Nel corso del G8, in programma a L’Aquila dall’8 al 10 luglio, non si parlerà solo dei nuovi standard etici nella gestione della finanza internazionale o delle misure contro la crisi economica, dello sviluppo e dell’occupazione, ma si parlerà anche di Africa, questo enorme continente formato da 53 Paesi per un totale di circa un miliardo di persone, in cui il 95% dei villaggi non dispone di una rete idrica. A voler entrare nei dettagli si rischierebbe di fare un elenco dei drammi, con milioni di malati di aids, con bambini che non oltrepassano l’anno di vita, con famiglie con un reddito medio di due dollari al giorno, con un’aspettativa di vita che non va oltre qualche decennio, con una povertà diffusa. E, nello stesso tempo, con la stragrande maggioranza di questo miliardo di persone che oltre a vivere nella miseria sono oppresse e derelitte, vittime di guerre, massacri e di indicibili sofferenze. Si capisce, dunque, perché la lettera del Papa indirizzata al premier italiano in quanto presidente del G8 per il 2009 sia un accorato appello a tutte le nazioni più ricche ad alleviare le sofferenze dei più poveri, con “provvedimenti anticrisi che abbiano valenza etica”, ma anche con l’invito a non diminuire, ma a potenziare gli aiuti in Africa”. E si capiscono anche le denunce di Bob Geldof – musicista e leader di One, organizzazione non governativa – affinché i Paesi più ricchi non lascino quelli più poveri in balia della tragedia, ma garantiscano, anche in tempi di crisi come quelli attuali, il rispetto degli impegni presi in occasione del vertice di Gleneagles (2005). In quell’occasione, l’Italia si era impegnata ad investire in aiuti lo 0,51% del Pil entro il 2010 e lo 0,7 entro il 2015 ed invece ha disatteso la promessa dando appena lo 0.3% di quanto sottoscritto. Ad onore del vero, in un’intervista rilasciata proprio a Bob Geldof, il presidente del Consiglio italiano ha chiesto scusa adducendo come giustificazione la crisi economica e il terremoto, ma si è detto pronto a rimediare e a “dare una risposta positiva alla proposta di Obama di creare un fondo alimentare di un miliardo di dollari chiedendo agli altri “Grandi” un altro miliardo”.Vedremo quali saranno le risposte del G8. Una cosa è certa: quando si dice di voler parlare non più al cuore ma al cervello degli uomini e dei Paesi, cioè far capire che aiutare l’Africa significa aiutare un miliardo di persone a crescere e a svilupparsi e a diventare un potenziale enorme mercato, si dice una cosa sacrosanta. Quando si mette l’accento su qualche progresso che negli ultimi anni si è ottenuto e che non può andare perso, si afferma il vero. Però, è altrettanto vero che su questo tema gli interlocutori sono due: chi offre aiuti e chi li riceve. A fare la propria parte devono essere anche i governi dei Paesi africani, spesso corrotti, che alle popolazioni affamate non fanno arrivare nulla degli aiuti ricevuti. Anzi, i debiti annullati o altri aiuti spesso servono per comprare le armi. Tutto questo, ovviamente, non può essere un alibi, di fronte alle tragedie quotidiane non si può rimanere indifferenti, si devono moltiplicare gli sforzi, ma anche i controlli, la validità, la concretezza dei progetti e anche la loro realizzazione. [email protected]
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