La Corte Europea di Strasburgo ha stabilito che il crocifisso deve essere tolto dalle aule scolastiche perché, in estrema sintesi, limita la libertà di religione.
Solo tra parentesi, che non è questo il nodo della questione, preme far notare una cosa: a dare inizio all’iter dal quale è poi scaturita tale sentenza non sono appartenenti ad una diversa fede religiosa che lamentano la discriminazione tra la loro religione e quella cattolica, ma degli atei; tradotto vuol dire che il crocifisso va tolto perché limita la libertà di religione di chi, dichiaratamente, una religione non ha. Ravvisare come si possa limitare l’inesistente non è semplice da capire, ma tant’è… Diversa la questione nel caso in cui si asserisca che nelle scuole, luoghi di istruzione pubblica, gli appartenenti ad una religione diversa da quella cattolica chiedano la presenza di “altri” simboli accanto al crocifisso o ravvisino nella sua presenza un elemento di discriminazione. Questione certo spinosa anche questa, ma quantomeno munita di fondamenta logiche sulle quali confrontarsi nella direzione di quella possibile, e auspicata, integrazione della quale vanno, forse volta per volta, definiti limiti e contorni perché possa realmente garantire la pacifica coesistenza di più culture e religioni, ivi comprese, dunque, le diverse culture religiose.
Tolleranza, coesistenza, confronto, rispetto…sembrano questi i termini opportuni in tematiche del genere e si fa fatica a vedere come la soluzione della “rimozione” possa avere un suo ruolo in tutto ciò…
Forse che l’integrazione, o il rispetto, o la libertà passano dalla cancellazione della storia e delle tradizioni di un paese?
Forse che l’Italia dovrebbe cancellare la sua millenaria tradizione di paese cattolico, limitando l’espressione della sua identità, nazionale, culturale e religiosa, per garantire quella altrui o addirittura non ledere l’ateismo di altri? Il nostro crocifisso è davvero un simbolo così lesivo per gli studenti delle scuole italiane? Vogliamo educare alla coesistenza e una sentenza europea giustifica la non tolleranza di un simbolo millenario di amore e di un’identità non solo cristiana, ma di un’intera cultura che al cristianesimo si è sempre ispirata. Non è un controsenso ideologico e culturale?
Seguendo la via indicata da questa sentenza toglieremo il crocifisso dalle scuole, perché gli atei e i non credenti non si sentano “osservati” (così si sentivano, secondo i genitori che hanno presentato il ricorso alla Corte, i loro figli); ma, per coerenza, allora, sarebbero da eliminare anche tutti i riferimenti alla cultura cristiana contenuti nei programmi scolastici, perché pericolosi per i ragazzi che potrebbero sentirsi culturalmente “indirizzati” e comunque influenzati nelle proprie scelte.
Poi, magari, togliamo i crocifissi anche dall’esterno degli edifici pubblici (chiese, cattedrali e altro), così da non turbare gli atei mentre vanno in giro per le città; o dalle opere d’arte esposte nei musei, perché non turbino i visitatori; e bandiamoli anche dalla cinematografia mondiale, dagli ospedali, dai tribunali, insomma da tutti i posti in cui ancora sono presenti, sempre per evitare di turbare quanti si sentono “influenzati”; e togliamo la croce, a questo punto, anche dalle bandiere dei molti Stati che l’hanno scelta come simbolo per essere rappresentati, come la Grecia, l’Islanda, Malta, il Regno Unito, la Svezia, la Norvegia e molti altri ancora tra cui la Finandia, (paese che ha dato i natali alla madre che ha sollevato la questione): intollerabile che la bandiera di uno Stato porti in sè un simbolo offensivo degli atei e dei non cristiani che non si sentirebbero più rappresentati dal loro Stato di appartenenza; e allo stesso modo, per par condicio, pretendiamo che vengano eliminati, per strada e nei luoghi pubblici, tutti i riferimenti simbolici di ogni cultura altra, perché nessuno debba sentirsi offeso, limitato nella propria libertà o ‘osservato’ da simboli che non riconosce e che non appartengono alla sua cultura…
Provocazioni a parte, l’integrazione deve garantire il rispetto di tutti, non poggiare sulla rimozione di simboli non condivisi, o non sarà mai reale, portando invece, nell’estremo rispetto della libertà di ognuno, a realizzare una perfetta e pacifica integrazione del nulla, di popoli privati delle proprie tradizioni, in una società piatta, vuota e senza storia.
La laicità delle istituzioni dovrebbe essere un valore ben diverso dalla negazione del ruolo del Cristianesimo ed invece sembra si stia andando verso una totale rimozione della radice culturale raffigurata dall’emblema del crocifisso con una “crociata” contro l’immagine di Colui dalla cui nascita, nel modo, si conta il tempo. Il crocifisso non genera nessuna discriminazione, al contrario denuncia la principale delle ingiustizie del mondo e simboleggia l’uguaglianza tra tutti gli uomini. È il segno del dolore umano e richiama il valore dell’amore verso il nemico e della solidarietà tra gli uomini. E come tale non si tocca! E non è solo una questione di religione, è una questione di rispetto e tolleranza; è la nostra storia che va studiata, capita e condivisa con gli altri, non certo rimossa come, con assoluta carenza di senso storico, porterebbe a fare la sentenza della Corte europea.
Isabella La Rocca