È dal 1999 che i responsabili dei diciannove maggiori paesi più industrializzati ed i rappresentanti della Unione Europea si incontrano annualmente per concertare le loro attività.
Il programma, assegnato a rotazione tra i vari partecipanti, impegna per dodici mesi i responsabili dei principali ministeri in meetings preparatori nella nazione organizzatrice ed infine terminano con un ulteriore vertice alla presenza di tutti i Capi di Stato e di Governo dei paesi interessati, cui compete la responsabilità politica di concordare una agenda operativa.
Riassunta in cifre, la importanza di un G20 si traduce nella partecipazione di delegati che rappresentano l’80% del valore generato dalla economia mondiale, del 75% del commercio internazionale e del 60% della popolazione del pianeta.
Il G20 edizione 2021 é organizzato dall’Italia, nazione ospitante.
Nei giorni scorsi a Venezia si sono riuniti i ministri delle finanze ed i responsabili delle banche centrali, oltre che di organizzazioni internazionali di importanza sistemica come la Banca Centrale Europea. Per la Svizzera hanno partecipato il Consigliere federale Ueli Maurer, responsabile del Dipartimento Federale delle Finanze-DFF, ed il Presidente della Banca Nazionale Thomas Jordan.
Inutile nasconderlo: in un anno come quello in corso, convalescente dalle problematiche epidemiologiche, il G20 riveste un significato che supera le dichiarazioni di intenti e riassume un contesto già noto ai partecipanti.
Le attività economiche stanno ripartendo con la urgenza di stabilire obiettivi coordinati, inclusivi, equilibrati, condivisi, ma riconosce il paradosso di vederli attuati da amministrazioni con bilanci impoveriti dai forti sussidi assegnati alle rispettive economie domestiche, oppure le cui finanze beneficiano di prestiti internazionali che tuttavia dovranno essere restituiti o trasformati in debito sovrano, che non è la stessa cosa.
A moderare le ambizioni di partecipanti e le aspettative della società civile, c’è poi la esperienza della pandemia ancora in corso, mal comune che ciascun paese spesso ha mostrato di risolvere a modo suo.
Ecco quindi che il G20 di Venezia è da esaminare per il contesto storico che rispecchia, e si traduce in un esercizio di equilibrio fra certezza di debito e precarietà di una ripresa da tutti sperata, ma ancora indefinita, così come le prospettive occupazionali per i tempi a venire.
Il G20 veneziano è dunque confrontato con una ripresa da commentare per temi, scomponendone gli elementi essenziali, compresi quelli problematici: vediamone i principali.
I partecipanti al G20 hanno riconosciuto l’importanza storica di un accordo per una tassazione globale minima del 15%, concordata fra 132 paesi a livello mondiale e già discussa nell’ incontro dei G7 a Londra, lo scorso 6 giugno.
Tuttavia, se a livello teorico questa iniziativa è di facile comprensione, a livello pratico invece richiede una valutazione più attenta.
Innanzitutto, perché il valore mediano della tassazione nei paesi OCSE attualmente è del 24%, ovvero ben superiore al 15% invocato dalla minumum tax, il cui ammontare infatti già vorrebbe essere aumentato da Bruno Lemaire, ministro delle finanze francese, e dall’attuale segretario di Stato al Tesoro Americano Janet Jellen.
La nuova imposizione vuole colpire le multinazionali, in particolare del settore digitale, tassandole là dove generano profitti, indipendentemente dalla sede legale della casa madre.
Questa strategia, nota come soluzione dei due pilastri, si rivolge ad aziende medio-grandi e con una certa soglia di profitto netto.
E qui sta il problema: perché multinazionali come ad esempio Amazon, gigante mondiale delle vendite online, coerentemente con una sua logica di sviluppo aziendale, più che contabilizzarli, attualmente indirizza i benefici economici annuali allo sviluppo delle attività in nuovi paesi, e così minimizza il carico fiscale.
I partecipanti al G20 di Venezia hanno riconosciuto che l’argomento fiscale, dovrà essere ancora ripreso a livello politico, al vertice finale dei capi di stato di fine ottobre, a Roma.
Lo stesso dicasi per un altro tema cardine della finanza mondiale: le criptovalute e le stablecoins, prodotti gemelli scambiati nelle piattaforme digitali, e differenti per il fatto che l’una ha un valore lasciato a contrattazioni libere quanto misteriose, mentre l’altra si distingue per la valuta di riferimento che ne rende attendibile, “stabile”, il valore. “Siamo fiduciosi di riprendere l’argomento nelle sue implicazioni al sistema monetario internazionale, il prossimo ottobre”, informa il comunicato finale del G20 veneziano, che quindi prosegue: “nel frattempo, ricordiamo che è vietata la attività delle global stablecoins in attesa che si completino le procedure legali ed operative, necessarie a regolarne gli scambi”
Interpretando le reticenze del linguaggio diplomatico, il comunicato finale del G20 di Venezia lascia quindi presumere che alle global stablecoins potrebbe essere concessa la operatività nella misura in cui non si sovrappongano alle Central Bank Digital Currencies-CBDC, le valute digitali che le principali banche centrali a livello mondiale stanno preparando e che sicuramente produrranno una massa di informazioni finanziarie che sarà difficile non utilizzare anche a livello fiscale.
Invece alle criptovalute, ed in particolare al loro destino, il comunicato finale del G20 non riserva alcun commento. Anche di questo prendiamo atto, e riferiamo.
Molti dei temi in agenda a Venezia, dalla finanza sostenibile ed inclusiva, alle incertezze sanitarie ed economiche derivanti dalle campagne vaccinali, per citarne alcuni, sono stati tutti rinviati al Summit G20 dei Capi di stato che si svolgerà a Roma.
Dunque, riassumendo, due si confermano le priorità della finanza mondiale.
Innanzitutto coordinare la ripresa economica internazionale significa gestire, ad ampio raggio, la liquidità che le amministrazioni ora mettono a disposizione, e che si sommano a quella di cui sinora ha beneficiato solo parte della società.
È questo il primo ma non unico fattore identitario e trasversale, condiviso da tutti gli attori coinvolti, i rappresentanti degli interessi della società, gli stakeholders.
Unico ma non solo, perché c’è anche il tema climatico.
La sostenibilità ambientale è un argomento che raccoglie consensi unanimi, immediati, ed universali.
Su questo presupposto, dal punto di vista finanziario la ripresa economica sostenibile si trasforma in un elemento unificante e risolutivo di tutte le asimmetrie sociali tra chi ha e chi può solo desiderare, asimmetrie preesistenti alla pandemia, figlie della crisi economica del 2007-2008, e di cui la pandemia sinora ha solo rallentato la presa di coscienza.
A ricordarlo, fosse ancora necessario, è stata proprio la voce di tutti coloro che anche a Venezia hanno pacificamente manifestato il loro disagio sociale ai governanti della economia e della finanzia mondiale riunitisi in questi giorni nella città lagunare.
di Andrea Grandi