto una richiesta ufficiale dai magistrati della Corte Penale Internazionale. Questo è il cavillo – la mancata interlocuzione tra il ministro di giustizia e la corte d’appello – che ha reso “irrituale” l’arresto di Almasri, così si è proceduto alla scarcerazione poiché non c’erano i presupposti legali per convalidare l’arresto.
Lo stupore sulla decisione italiana del rilascio è tanto, ma ancor di più incomprensibile è la decisione di accompagnare un criminale libico con un aereo di Stato.
La Corte penale internazionale chiede spiegazioni
Il rilascio e il rimpatrio di lusso del Generale libico ricercato per crimini di guerra e contro l’umanità ha certamente suscitato sgomento non solo in Italia, dall’opposizione – che finalmente ha una ragione a cui aggrapparsi – ma anche all’estero e soprattutto presso la Corte penale internazionale che ha chiesto spiegazioni all’Italia sulla tale scarcerazione.
“Su richiesta e nel pieno rispetto delle autorità italiane, la Corte si è deliberatamente astenuta dal commentare pubblicamente l’arresto” ha reso noto la Cpi, “il 21 gennaio, senza preavviso o consultazione con la Corte, Almasri sarebbe stato rilasciato e riportato in Libia. La Corte sta cercando, e non ha ancora ottenuto, una verifica da parte delle autorità sui passi compiuti”.
Una prima, e ad oggi l’unica, risposta ufficiale viene data dal ministro dell’Interno Matteo Piantedosi che rispondendo in proposito al question time al Senato ha spiegato che Almasri è stato “rilasciato” nella serata del 21 gennaio per “poi essere rimpatriato a Tripoli, per ragioni di urgenza e sicurezza, vista la pericolosità del soggetto”.
“Espulso per la sua pericolosità”, dunque, è la spiegazione ufficiale che arriva dal Governo, ma è un paradosso poiché solitamente si trattengono i criminali proprio per la loro pericolosità. Nessuno ha invece spiegato l’utilizzo del volo di Stato per il rimpatrio.
Meloni tace,l’opposizione accusa
Il silenzio della Presidente del Consiglio sulla vicenda è surreale, ma non imprevedibile visto che la reticenza fa parte del modus operandi di Meloni. L’opposizione però accusa la Premier senza mezzi termini di aver liberato un “torturatore” e ha chiesto che la premier Giorgia Meloni e il ministro della Giustizia Carlo Nordio riferiscano in Parlamento su una vicenda che ha molti punti oscuri. “Chiediamo alla presidente Meloni di smettere di nascondersi dietro i suoi ministri – dice la segretaria del Pd Elly Schlein – Meloni dichiarava guerra ai trafficanti in tutto il globo terracqueo, ne arrestano uno e lo riaccompagna a casa… Chiediamo che la presidente del Consiglio venga a riferire in aula: non ci fermeremo finché non avremo piena luce su quanto accaduto. La smetta di nascondersi nel palazzo e venga a spiegare al Paese, in Parlamento”. Al coro si uniscono Fratoianni e Bonelli di Avs, Magi di +Europa, Boschi di Iv, Ricciardi del M5S e Richetti di Azione, ma il silenzio del Governo sulla vicenda continua, anche di fronte alle accuse dell’ong impegnata nei salvataggi in mare nel Mediterraneo che ha parlato di connivenza dell’Italia con il governo libico per questioni di opportunità politiche legate alla gestione dei flussi migratori. Almasri, infatti, è uno degli esponenti di punta del regime libico che ha influenza sulle partenze dei migranti africani dalle coste libiche, non sarebbe insensato che, per ragion di Stato, l’Italia avrebbe rilasciato il torturatore libico per evitare l’arrivo in massa di barconi sulle nostre coste. Maggiori informazioni in proposito sono attese la prossima settimana, quando verrà riferito in maniera più dettagliata in Parlamento sul controverso caso della scarcerazione del “torturatore di Mitiga”.
Redazione La Pagina