Le minacce di guerra della Corea del Nord sono cadute nel vuoto della propaganda
Come era da immaginare, anche l’ultimatum del 10 aprile da parte della Corea del Nord contro quella del Sud si è risolto nel nulla, come gli altri precedenti. Il regime aveva fatto diffondere in tv un messaggio minaccioso: “L’esercito ha ricevuto l’ordine di tenersi pronto per un attacco nucleare”. Da notare quel “tenersi pronto”, che è la chiave linguistica che fa capire che la minaccia era tutto un bluff. Da quella data, proseguiva il messaggio, non verrà più garantita ai diplomatici la sicurezza.
La risposta della Corea del Sud e degli Usa è stata di una calma incredibile. La minaccia era stata presa sul serio, anche se nessuno ci credeva, a tal punto che non c’è stata nessuna contro reazione muscolare da parte degli Usa, i quali, comunque, hanno preso le contro misure in tutta calma. Piazzamento dei radar nei punti strategici del Pacifico, navi con missili a gettata nucleare, bombardieri e portaerei che controllavano tutte le mosse, nonché l’attivazione dei satelliti per spiare tutti i movimenti e gli spostamenti dei missili nordcoreani. Il Giappone anche ha preso le sue misure, piazzando in vari punti a Tokyo dei lanciatori di missili patriot.
In realtà, i lanciatori mobili piazzati sulla costa est con due missili Musudan sono stati spostati nella città portuale di Wonsan all’interno di capannoni, con l’evidente tentativo di non farsi spiare dai satelliti, così come altri lanciatori mobili sono stati piazzati verso sud. Tre giorni dopo l’ultimatum, la Corea del Sud poteva già dire che “la situazione è tranquilla”.
Molto probabilmente il regime nordcoreano ha messo in piedi tutto questo trambusto di minacce per mascherare un esperimento nucleare sotterraneo, di cui non si hanno ancora notizie, ma soprattutto per cercare di dominare con la minaccia esterna la situazione interna di contrasti e di malcontento, perché la popolazione è alla fame. L’altro motivo è quello propagandistico: i gerarchi, tra cui i parenti di Kim Jong-un che lo assistono nel comando, hanno voluto dispiegare mezzi e minacce all’esterno per compiacere il nuovo dittatore trentenne in occasione del suo primo anno di potere. Tv e giornali di regime (solo quelli sono permessi) lo hanno osannato con un “nessuno mai come lui”. Siamo alla follia.
Intanto da Washington è partita la missione di Kerry a Pechino e a Tokyo. Il Segretario di Stato americano ha parlato con il nuovo leader cinese Xi Jinping per disinnescare diplomaticamente la crisi nel Pacifico, ma la sostanza del discorso è che se il regime nordcoreano passa dalle parole ai fatti, riceverà la lezione che si merita. La Cina, che aveva approvato le sanzioni Onu contro Pyongyang, interverrà per convincere il suo riottoso alleato a desistere e a pensare a sfamare la popolazione, altrimenti sa quello che lo aspetta.
Di Corea del Nord e della Siria si è parlato anche nel recente G8 di Londra, dedicato precisamente a queste due situazioni di crisi nel mondo. L’Europa, come ormai sappiamo, non ha una politica estera in quanto non ha un esercito né una visione del mondo se non quella di costruire una difficile unione europea e cercare di uscire dalla crisi economica. Non si affida agli Usa, né è capace di dispiegare una sua autonoma politica estera, per cui si fa sentire con i documenti, che sono la dimostrazione della sua impotenza. Di documenti ne sono stati elaborati tre: uno sulla Corea del Nord, il secondo sulla Siria e un terzo, che è un accordo sullo stupro come crimine di guerra.
Sulla Corea del Nord l’Ue ha espresso “condanna nei termini più forti possibili”, minacciando in caso contrario “sanzioni significative”. Se il regime nordcoreano desiste dalle minacce non è certo per la paura dell’Ue. La quale non è riuscita a trovare l’accordo nemmeno sull’invio di armi ai ribelli siriani. Le conclusioni del G8 possono essere riassunte nel giudizio del ministro degli Esteri britannico, William Hague, che ha detto: “Il mondo ha fallito”.
Alla fine di maggio l’embargo europeo nei confronti della Siria volgerà al termine, per cui sono in tanti i Paesi che si regoleranno come meglio credono, anche perché un fatto è chiaro: chiunque vincerà in Siria non sarà migliore dell’altro e chiunque avrà la meglio sull’altro la Siria sarà comunque un cumulo di macerie. La lezione Libia non ha insegnato nulla, come non ha insegnato nulla la lezione Iraq, che dopo dieci anni di guerra prima e di guerra civile dopo è diventata terra di miseria, di vendette, di macerie.
Il G8 ha staccato un assegno di 38 milioni di dollari per far fronte all’emergenza stupri durante i conflitti: c’è voluta la presenza di Angelina Jolie, testimonial Onu, per dar corso ad una decisione rimasta per lungo tempo nel dimenticatoio.