Gli impegni dei grandi della Terra sul clima, sulla fame nel mondo in Africa, sulle nuove regole nell’economia e nella finanza e sui commerci senza barriere
Il G8, il vertice annuale degli otto Paesi più industrializzati che si è concluso venerdì 10 luglio, è stato, per giudizio unanime di tutti i partecipanti, un successo per la riunione in sé, per l’Abruzzo che l’ha ospitato e per l’Italia che l’ha organizzato e preparato, anche se va subito detto che i risultati potranno essere misurati solo nei mesi prossimi, quando le decisioni o verranno calate nella realtà o rimarranno rinchiuse nei documenti. Vediamo di dare un giudizio motivato per punti.
Diciamoci la verità, su questo vertice s’annunciavano delle nuvole dense di pioggia, in parte provocate proprio dalla decisione di spostare all’ultimo momento la sede che era già da tempo fissata in Sardegna, alla Maddalena, una sede completamente nuova e sicura, al riparo dalle possibili devastazione dei black-block. All’indomani del terremoto del 6 aprile, quando in Sardegna era già tutto pronto in anticipo, compresa la nave che in mare aperto doveva ospitare i rappresentanti di tanti Paesi ed organizzazioni internazionali, la decisione improvvisa del premier di spostarlo a L’Aquila ha creato vasti consensi ma non poche apprensioni, perché mancavano appena 3 mesi al vertice e c’era tutta un’organizzazione e una sede da far partire ex novo.
Quella sfida, dettata dalla “lucida follia” del presidente del Consiglio, è stata vincente. Non solo perché i cortei dei no global sono stati svuotati dalle tematiche affrontate nel corso del vertice, ma soprattutto perché organizzare il G8 in una città e in paesi devastati dal terremoto ha avuto una forte carica simbolica: il dolore e la sofferenza appena fuori dal luogo della riunione.
Ma non basta: il mondo, attraverso i riflettori delle televisioni, ha visto da vicino la portata reale e metaforica delle macerie; i Grandi sono stati messi a diretto contatto con una realtà che poi, più o meno, è la realtà di tanti Paesi, città e villaggi del mondo e in particolare dell’Africa.
A questo si aggiunga, per sintetizzare, l’impegno diretto degli Stati Uniti, della Germania e della Francia, per citarne alcuni, a ricostruire o una chiesa o un paese o delle case. Insomma, la scelta di tenere il G8 a L’Aquila si è tradotta in vantaggi per gli abruzzesi, che dal G8 hanno dato e ricevuto lavoro, hanno dato e ricevuto impegni, dimostrando l’orgoglio di un popolo fiero.
Va da sé, la sfida è stata vinta anche dal premier, non solo perché in tre mesi ha operato il miracolo, ma perché quello che doveva essere uno scossone per lui e per il suo governo si è tradotto in un successo, non solo e non tanto organizzativo, ma soprattutto politico.
All’inizio potevano sembrare complimenti d’occasione, ma poi si è capito che gli elogi tributati dai rappresentanti dei vari Paesi (nella seconda giornata erano 39 i Paesi e le organizzazioni internazionali invitati) non riguardavano solo l’accoglienza, l’ospitalità, l’organizzazione, ma anche la preparazione dei dossier (preparazione durata molti mesi), la capacità di leadership dell’Italia e la competenza del premier, al punto che “certi complimenti sono stati perfino imbarazzanti”, come quelli di Obama e di Gordon Brown che hanno ringraziato l’Italia per aver inserito temi quali i “mutamenti climatici e la sicurezza alimentare”.
Al successo del vertice ha contribuito anche il Presidente della Repubblica, che ha invitato le forze politiche a dimostrare coesione in un momento in cui l’Italia era sotto i riflettori del pianeta. C’è da dire che l’invito, salvo l’eccezione di Di Pietro, è stato accolto, per cui si può senza problemi parlare di successo dell’Italia.
Ciò detto, veniamo ai dossier trattati, che vanno dall’impegno a sbloccare entro il 2010 i negoziati di Doha (commerci senza barriere) alla definizione di nuove regole etiche nella gestione dell’economia e della finanza; dagli accordi sul clima (impegno a ridurre le emissioni di gas serra del 50% entro il 2050, fino all’80% per i Paesi industrializzati e aumento dell’energia rinnovabile) agli aiuti di 20 miliardi di dollari in tre anni per la lotta alla fame in Africa.
C’è da dire che sul clima (dove l’Italia ha condiviso la leadership con Obama, che si è imposto per una linea chiara ed avanzata) Cina e India hanno espresso un consenso di massima (per la prima volta) al limite di 2 gradi all’aumento della temperatura rispetto ai livelli preindustriali e all’uso di tecnologia pulita, ma non si sentono vincolati; comunque i dettagli delle decisioni andranno verificati in occasione della Conferenza di Copenaghen, il 4 dicembre 2009. Va precisato che le nuove regole etiche nella gestione dell’economia e della finanza saranno coordinate in occasione del G20, in programma a Londra. Ciò, infatti, che è emerso è che il G8 tecnicamente è giunto al capolinea, in quanto ci sono 6 Paesi ad economia emergente (dalla Cina all’India, dal Brasile all’Australia, dal Sud Africa all’Egitto) che giustamente reclamano il loro ruolo nelle decisioni, e ci sono altri Paesi ancora (il G20) che anche loro hanno qualcosa da dire.
Ed ecco il punto: i dossier definiti costituiscono un punto avanzato rispetto alle conclusioni passate, ma i dettagli andranno verificati ed approfonditi in ambiti più allargati, appunto i futuri prossimi G14 e G20.
Il G8 ha approvato anche un documento che condanna le violenze post elettorali in Iran, ma non ha parlato di sanzioni.