Un mese e mezzo fa il numero due del regime nordcoreano fu arrestato in piena seduta del comitato centrale del partito e due settimane dopo fucilato. La verità è un’altra
Apparentemente il fatto che stiamo per raccontare riguarda più che la politica la cronaca, e per giunta quella criminale. In realtà, quando una violenza di tale brutalità ed efferatezza viene decisa dalle autorità politiche, allora, più che di cronaca, si tratta proprio di politica, essa stessa, in questo caso, criminale.
La notizia della caduta in disgrazia del numero due della Corea del Nord, Jang Song Thaek, 67 anni, risale a circa un mese e mezzo fa, quando sui giornali di tutto il mondo è apparsa la sua figura circondata da soldati che gli mettevano le manette e lo portavano via. Tutta la scena si è svolta all’interno della seduta del Comitato centrale del partito comunista nordcoreano. Il mandante dell’arresto era Kim Jong-Un, trentenne succeduto a suo padre Kim Jong-Il, morto circa due anni fa. La vittima non era solo il numero due del regime, era anche lo zio del dittatore coreano. Una faida politica e di famiglia, dunque.
La notizia dell’arresto era stata diffusa dalla stessa Corea del Nord, e fu seguita, alcuni giorni dopo, da quella dell’esecuzione dell’ex numero due. Jang Song Thaek, si scrisse, fu fucilato, insieme ad un gruppo di suoi amici. Quella notizia – lo sappiamo ora – è vera solo in parte, cioè nel senso che è stato eliminato, che è morto. E’ il come sia stato giustiziato che fa accapponare la pelle. E’ stato messo, insieme ad un gruppo di suoi amici, all’interno di una grande gabbia con 120 mastini affamati e sbranato da quella furia animalesca. Quell’orribile scena è durata circa un’ora. Evidentemente Jang Song Thaek e i suoi amici, malgrado tutto, hanno cercato di difendersi, finché hanno potuto, e poi sono stati sopravanzati dalla forza e dai denti dei cani. Dopo un’ora circa, in quella gabbia c’erano solo i 120 cani un po’ più sazi di prima e nessun resto, all’infuori, presumiamo, degli abiti e delle scarpe dei condannati, ammesso che le vittime non siano state buttate nella gabbia nude. Tocco di crudeltà: hanno assistito allo scempio 300 funzionari del regime, con al centro il dittatore e nipote in persona.
Le fonti di questa notizia sono il quotidiano di Hong Kong in lingua cinese “Wen Wei Po”, vicino al governo cinese. La vicinanza al governo significa che vengono pubblicate tutte quelle notizie che l’organo ufficiale del partito non può pubblicare per ragioni diplomatiche e di alleanze (Cina e Corea del Nord sono alleate, anche se negli ultimi tempi la Cina ha preso più di una distanza dalla politica dell’alleato) ma che sono notizie fondate. A distanza di un paio di settimane dalla pubblicazione sul quotidiano di Hong Kong, la notizia è apparsa anche su “Traits Times”, quotidiano di Singapore, vicino, per necessità, al governo. Dunque, una notizia data due volte che ne avvalora l’autenticità.
Come se non bastasse, questa atroce pratica fa parte della tradizione, sia criminale che storica. E’ innanzitutto un’antica pratica nordcoreana di giustiziare i criminali, i nemici e i condannati. Si chiama “quan jue”, che significa essere mangiati dai cani. In un film di propaganda nordcoreana sull’ex presidente della Corea del Sud, Lee Myung Back, questi veniva raffigurato, appunto, come sbranato dai cani. Infine, lo testimoniano coloro – pochi – che sono scampati ai campi di sterminio e di lavoro nel Nord e fuggiti nel Sud. Insomma, la morte per sbranamento da cani esiste nell’immaginario coreano, esattamente come in Europa, secoli fa, esisteva la forca. D’altra parte, dopo l’arresto, Jang Song Thaek è stato definito “cane”, “traditore per tutta l’eternità” e “feccia umana”.
Ufficialmente l’arresto dell’ex numero due è dovuto a motivi economici, cioè ad appropriazioni indebite, tangenti, affari ai danni dello Stato, ma non sono pochi coloro che sostengono che la sua eliminazione sia stata opera di lotte di potere, e lì, la lotta di potere non è una diversa posizione, non è l’insulto, non è lo stare in minoranza, è semplicemente l’eliminazione fisica del nemico.
Questa vicenda è solo l’ultimo caso di un regime guidato da folli e criminali i quali – e loro lo sanno e per questo sono sempre più crudeli – prima o poi rischiano la stessa sorte.