Ci sono gli esperti newyorkesi “N.c.i.s.”, che scoprono gli autori dei delitti analizzando reperti e profili in laboratorio o tramite lo scambio di opinioni ed informazioni, e ci sono quelli dei Ris nostrani, a cui sarebbe fatica sprecata chiedere di arrivare ad una qualche ipotesi plausibile.
È vero, quelli sono attori e agiscono nei film, che devono avere un inizio ed una fine, e i Ris sono invece agenti che operano nella cruda realtà e la realtà, si sa, è più complicata della fantasia. Ma sta di fatto che non ne imbroccano una.
A Como, una ragazza giaceva nelle profondità del lago da un anno, ma per accorgersene non sono servite a nulla le indagini dei Ris, c’è voluta la sensitività di una medium. In Veneto, il povero Zornitta è stato accusato dai Ris di essere il famigerato Unabomber, colui o colei che fabbricava piccole bombe che scoppiavano in mano a malcapitati procurando loro ferite e mutilazioni, ma solo dopo un paio di anni di gogna mediatica i suoi avvocati hanno scoperto che qualcuno dei Ris aveva manipolato un reperto. Laddove non riuscivano con le attrezzature e l’intelligenza, ci volevano arrivare con la falsificazione.
L’ultima perla dei Ris nostrani si è scoperta nelle indagini del delitto di Garlasco.
La mattina del 13 agosto del 2007 Chiara Poggi fu trovata morta in un lago di sangue nella villa dei suoi genitori a Garlasco, in provincia di Pavia.
A trovarla fu il suo ragazzo, Alberto Stasi, che dichiarò di esser andato dalla sua fidanzata e di averla trovata morta. Agli inquirenti ha sempre detto che la mattina di quel giorno, tra le 9 e 30 e le 12, ore durante le quali la procura ha sempre stabilito che la vittima fosse stata ammazzata (più precisamente: 10.30-12), era al suo computer portatile a lavorare alla sua tesi di laurea, ma non è mai stato creduto. Anzi, per la procura il giovane è stato l’unico indagato (e tuttora lo rimane), al punto che quattro giorni dopo il delitto venne arrestato. Gli esperti dei Ris avevano trovato tracce di sangue sulla sua bicicletta, tracce che poi furono definite “probabilmente” di sangue, ma infine si rivelarono essere non di sangue e Stasi venne scarcerato.
Il 28 marzo di quest’anno, tra la sorpresa di tutti, Alberto Stasi ha chiesto il rito abbreviato, cioè quel processo che ha un solo grado di giudizio e che, in caso di condanna, riduce la pena di un terzo. Molti dicevano che il giudizio abbreviato era stato chiesto per evitare l’ergastolo, la difesa sosteneva di averlo chiesto perché le prove erano inconsistenti.
La sentenza avrebbe dovuto essere pronunciata entro il 18 aprile, ma il giudice richiese ulteriori accertamenti ad una commissione di 22 periti che dovranno consegnare le loro relazioni entro il 30 settembre prossimo.
Ed è di questi giorni la scoperta che quella mattina, nell’arco di tempo in cui Chiara sarebbe stata ammazzata, Alberto Stasi aveva lavorato veramente al computer. Le tracce di quelle registrazioni furono cancellate sbadatamente dai carabinieri dei Ris quando sequestrarono il computer e lo aprirono per verificare se effettivamente Alberto aveva o no lavorato. A scoprirlo è stato anche un agente che prima quelle stesse tracce le aveva negate.
Quell’unica prova regina ora si è rivelata completamente inconsistente. Errore di quelli che possono capitare? La realtà è che di errori ce ne sono stati almeno dieci, e tutti per superficialità o pressappochismo nelle indagini. Oltre a quello citato c’è l’autopsia di Chiara: tutti dimenticarono di prendere le impronte, per cui il cadavere dovette essere riesumato. Nella casa di Alberto furono sequestrati oggetti, ma non furono eseguiti rilievi scientifico-biologici.
Il telefonino del giovane non è mai stato sequestrato, lo ha consegnato lui recentemente dicendo che dal giorno del delitto non lo aveva mai più usato. Nella stanza della vittima ci sono le impronte di tutte le persone che ci erano state, comprese quelle del cane della vittima che al momento dei rilievi gironzolava per la stanza. Per farla breve: le biciclette in casa Stasi erano tre e non sono state controllate tutte; dopo due anni solo ora altri inquirenti hanno trovato la traccia del lavoro di Alberto, tra il disappunto del pubblico ministero che si è scandalizzato per la superficialità dei Ris; la domanda ora è: la ragazza è stata ammazzata veramente tra le 10 e 30 e le 12?
Caduta la prova principale, per Alberto si vedono spiragli di assoluzione, ma oltre alla domanda prima formulata se n’è aggiunta un’altra: Alberto, all’ora presunta del delitto stava lavorando al computer ma, essendo un computer portatile, non poteva trovarsi nella stanza di Chiara? Toccherà alla commissione sciogliere tutti questi nodi. Mettendo insieme il caso Zornitta e il caso Stasi, si potrebbe anche azzardare l’ipotesi che siano loro i veri colpevoli, ma resta il fatto che la fabbricazione delle prove o la superficialità delle indagini offrono appigli di innocenza anche a chi dovesse essere eventualmente colpevole.
La prossima puntata alla fine di settembre, con le conclusioni dei 22 esperti nominati dal giudice.
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