L’Italia rallenta ma gli esperti parlano di ”recessione tecnica”
Tempi morti per la riforma del lavoro, rinviata per mancanza di soldi a causa del nuovo progetto di un’indennità di disoccupazione al posto degli ammortizzatori sociali. Elsa Fornero, ministro del Welfare, ha detto che è solo questione di qualche settimana, ma che i requisiti essenziali della riforma restano due: la flessibilità buona e nuovi ammortizzatori. Comunque, ha precisato ”Senza la riforma del mercato del lavoro, il sistema produttivo non riuscirà a risollevarsi”. Ma la settimana politica è stata oscurata dalle manifestazioni dei No Tav che dalla Val di Susa si sono diffuse in molte altre città italiane, da Milano a Roma e anche in Sicilia. Il culmine delle proteste era giunto lunedì 26, quando Luca Abbà, era salito su un traliccio dell’alta tensione ed era stato sbalzato giù, colpito dalla corrente. I No Tav hanno approfittato di quella disgrazia, voluta tra l’altro dalla faciloneria dell’interessato, per aumentare la tensione contro la polizia, insultata da molti irriducibili e colpevole solo di fare il proprio dovere. Il risultato è che le manifestazioni si sono estese, come detto, ma è intervenuto il governo per dire che la protesta è un diritto ma che gli accordi con l’Europa vanno rispettati, tanto più che i vantaggi sono enormi e l’Italia deve rimanere agganciata all’Europa. Al governo ha fatto eco il sindaco di Lione, che ha detto che l’opera è ”essenziale”. Il governo ha fatto qualcosa in più, è intenzionato a presentare prossimamente nuove norme che prevedono, come avviene proprio in Francia dal 1995, una consultazione di almeno sei mesi con la popolazione locale prima di dar corso al progetto di una ”grande opera”. In Francia ha ridotto le contestazioni, in Italia non si sa, ma quanto meno si tenta di spegnere gl’incendi, anche se l’iniziativa potrà essere anche controproducente perché da noi vige un adgio non scritto ma collaudato: vogliamo le comodità e il progresso ma i costi li devono pagare gli altri.
In questa vicenda sono emerse anche tutte le contraddizioni dei partiti e dei politici. Uno per tutti: Di Pietro. Il quale nel 2006, quando era ministro del Lavoro, diceva: ”Opera europea: le esigenze locali o nazionali non ci detteranno i tempi”. Oppure: ”Stop agli pseudo ambientalisti che cercano solo risultati politici”. E ancora: ”Tornare indietro? Trasformerebbe la Val di Susa in un nuovo Libano”. Ora, invece, è per la moratoria, cioè per riconsiderare tutta la questione. Per il governo c’è stata qualche battuta d’arresto. Dapprima c’è stata l’approvazione di un emendamento inserito nel decreto sulle liberalizzazioni, che annulla le commissioni bancarie sui prestiti. A proposito di quest’emendamento, esso è stato presentato dal Pd che se ne è subito pentito perché il vertice dell’Abi (associazione delle banche italiane) ha rassegnato in blocco le dimissioini dicendo che le banche non sono un servizio pubblico, ma devono guadagnare sui servizi che offrono e che quindi l’emendamento non è o non sarebbe costituzionale. Il governo è disponibile a riconsiderare la questione, ma non sa come fare, visto che proprio qualche giorno fa Napolitano aveva perentoriamente invitato il Parlamento a non inserire in un provvedimento materie non attinenti. La cosa, evidentemente, fa piacere a coloro che hanno chiesto e chiederanno i prestiti. Dicevamo delle battute di arresto. L’altra riguarda il decreto sulle liberalizzazioni, che passerà addolcito. Infatti, ci saranno 5 mila farmacie nuove (una ogni 3300 abitanti) ma esse continueranno ad essere patrimonio del farmacista titolare che la trasmetterà in eredità; ci saranno 500 nuovi studi notarili, ma vale quanto detto per le farmacie; quanto agli avvocati, è saltato il preventivo obbligatorio e resterà slo un preventivo di massima. Insomma, le liberalizzazioni in Italia sono più che altro un discorso elettorale da bar. L’altra e più importante battuta di arresto riguarda i dati sull’economia. L’Italia rallenta e in maniera visibile e preoccupante. Nel 2011 non c’è solo la pressione fiscale, che è notevolmente aumentata fino a toccare il 42,5%, c’è il debito pubblico al 120% mentre nel 2010 era al 118,7% e c’è la disoccupazione che è salita al 9,2%. Alcuni di questi dati più preoccupanti hanno subito un’impennata proprio nell’ultima parte dell’anno. C’è però da aggiungere due dati. Il primo è che lo spread è sceso fino ad attestarsi sotto i 300 punti, come nel mese di luglio, agosto e settembre dell’anno scorso; il secondo è che molti esperti parlano di ”recessione tecnica”, cioè prevedibile e tenuta sotto controllo dopo gli aumenti delle tasse con l’ultima manovra finanziaria. Infine, chiudiamo con la concessione del prestito da parte dell’Europa alla Grecia di 130 miliardi, che la salva dal default che avrebbe potuto trascinare anche altri Paesi, tra cui l’Italia, anche se secondo De Benedetti, per la Grecia si tratta solo di un rinvio.