Per la difesa gli indizi sono inconsistenti, per l’accusa si tratta di prove che inchiodano il colpevole della morte di Melania Rea
Sono stati pubblicati gli atti che chiariscono le motivazioni per cui i magistrati inquirenti hanno chiesto – ed ottenuto – il giudizio immediato per Salvatore Parolisi, accusato di aver ucciso la moglie Carmela (detta Melania) Rea. Il processo si aprirà il 27 febbraio, ma le polemiche sono già esplose.
Vediamo quali sono gl’indizi che hanno convinto i magistrati della colpevolezza del marito. Il primo è un indizio al negativo. Sul piedistallo in legno del casolare della pineta di Ripe di Civitella, dove Melania è stata trovata morta il 21 aprile del 2011, i carabinieri del Ris hanno trovato un’impronta di scarpa con il sangue di Melania. Quell’impronta corrisponde alle dimensioni del piede di Salvatore, ma la scarpa non è mai stata trovata. Dunque, dicono gl’inquirenti, “il risultato non esclude le responsabilità di Parolisi: può aver eliminato scarpe e abiti dopo il delitto”.
Il primo indizio a suo carico deriva dalla consulenza tecnica sulle celle telefoniche firmata da Oreste Andrisano, docente di Sistemi di telecomunicazione all’Università di Bologna, il quale dimostra che nelle ore della sua scomparsa Melania Rea non si trovava a Colle San Marco, come invece afferma Parolisi, e che, invece, sia Melania, sia il marito si trovavano entrambi a Ripe di Civitella nell’ora del delitto. Il secondo indizio è proprio l’ora del delitto, stabilita con buona approssimazione grazie alle tracce di caffeina trovate nel corpo della vittima e in base ai tempi della sua metabolizzazione. Il terzo indizio è il Dna di Parolisi trovato nella bocca di Melania. La relazione biologica risale a qualche tempo fa, quando gli esperti parlarono di quella traccia compatibile solo con un bacio dato dall’uomo alla donna poco prima della morte di lei. Il che parrebbe ipotizzare il pentimento di Parolisi dopo aver ammazzato sua moglie in preda alla rabbia, probabilmente a causa del fatto che Melania rifiutava di concedergli il divorzio. Il quarto indizio non è una prova ma la deduzione di un ragionamento fatto sulla base delle menzogne che Salvatore ha raccontato agli inquirenti prima e dopo il ritrovamento del corpo della moglie.
Il ragionamento è il seguente: Parolisi aveva un’amante, Ludovica Perrone, da più di due anni e di cui la moglie era al corrente, tanto è vero che Melania le aveva telefonato dicendole di lasciar stare suo marito. D’altra parte, Parolisi era in contatto con l’amante prima e dopo la scomparsa di Melania e a giudicare dalle intercettazioni telefoniche non sembrava rammaricarsi molto né della scomparsa, né della morte della moglie, al punto che Ludovica gli dice chiaramente che per mettere fine alla sua storia con la moglie non aveva che da andare da un avvocato, senza bisogno di fare altro.
Insomma, per gl’inquirenti i contenuti, le parole, i toni, i tempi delle conversazioni intercettate sono una prova evidente che solo il marito aveva potuto uccidere la moglie, senza contare la gaffe fatta a proposito del luogo del ritrovamento del cadavere: Parolisi disse che l’aveva visto su una foto datagli dal suo amico, il quale non solo nega di avergli dato la foto, ma nega anche di aver fatto la foto in questione.
Per gli avvocati della difesa, gl’indizi prodotti dagli inquirenti non dimostrano nulla. Anzi, essi dicono che non esiste nulla che possa lasciar individuare il colpevole nella persona del marito. Come si vede, gl’ingredienti a favore della colpevolezza o dell’innocenza ci sono tutti, lo scontro in aula sarà a colpi di dettagli, la verità, se non quella reale, almeno quella processuale, emergerà solo alla fine.